lunedì 30 novembre 2015

Amazon Prime Air

Da tempo circolavano voci di una possibile introduzione a breve termine di un nuovo servizio Amazon, attraverso il quale, quest'ultima, avrebbe raggiunto in modo più capillare i propri utenti. Come? Attraverso i droni, ovviamente.


In tempi non sospetti, Bezos, sosteneva che, attraverso il nuovo servizio Prime Air, si sarebbero potuto effettuare consegne in 30 o 60 minuti dall'ordine, entro un raggio di 15km dal magazzino, per colli non più pesanti di 2 kg.

Se ai tempi mancavano ancora certificazioni e permessi, a che punto siamo giunti? Cerchiamo di capirlo attraverso gli ultimi aggiornamenti rilasciati direttamente dalla Società.

Le novità sono presentate all'interno di un video niente meno che da Jeremy Clarkson, ex presentatore di Top Gear e adesso collaboratore per Amazon, nel suo noto e dissacrante humour inglese. Clarkson spiega il servizio e mostra il nuovo velivolo.


Quest'ultimo è sensibilmente diverso rispetto ai primi prototipi presentati dalla società: è innanzitutto molto più grande e ha un design ibrido a metà strada fra un aeroplano e un quadricottero.

Riesce a decollare verticalmente, ma una volta in volo utilizza una modalità orizzontale più efficiente rispetto a quella tipica dei quadricotteri tradizionali. Con le corpose modifiche al design il drone può percorrere adesso circa 25km ad una velocità costante di 90 km/h.

Quello mostrato nel video probabilmente non sarà l'unico drone che Amazon utilizzerà per il suo servizio Prime Air. Clarkson afferma che la società è al lavoro su un'intera famiglia di velivoli adattati sulle esigenze specifiche di un luogo particolare e per adempiere diversi compiti. Il presentatore britannico spiega anche il funzionamento del drone, che adotta tutta una serie di tecnologie sia nuove che già diffuse all'interno della categoria.

Quando ancora in volo riesce ad evitare autonomamente eventuali ostacoli nella rotta, mentre quando raggiunge il luogo della consegna scansiona l'ambiente alla ricerca di un punto sicuro per l'atterraggio. Al momento sembra che gli utenti possano marchiare il punto della consegna con il logo di Amazon per facilitare il compito al sistema automatizzato. Il drone così atterra, lascia il pacco e decolla nuovamente.

Sfruttando le tecnologie di oggi, i droni spedizionieri possono essere usati con disinvoltura solamente in aree rurali. Gli algoritmi di rilevamento degli ostacoli non sono ancora in grado di evitare gli oggetti più piccoli come ad esempio i cavi delle linee elettriche, mentre c'è ancora del lavoro da fare sul fronte burocratico. Insomma, passeranno ancora alcuni anni prima di vedere la tecnologia diffusa in suolo americano, qualcuno in più per vederla anche in Italia.

Ma arriverà un giorno in cui vedere

i velivoli Prime Air sarà comune come vedere un camion per le spedizioni postali sulla strada

parola di Amazon!
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venerdì 27 novembre 2015

Apple Watch Experience

Apple Watch è ormai approdato sui mercati da qualche mese ormai e, seppur con un discreto successo, la sua avanzata soffre un po' dello scetticismo di tutti noi.


Secondo uno studio condotto da Wristly.com (ve n'è un altro, parallelo e indipendente, portato avanti  dall'Università di Stoccolma), le feature più comunemente utilizzate dagli utenti sono: quella più scontata di orologio e quella di navigatore.

Il rapporto con Apple Watch è fatto di sguardi fugaci, e di solito non richiede più d'una manciata di secondi d'attenzione. Tant'è che l'utente medio controlla l'orario una media di 4-5 volte all'ora, ovvero 70-80 volte al giorno. E la feature che ha più probabilità di essere impiegata di volta in volta sono le mappe. Ma non mancano le sorprese.

Ad esempio, viene usato per rispondere al telefono appena 8 volte al mese; e le mail, vengono lette appena 2 volte al mese in media.

Con Apple Watch le interazioni d'uso sono misurate in pochi secondi. E noi abbiamo i dati che lo dimostrano

spiega Wristly.

E questo spiega perché faccende come rispondere agli iMessage siano così poco popolari: richiedono troppo tempo. E qui c'è la parte forse più interessante: lungi dall'essere un secondo schermo per iPhone, Apple Watch sembra già possedere un carattere distintivo, un'identità propria. E trova il suo naturale sbocco nella produttività, nella salute e nella praticità, ma assolutamente non nel gaming.

QUI potete trovare il PDF dello studio dell'Università di Stoccolma, mentre QUI la nota di Wristly.
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Vuoi lavorare in Apple?

Apple è ormai un punto di riferimento per tutti i cultori del design e della tecnologia elettronica e non solo.


Fra le Aziende per le quali qualsiasi nerd vorrebbe lavorare, sicuramente troviamo Google, Apple e  un numero relativamente ristretto di Società situate nella Silicon Valley.

Oggi vediamo cosa dovrebbe aspettarsi un candidato dalle selezioni del Colosso di Cupertino. A seguire le 10 domande più assurde fatte ai candidati dagli esaminatori di Cupertino.

