mercoledì 8 ottobre 2014

Twitter denuncia l'FBI

L'onda lunga alzata da Snowden non si placa e continua a travolgere moltissime realtà online, messe in imbarazzo dopo lo scandalo Datagate.


Ricordiamo brevemente che dalle carte trafugate e rese pubbliche da Snowden è emerso un quadro abbastanza chiaro sul controllo che diversi enti USA hanno e continuano ad avere su dati personali, conversazioni private e via dicendo nell'ottica delle azioni antiterrorismo o in ogni caso tutto ciò che può mettere in pericolo la sicurezza nazionale.


Quando sono emerse queste informazioni molte persone si sono sentite in qualche modo tradite, facendo nascere ben presto la consapevolezza dell'esistenza di una privacy non certo blindata ma diversamente accessibile.

A prescindere dalle finalità, quindi, il quadro che è emerso ha causato non pochi imbarazzi a chi ha sempre professato l'estrema attenzione per la segretezza dei dati personali legati agli account, costretti bene o male a collaborare con le autorità. Ulteriore scandalo è stato causato dalla rozza e grossolana modalità di raccolta dati da parte della NSA, che di fatto sceglieva in un secondo momento eventuali individualità sospette, archiviando però, non si sa come e dove e per quanto, un'enorme quantità di dati del flusso ordinario che viaggia nel web.

Fino ad oggi molte delle aziende hanno aperto un dialogo con le autorità, al fine di uscire dall'empasse in modo non certo elegante, ma sicuramente più tollerabile e digeribile per l'utente comune. Il risultato si concretizza in dichiarazioni a proposito di una maggior attenzione nella raccolta dati, ma tutto sommato vi è ancora una coltre di fumo sulle attività degli enti di sorveglianza speciale. A Twitter questo non basta e porterà davanti al giudice della California nientemeno che l'FBI e il Dipartimento di Stato (a questo link trovate la querela), verso le quali muove accuse molto pesanti, ovvero di violare nientemeno che il primo emendamento della costituzione USA, quello che tutela sopra ogni cosa la libertà di parola ed espressione.

Perché Twitter si arrabbia tanto? Semplice: da quanto è emerso, l'azienda si trova con le mani legate quando deve rispondere a domande specifiche sull'argomento privacy da parte dei propri utenti. Detto in parole povere: se un utente chiede come e in che misura Twitter collabora con le autorità, esistono risposte concordate con le autorità volutamente fumose e vaghe, e non è possibile rispondere con la verità. Secondo i legali di Twitter viene posto un limite alla libertà di parola ed espressione, motivo per cui sarà una giuria a decidere chi ha ragione e chi no.

Come tutti avranno capito, in campo ci sono i massimi sistemi e argomenti davvero complessi che difficilmente potranno risolversi con una sentenza netta e chiara. Se da una parte sono comprensibili le ragioni di Twitter, stanca di dare risposte vaghe a chi chiede maggiori informazioni, dall'altra c'è la sicurezza nazionale e l'antiterrorismo, che ha ottime motivazioni per avere un certo vantaggio sui potenziali pericoli che attraversano la nazione e non solo, specie negli ultimi tempi in cui le contrapposizioni a livello globale sono state oggetto di inasprimento.

A prescindere da come finirà, l'azienda di San Francisco è come se avesse tweetato il proprio messaggio: non vi possiamo dire tutto, non dateci la colpa. Seguiremo da vicino le varie fasi del processo, le cui evoluzioni si avranno in un periodo in cui molti colossi, come Apple e Google, hanno adottato o adotteranno contromisure estreme rilasciando sistemi operativi e servizi dalla cifratura praticamente inespugnabile, eliminando il problema alla radice. 

Questo è quello che sostengono le Big Company.

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