Apple non è una società come le altre, di conseguenza, neppure il processo di selezione delle risorse umane è propriamente convenzionale. Anzi, per testare le loro capacità di sopportazione dello stress, i candidati vengono messi alle strette con domande anomale, balzane, spesso snervanti a cui talvolta non esiste alcuna risposta ragionevole. 

Le domande sono state pubblicate dai candidati stessi su Glassdoor, e alcune di esse sono delle chicche degne di Lewis Carrol

1. "Se hai due uova, e volessi determinare qual è l'altezza massima da cui puoi farle cadere senza romperle, come lo faresti? Qual è la soluzione ottimale?" Candidato Software Engineer.

2. "Quanti bambini nascono ogni giorno?" Candidato Global Supply Manager.

3. "Hai 100 monete che stanno su un tavolo, ognuna delle quali con testa o coda. 10 di quelle monete mostrano la testa, 90 la coda, ma non puoi sentirle, né vederle. Come fai a dividere le monete in pile che contengano il medesimo numero di teste in ogni pila?" Candidato Software Engineer.

4. "Ci sono tre scatole, una contiene mele, una arance, l'altra sia mele che arance. Le scatole sono state etichettate in modo errato, per cui ora nessuna etichetta identifica il contenuto esatto della scatola. Puoi aprire una scatola, senza guardarne il contenuto; puoi guardare solo il frutto che hai in mano: come etichetti immediatamente tutte le scatole in modo corretto?" Candidato Software QA Engineer.

5. "Come ridurresti i costi di questa penna?" Candidato Global Supply Manager.

6. "Sei intelligente?" Candidato Build Engineer.

7. "Metti un bicchiere d'acqua su un piatto del giradischi, e inizi a far girare la velocità. Cosa succede all'inizio: il bicchiere scivola, si rovescia o l'acqua esce completamente fuori?" Candidato Ingegnere Meccanico.

8. "Cos'è più importante, risolvere il problema del cliente o creare una buona esperienza cliente?" Candidato Apple At Home Advisor.

9. "Se ti danno un vaso di monete autentiche e false, e ne tiri fuori una e la lanci 3 volte, e ottieni la specifica sequenza testa testa coda, quali sono le probabilità che hai tirato fuori una moneta autentica o una falsa?" Candidato Capo Analista.

10. "Come useresti un tostapane?" Candidato Software QA Engineer.

Inutile dire che, soprattutto alcune di queste, avrebbero intimidito anche il candidato più preparato.  Evidentemente, come spesso succede ai colloqui, l'originalità e l'intraprendenza viene spesso premiata, quindi provate ad esercitarvi e... inviate i vostri curricula a Cupertino e incrociate le dita.
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mercoledì 25 novembre 2015

Sms 2015: marketing, social media e visual storytelling

Da tempo ci lamentiamo del fatto che, seppur la diffusione di smartphone e tablet sia sempre più capillare, Società e aziende in genere stiano snobbando il canale internet, nella modalità attraverso il quale sempre più persone usufruiscono delle risorse condivise.


Gli utenti vogliono poter comprare e ottenere informazioni in modalità multi-crosschannell, richiedendo la possibilità di poter effettuare l'acquisto mediante il canale standard PC, ma anche attraverso smartphone e tablet, senza vincoli di orario.

A Milano, nelle giornate di giovedì 12 e venerdì 13, si terrà un'interessante manifestazione, che punta a essere il riferimento del settore, “SMX 2015” e il cui claim dice bene come, ancora oggi, questi temi siano percepiti come fantascientifici e non semplicemente innovativi:

Marketing from outer Space.

Organizzato da Business International in collaborazione con Third Door Media, SMX prevede due giornate di formazione e aggiornamento professionale condotte da oltre 50 tra i massimi esperti di marketing a livello internazionale su temi come: Search Marketing, Social Media, Mobile, Customer experience, Content Marketing, Visual storytelling e tanto altro ancora.

L'evento ha il compito di divulgare il nuovo verbo markettaro anche in Italia, Paese che, stando alle ultime ricerche, pecca ancora di scarsi investimenti e di un certo ritardo nella conversione al Digital Marketing. Sì perché ormai il “branding” e l'”Audience” non sono più le stesse di una volta, e i metodi e le strategie da usare sono cambiate: adesso il cliente va coccolato 24 ore, addirittura viziato, e ingaggiato sui più importanti Social Network, che sempre più stanno drenando gli investimenti. 

Una recente ricerca di digital marketing a stelle e strisce afferma infatti che il 70% dei marketer ormai reputa i Social come un canale fondamentale per fare business e branding. A SMX 2015 gli esperti mondiali del settore accorrono per dar manforte agli influencer italiani, uniti per spiegare le ultime tendenze del settore alla luce di case history e delle nuove leve del digital, con tutti in mente la stessa parola d'ordine:

“Go digital, go mobile, go social... go now!”
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martedì 24 novembre 2015

Made in Italy: stampante DLP a flusso continuo

La startup californiana Carbon3D raggiunge l'ennesimo step evolutivo della tecnologia di stampa 3D.


La Società presenta la propria stampante DLP (digital light processing) in grado di realizzare oggetti con un processo di stampa continuo, ovvero senza la necessità di realizzare l'oggetto strato per strato, velocizzando così le operazioni di creazione dell'oggetto. 

Le stampanti DLP fanno uso di una fonte di luce ultravioletta (un normale proiettore) posto sulla base di una vasca contenente resina liquida.


La luce indurisce la resina e lo strato così creato viene sollevato per far si che nuova resina liquida vada a riempire lo spazio lasciato dalla resina indurita. L'oggetto creato viene quindi nuovamente abbassato per far si che il nuovo strato possa essere indurito direttamente su di esso.

Il principio di funzionamento della tecnologia Carbon3D prevede l'impiego di una sorta di zona inerte tra la sorgente luminosa e la resina per far sì che questa resti liquida anche quando investita dalla luce ultravioletta potendo quindi creare l'oggetto in maniera continuativa. 

Una variante della stessa idea è alla base della macchina di stampa ideata da Nexa3D, una azienda italiana che sta cercando finanziatori su Kickstarter. La stampante sarebbe in grado di realizzare oggetti alla velocità di 1 centimetro in 52 secondi, ovvero dalle 25 alle 100 volte più velocemente di una stampante tradizionale.


Nexa3D ha sviluppato, per questa stampante, la tecnologia LSPC (Lubricant Sublayer Photocuring) che prevede l'impiego di uno strato di lubrificante per evitare che lo strato appena formato aderisca alla base della vasca di stampa. La stampante prevede inoltre la possibilità di passare automaticamente dalla stampa continua alla stampa sequenziale (strato per strato) a seconda delle dimensioni dell'oggetto. 

Nexa3D ha sviluppato un prototipo "dimostratore scientifico" che nella stampa di un oggetto di 39mm di altezza ha impiegato 3 minuti e 15 secondi a fronte delle 2 ore e 13 minuti di una comune DLP realizzata dalla stessa Nexa3D. 

Oltre alla particolare tecnologia di stampa, Nexa3D ha anche pensato ad un sistema più semplice per la gestione dei materiali di stampa prevedendo l'impiego di cartucce di resina. Invece di dover riempire il serbatoio della stampante manualmente si inserisce la cartuccia (che assomiglia ad una borraccia) e si è pronti per stampare: il sistema infatti riempie in maniera automatica il serbatoio e recupera la resina inutilizzata per le attività di stampa successive. E' inoltre prevista una cartuccia per la pulizia che rimuove dal serbatoio i residui di resina qualora si debba stampare utilizzando un materiale di colore differente. 

La campagna di crowdfunding su Kickstarter prevede, per chi vuole acquistare la macchina di stampa, un contributo di € 1.399 per i primi 50 sottoscrittori, con uno sconto sensibile rispetto al prezzo ufficiale di € 1.750.

La stampante verrà venduta con una cartuccia di resina e due pellicole auto-lubrificanti. Le cartucce costeranno circa $ 90 l'una, mentre tre pellicole avranno un costo di € 30.

Nexa ha fissato in € 160mila l'obiettivo del finanziamento ed è ora arrivata a più del 40% del totale con ancora 28 giorni alla chiusura della campagna. 
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lunedì 23 novembre 2015

Google, Android e i tribunali americani

Secondo quanto riportato dal dall'ufficio del procuratore distrettuale di New York nel seguente  documento, i dispositivi basati su versioni di Android più vecchie di Lollipop possono essere controllati da remoto da Google sotto richiesta di un tribunale di giustizia.


Google può di fatto garantire agli investigatori che si occupano del caso specifico l'accesso ai dati. I dispositivi "vulnerabili" alle volontà dei tribunali americani sono il 74% di quelli in circolazione.

Il documento riporta un'analisi effettuata sull'impatto della cifratura del disco sulla possibilità di accesso remoto da parte delle forze di legge. Qui si legge che i dispositivi che usano Android 5.0 o successivi sono protetti dalla "full disk encryption", ovvero algoritmi di cifratura usati per tutti i dati presenti del disco. Su tutti gli altri, ottimisticamente il 74% dell'intera base d'utenza, Google può ripristinare la password d'accesso e avere il pieno accesso ai dati.

Non tutti i produttori scelgono di attivare di default la cifratura del disco nemmeno su Lollipop e, a meno che non sia un'operazione compiuta dallo stesso utente, questi dispositivi risultano vulnerabili alle volontà di Google e dei tribunali di giustizia. Ma tutti i dispositivi che usano una versione di Android precedente a Lollipop, e sono la maggioranza, sono comunque suscettibili al ripristino da remoto.

Nel documento si legge:

Gli esaminatori forensi sono in grado di aggirare i codici di accesso su alcuni di questi dispositivi utilizzando una varietà di tecniche forensi. Per alcuni altri tipi di dispositivi Android, Google può ripristinare i codici di accesso se le viene ordinato con un mandato di perquisizione di aiutare le forze di legge ad estrarre i dati dal dispositivo. Questo processo può essere effettuato da remoto da Google e consente agli esaminatori forensi di visualizzare il contenuto di un dispositivo.

Lollipop e Marshmallow rappresentano una minoranza nelle quote di mercato complessive di Android ed è pertanto facile capire come il problema possa interessare una grande porzione degli utenti Android.

Oltre un miliardo di utenti hanno scelto il robottino verde e il fenomeno se confermato potrebbe avere una portata enorme. Basta comunque attivare la cifratura del disco per proteggersi, spesso presente come opzionale all'interno delle impostazioni di sicurezza dello smartphone.

Nemmeno chi utilizza smartphone Apple meno recenti dovrebbe essere troppo al sicuro. Tuttavia la frammentazione inferiore della piattaforma della Mela rappresenta un'arma in più per la compagnia di Cupertino. Tutti i dispositivi che usano iOS 8 o successivi (una forte maggioranza) proteggono i dati integrati con algoritmi di cifratura, come Lollipop e Marshmallow, con l'opzione che è già attiva di default.
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giovedì 19 novembre 2015

2020, Google e "cloud company"

Entro il 20120, nella strategia commerciale di Google, i banner pubblicitari passeranno in secondo piano rispetto al cloud computing.


Lo ha detto Urs Hölzle, l'ottavo dipendente di Google e il responsabile della Google Cloud Platform

La divisione, ha detto il dirigente, supererà in fatturato quella relativa al business pubblicitario, di gran lunga il più remunerativo per Google praticamente da sempre. Ma questo potrebbe cambiare in cinque anni.

Il nostro obiettivo è quello di parlare di Google come una cloud company entro il 2020

ha dichiarato oggi Hölzle nella conferenza Structure tenuta nella città di San Francisco. Un'affermazione che non nasconde l'ambizione del dirigente di rivoluzionare del tutto il business del colosso di Mountain View. Nel 2014, infatti, la società ha generato l'89% del suo fatturato esclusivamente attraverso il suo canale di pubblicità online.

L'ambizione di Hölzle si scontra oggi con una dura realtà: Google non ha la stessa forza di Microsoft o Amazon nel cloud, soprattutto perché le mancano importanti agganci con i principali clienti del settore enterprise. La società è naturalmente a conoscenza della situazione di svantaggio da cui parte: "Sappiamo che siamo indietro", ha ammesso il dirigente affermando però che c'è spazio per espandersi e che il processo è già iniziato.

Il nostro tasso di crescita sul cloud è probabilmente il più elevato nel settore, e abbiamo un sacco di clienti enterprise felici

ha poi sottolineato.

Per Google la sfida sul cloud è simile a quella nel mondo degli smartphone che, almeno sul fronte dei volumi, ha vinto senza lasciare troppe speranze ai concorrenti. iPhone è stato quello a lanciare la moda nel 2007 creando una certa domanda, Android è però diventato in breve tempo il sistema operativo più celebre nel mondo.

L'idea di Hölzle è di diminuire le risorse necessarie per l'esecuzione della propria infrastruttura, in modo da richiedere ai propri clienti costi sempre inferiori e competere in maniera più aggressiva con i concorrenti. Nonostante Google sia oggi ancora indietro, questo cambierà presto secondo Hölzle: 

Credo che nei prossimi cinque anni ci sarà molta evoluzione nel cloud rispetto agli scorsi cinque anni

ha poi concluso.

Il tempo darà ragione, o meno, al dirigente di Mountain View, tuttavia il tempo stesso ha già dimostrato che non è sempre saggio scommettere contro il gigante delle ricerche online.
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mercoledì 18 novembre 2015

Le prime vittime di Anonymous

Come ricorderete, dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre, il collettivo Anonymous, attraverso un video intimidatorio dichiarava cyberguerra alla militanza ISIS


A tal proposito, il più rinomato collettivo cracker ha rivelato di aver raccolto e divulgato dati sensibili di centinaia di account online collegati ad esponenti dell'organizzazione terroristica, sfruttando le proprie armi digitali.

Il team più famoso della rete fa sapere inoltre di aver già raccolto una lista di siti sensibili appartenenti allo Stato Islamico su cui ha cercato o cercherà di effettuare il take over.

Le operazioni di boicottaggio dei portali web dell'organizzazione è già cominciata, con Anonymous che annuncia le prime vittorie sul campo, un campo che è del tutto digitale. In pochi giorni Anonymous ha riportato anche altre vittorie, soprattutto sui social media.

Il collettivo è riuscito ad esempio ad ottenere informazioni personali di membri sospettati di appartenere al gruppo terroristico, fra cui una serie di nomi e cognomi scoperti all'interno dei portali di jihadisti.

Forte dell'anonimato dei suoi membri, Anonymous ha pubblicato una prima lista e rivelato i nomi dei presunti terroristi minacciando l'intera organizzazione con un messaggio diretto:

ISIS stiamo venendo a prendervi.

In aggiunta, secondo la testata britannica Metro.co.uk, Anonymous è riuscito a identificare 900 account Twitter legati ad esponenti dello Stato Islamico, account che adesso sono stati sospesi dal servizio. Anonymous aveva già eliminato alcuni account social media e siti del web collegati all'ISIS a partire dallo scorso gennaio, quando la rivista satirica Charlie Hebdo era stata attaccata da terroristi dell'organizzazione.

Dopo quell'evento Anonymous aveva dichiarato di aver fatto fuori 800 account Twitter e 50 indirizzi email legati a membri dell'ISIS. Il team Anonymous non è comunque infallibile, e anche in passato ha commesso alcuni errori nel riconoscimento di membri dell'ISIS o di Al Qaeda, identificando persone comuni come terroristi.
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lunedì 16 novembre 2015

Anonymous si schiera contro l'ISIS

Anonymous. Ebbene, coloro i quali da anni seguono le vicissitudini del mondo cracker, conosceranno bene questo nome.


E se questa volta non si fosse messo in mostra per le suo imprese contro le grandi compagnie dell'intrattenimento e dell'elettronica?

A seguito dell'attacco terroristico ai danni dello Stato francese (e della civiltà occidentale in genere), i "militanti" di Anonymous hanno deciso di schierarsi contro i seguaci dello Stato Islamico, il gruppo terroristico che ha rivendicato la responsabilità sugli attacchi parigini avvenuti lo scorso 13 novembre.

Sabato scorso il team di hacker ha pubblicato un video su YouTube in cui un individuo anonimo nascosto dalla solita maschera di Guy Fawkes ha dichiarato guerra all'ISIS.


Nel video l'uomo mascherato dichiara di rappresentare Anonymous, con il gruppo che annuncia di voler dare la caccia ai membri dell'organizzazione terroristica. Le parole utilizzate sono forti, di quelle che possono essere urlate solo con l'aiuto dell'anonimato:

Vi troveremo, e non vi lasceremo andare [...] Lanceremo la più grande operazione mai fatta contro di voi. Aspettatevi degli enormi cyberattacchi

ha dichiarato il portavoce del team di hacker.

Non è chiaro quale sia il piano di "attacco digitale", né quali siano le strategie di Anonymous. Il collettivo aveva dichiarato guerra al terrorismo già a gennaio dopo l'attentato alla sede di Charlie Hebdo, ed era riuscito a rendere inaccessibili alcuni siti legati alle organizzazioni di jihadisti in Francia e nel mondo.

L'attacco preferito da Anonymous è il DDoS (distributed denial-of-service), non raffinatissimo ma estremamente efficace per cercare di ridurre le comunicazioni fra i militanti sparsi per il mondo.

Un'operazione di intelligence e di oscuramento, quindi, con l'obiettivo di tagliare le vie digitali con cui l'ISIS semina la propria propaganda e di stanare fuori dall'anonimato i fanatici jihadisti.

Il punto di partenza sembra quindi essere tutto il materiale già recuperato nel corso delle precedenti campagne, come profili social network di presunti fanatici o simpatizzanti della jihad islamica dai quali trarre informazioni utili. Per dare risalto all'operazione è stato creato l'hashtag #OpParis, che fungerà anche da richiamo ad eventuali nuove leve del movimento Anonymous che vogliano battere a tappeto il web per rintracciare qualsiasi informazione utile alla causa e segnalare alle autorità competenti ogni possibile attività sospetta. 

Certo è che, alla luce dei dettagli rilasciati nei giorni scorsi sulle metodologie e i mezzi di comunicazione utilizzati dallo Stato Islamico, risulta sempre più difficile trovare un metodo per prevenire gli attentati.

I francesi sono più forti di voi e usciranno da questa atrocità più forti che mai

ha minacciato Anonymous all'interno dei 2 minuti e mezzo del messaggio inviato tramite YouTube.

Al momento in cui scriviamo la pagina conta quasi due milione di visualizzazioni, ma non abbiamo ancora informazioni a riguardo di cyberattacchi effettuati dal gruppo di cracker nei confronti dei siti e portali del web legati allo Stato Islamico.

Ricordiamo che il collettivo Anonymous (che riunisce singoli utenti o intere comunità online che agiscono allo scopo di raggiungere un obiettivo concordato) è da sempre il lotta contro ingiustizie e i poteri forti a tutela della libertà di pensiero ed espressione.

Tra autorità ed Anonymous non scorre buon sangue, anche se questo potrebbe essere il deterrente per il cambio di passo. Pare inverosimile, proprio per la natura del Collettivo, ma staremo a vedere.
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sabato 14 novembre 2015

Strategie Enel per la fibra ottica

All'interno della nota rilasciata ieri, giovedì 12, per annunciare i risultati trimestrali e i piani per il futuro, Enel ha fatto sapere di aver dato il via al piano fibra ottica con la creazione di una NewCo (ciò che nascerà dalla ristrutturazione dell'Azienda).


La nuova realtà si occuperà di aiutare gli operatori telefonici a fornire ai clienti connessioni a banda ultra larga stabili e veloci.

Enel non diventerà quindi un operatore telefonico, ma offrirà la propria infrastruttura, in concessione, a terzi.

Riportiamo l'estratto del documento rilasciato dalla società, che potete trovare integralmente in questa pagina:

Il Consiglio di Amministrazione di Enel ha condiviso l'opportunità di utilizzare la rete elettrica gestita in Italia per la realizzazione di una infrastruttura in fibra ottica accessibile a tutti gli operatori di telecomunicazioni e ha deliberato la costituzione di un’apposita società per azioni, al fine di poter avviare le attività finalizzate ad operare in tale settore.

Enel non ha rilasciato molti dettagli sulle strategie della nuova realtà. Quello che sappiamo ufficialmente è che la nuova Spa stenderà una nuova infrastruttura in fibra ottica sfruttando la rete elettrica di cui già dispone per poi offrirla a noleggio agli operatori telefonici interessati.

L'azienda italiana non farà concorrenza a questi ultimi quindi, anche se la manovra di certo andrà a compromettere alcuni equilibri che si sono consolidati negli anni, soprattutto considerando il monopolio di Telecom nella concessione delle proprie infrastrutture di rete.

Vodafone e Wind hanno già confermato di essere molto interessati alle nuove possibilità offerte da Enel:

Wind giudica molto positivamente la decisione di Enel di costituire una società per sviluppare una infrastruttura di rete a banda ultra larga nel Paese [...] ed è pronta a collaborare da subito a questo progetto che potrà garantire le giuste condizioni di parità di accesso per gli operatori, indispensabili per una sana concorrenza e per lo sviluppo di un mercato ancor più competitivo

ha commentato Maximo Ibarra, AD di Wind.

Anche Vodafone parteciperà da subito, ha comunicato l'Amministratore Delegato di Vodafone Italia Aldo Bisio:

La decisione assunta dal Consiglio di Amministrazione di Enel per la costituzione di una società, aperta e accessibile a tutti gli operatori di telecomunicazioni, va nella direzione di realizzare un piano di respiro nazionale per lo sviluppo della banda ultralarga. Siamo pronti a partecipare da subito a questo progetto e a collaborare con Enel convinti che sia una occasione unica e irripetibile per vincere la partita della digitalizzazione del Paese, valorizzare il contributo pubblico e privato, e realizzare una rete a prova di futuro.
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venerdì 13 novembre 2015

Future Decoded 2015 Microsoft (Roma): le startup italiane

L'Italia in questi giorni è stata il palcoscenico di due grandi personaggi del mondo hi-tech, prima con Tim Cook all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Bocconi e poi con l'evento Future Decoded 2015 di Microsoft a Roma, dove l'amministratore delegato Satya Nadella ha raccontato la strategia e le ambizioni dell'azienda di Redmond.


Da quanto è in carica Nadella la "mission aziendale" è cambiata: Microsoft vuole aiutare le persone e le aziende a realizzare con i propri progetti in un mondo dominato da Mobility e Cloud Computing, puntando a inaugurare una nuova produttività, a sviluppare una piattaforma cloud intelligente e a creare un connubio di hardware e software in linea con le esigenze delle persone.

Non è più la Microsoft che voleva imporre i propri sistemi operativi e software nel settore PC prima e poi in quello mobile (Steve Ballmer? 6 anni travagliati i suoi al comando del colosso di Redmond!), ma è una release 2.0 del colosso di Redmond, infatti, che vuole dare soluzioni alle persone, che siano un sistema operativo, una applicazione o il cloud, a prescindere dall'hardware e del dispositivo. Non a caso l'azienda statunitense ha portato su iOS e Android moltissime applicazioni come Office e non solo.

A Redmond si punta molto su una nuova immagine, più giovane e dinamica, quelle che al contempo viene promossa dalle numerose startup sviluppate in tutto il mondo, compresa l'Italia.

Per supportare concretamente la crescita delle nuove imprese italiane, per favorirne l'internazionalizzazione, Microsoft ha annunciato GrowIT Up, un nuovo programma triennale di accelerazione d'impresa.

Tramite questa iniziativa saranno offerti servizi di incubazione, mentoring, supporto e apporto di capitale. Tra i partner strategici ci sono Fondazione Cariplo e Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa del Ministero dell'Economia.

Satya Nadella ha concentrato il suo discorso presentando le storie di tre team di giovani che hanno beneficiato del supporto di Microsoft a vario livello e che esemplificano il genio creativo italiano in grado di produrre innovazione con un impatto reale per la società: BabyGoldrake, Melixa, HearthWatch.

BabyGoldrake è rappresentato da un team di sedicenni supportati da un esperto di tecnologia Microsoft - MVP Most Value Professional. Questo team ha creato una soluzione che tramite un lettore di onde celebrali permette di azionare dei giocattoli o dispositivi comandabili da segnali elettrici, come ad esempio una pista per le macchinine, ma anche un robot.

Il progetto "Brain waves play games" è stato sviluppato a partire dalla Microsoft Universal Platform e dai servizi cloud Microsoft Azure ed è già stato testato in alcuni ospedali, riscontrando effetti positivi sui bambini ricoverati e permettendo anche a quelli con patologie più gravi di giocare.

Melixa è una startup trentina che ha ideato e commercializza un sistema innovativo di monitoraggio per l'apicoltura, che sfrutta il cloud di Microsoft Azure per lo sviluppo e la produzione del sistema di elaborazione e memorizzazione dei dati, con l'obiettivo di offrire agli apicoltori e ai centri di ricerca un sistema per il controllo professionale dell'apiario in modo da garantire l'efficacia delle operazioni di cura delle api.

Attraverso l'Internet of Things e l'elaborazione dei dati dell'arnia è infatti possibile monitorare il benessere delle api e l'equilibrio dell'ambiente in termini di biodiversità.

HeartWatch è una startup nata dell'esperienza di un team di ventenni che hanno partecipato all'ultima edizione della competizione tecnologica globale Microsoft Imagine Cup e che hanno sviluppato l'applicazione HeartWatch, con la consulenza dei medici dell'Ospedale San Raffaele, ovvero un servizio in grado di rilevare aritmie cardiache tramite l'analisi del battito e di segnalare anomalie impreviste, analizzando i dati generati dall'interazione tra due device, come per esempio uno smartphone e un dispositivo indossabile.

L'app è stata resa possibile grazie alla tecnologia di Microsoft Band, in grado di rilevare i dati biometrici dell'utente in tempo reale, e ai servizi cloud Microsoft Azure, in grado di gestire l'enorme quantità di dati, e può geolocalizzare il paziente, consentendo di inviare soccorsi in un luogo preciso e di notificare il problema a una lista di amici e conoscenti via SMS.

Nadella ha anche parlato di come Microsoft intende plasmare un mondo del computing che sia più personale e in quest'ottica vanno progetti come Microsoft Band, il braccialetto che monitora il nostro stato fisico e non solo, ma anche il visore HoloLens, che cambia lo status quo portando elementi digitali nel mondo fisico per migliorare enormemente il modo in cui impariamo, lavoriamo e ci curiamo.
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Il futuro dei Personal Computer

Stando a quanto riportato in un'intervista rilasciata a Telegraph, Tim Cook si sarebbe lasciato andare a delle riflessioni sul nuovissimo iPad Pro, da oggi disponibile, dichiarando la fine del PC.


Secondo il CEO di Apple, infatti, "iPad Pro è il sostituto ideale di un notebook e un desktop per tante, tantissime persone. Chi inizierà ad utilizzarlo capirà che non avrà più bisogno di nient'altro"

A pochi giorni da queste dichiarazioni, però, in occasione del Future Decade un'altra figura chiave si è espressa sul futuro della tecnologia, ed in particolare sul mondo dei PC. Durante l'evento tenutosi presso l'Auditorium Parco della Musica di Roma, Microsoft ha chiamato a raccolta tremila professionisti del settore IT: sviluppatori, decisori aziendali, esperti IT, oltre a un folta schiera di studenti.

Momento cruciale della due giorni è stato l'intervento del CEO del colosso di Redmond Satya Nadella, alla sua prima volta ufficiale su un palco italiano.

Nel suo intervento Nadella ha sottolineato nuovamente con forza alcune delle idee espresse in questi suoi due anni di gestione, ereditando lo scettro cedutogli da Steve Ballmer. 

Se Tim Cook, in un futuro prossimo, vede l'abbandono dei Personal Computer in favore dei tablet, il CEO MS prospetta un futuro diverso e molto più articolato.

Creiamo più personal computer [...] inventiamone di nuovi

dice il Nadella.

Persino un braccialetto, a suo modo, può essere un "personal computer". Anche il telefono può essere reinventato. Nadella poi snocciola un elenco di pezzi forti, una giostra di nuove app fatte apposta per stupire. Come Staffpad, inchiostro digitale su superficie sensibile: immaginate di scrivere partiture musicali su una piattaforma digitale, è tutta un'altra musica.

Vogliamo parlare di Easydom? Si tratta di un software di automazione domestica, uno schermo ma anche la nuova "anima" della casa nell'era dell'IoT e della tecnologia in ogni angolo.

Insomma, pare che, seppur con un raffronto parziale (e di conseguenza tutte le considerazioni del caso), Nadella stia incarnando più del CEO della Società concorrente i principi che hanno caratterizzato la gestione rivoluzionaria di Steve Jobs: "stay hungry stay foolish"
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mercoledì 11 novembre 2015

La dematerializzazione dei documenti nel 2015

"Con dematerializzazione si indica il progressivo incremento della gestione documentale informatizzata, all’interno delle strutture amministrative pubbliche e private, e la conseguente sostituzione dei supporti tradizionali della documentazione amministrativa in favore del documento informatico."


Per chi non conoscesse l'argomento, questa è questa la definizione che il sito dell'Agenzia per l'Italia Digitale attribuisce al termine dematerializzazione.

Le tecnologie di riconoscimento ottico OCR (Optical Character Recognition) sono un tassello fondamentale per questo processo e realtà come banche e grandi aziende sono già dotate da diversi anni dell'attrezzatura necessaria per liberarsi della carta e passare tutto al digitale.

Fatture, comunicazioni, documenti di trasporto (DDT), dossier: sono molti i tipi di documenti che serve rendere digitali.

Requisito fondamentale nel riconoscimento dei caratteri sono la precisione e la flessibilità in funzione del tipo di documento da digitalizzare sono due aspetti fondamentali per un software OCR. Accanto a testi perfettamente stampati, spesso bisogna interpretare corsivi, testi sbiaditi o a basso contrasto, mal fotocopiati e simili. L'arena dei contendenti, tra i software e gli strumenti di riconoscimento, è ampia e vede diversi marchi in prima linea: mai come oggi la gestione documentale ha un ruolo chiave nell'offerta di prodotti e servizi in ambito aziendale.

Anche Google ha fatto la sua parte e dal 2006 è main sponsor del progetto Tesseract, motore di riconoscimento OCR open source, nato dall'apertura del codice dell'omonimo software sviluppato originariamente negli anni '80 e '90 da un colosso come Hewlett-Packard.

Quest'ultima aveva, assieme all'Università del Nevada di Las Vegas (UNLV), reso pubblico il codice nel 2005. HP negli anni successivi aveva scelto la tecnologia di I.R.I.S. per il riconoscimento dei testi, integrandola ad esempio nei suoi scanner e multifunzione. I.R.I.S. con il software ReadIris è spesso tra nelle prime posizioni delle top ten relative ai programmi OCR e combatte per la testa della classifica nella maggior parte dei casi con la soluzione OmniPage di Nuance.


Dal giugno 2013 I.R.I.S. è entrata a far parte del Gruppo Canon e rappresenta un'interessante offerta complementare ai servizi enterprise già forniti dall'azienda giapponese. Quest'ultima vede proprio nei servizi professionali per aziende uno dei mercati più promettenti dal punto di vista della crescita. Il motore OCR alla base del riconoscimento testi è il valore aggiunto che I.R.I.S. identifica nei propri prodotti, un paio dei quali possiamo vedere all'opera dal vivo nel video qui sotto.


Si tratta di strumenti di acquisizione portatili, pensati per l'utilizzo combinato con notebook, tablet e smartphone.

Privati, professionisti, piccoli uffici sono il bacino di clienti per questo tipo di soluzioni. IRIScan Express è uno scanner documentale portatile wireless (utilizzabile anche su PC e MAC via cavo USB) utile per acquisire pagine intere (fino a 8 al minuto), ma sono certamente la penna e il mouse i prodotti più curiosi.

IRIScan Mouse 2 è un mouse a tutti gli effetti (disponibile per PC e MAC) che però è in grado di sfruttare il sensore ottico posto alla sua base non solo per il posizionamento del puntatore, ma anche per l'acquisizione di testi e immagini, semplicemente premendo il tasto 'scan' posto sul lato e passando con esso sulle zone di interesse. Il software mostra in tempo reale quello che è stato acquisito e permette di avere in pochi secondi il testo in versione modificabile, salvabile in diversi formati (tra cui Word e PDF) oltre che condivisibile tramite diversi strumenti, tra i quali Evernote, Dropbox, Facebook, Twitter e Flickr.

Il riconoscimento del testo è possibile in 130 lingue, comprese quelle asiatiche e l'arabo: tramite il link diretto a Google Translate è facile anche avere una traduzione del testo in pochi secondi.


Ancora più particolare è IRISPen, prodotto giunto ormai alla sua settima edizione: permette di acquisire righe di testo in modo davvero immediato in modalità wireless, utilizzandola come se fosse un evidenziatore.

Anche in questo caso sono a portata di mano gli strumenti di modifica del testo, ma soprattutto di traduzione e condivisione. Tra gli scenari d'uso quelli della traduzione immediata di scritte in lingue straniere, ad esempio il menu del ristorante in un paese straniero, oppure della lettura di testi (l'app per Android e iOS integra anche il sintetizzatore vocale) per chi ha difficoltà visive.

Unendo le due cose è possibile far leggere e tradurre simultaneamente dal cellulare brevi testi: anche in questo caso l'esempio del ristorante in terra straniera è calzante.

Per la traduzione delle lingue principali a livello mondiale non è necessaria la connessione a internet, quindi la funzione è utilizzabile senza problemi anche all'estero.
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Fibra: conflitto FTTH o FTTB

Oggi parliamo dei cugini d'oltralpe. Se operatori telefonici come Orange e Free offrono alla loro clientela dei collegamenti internet in fibra ottica con tecnologia Fiber To The Home (FTTH), ossia la migliore al momento disponibile, la concorrenza non riesce a fare altrettanto.


Ma dove sta la notizia? Ebbene, queste ultime due Società hanno denunciato per pubblicità ingannevole gli operatori telefonici concorrenti SFR e Numericable, rei di aver promosso le proprie offerte internet FTTB (Fiber To The Building) come fibra.

Non hanno specificato, stando alla denuncia, che si tratta di una "fibra finta" che utilizza i cavi ottici solo all'interno di parte del percorso. Sappiamo però che SFR utilizza la tecnologia FTTB DOCSIS 3.0, che porta la fibra fino a un certo punto del percorso, con il collegamento che viene completato fino in casa con un comune cavo coassiale in rame. Si tratta di una tecnologia meno raffinata rispetto alla FTTH e che non garantisce naturalmente le stesse performance di quest'ultima.

Una caratteristica che, come giustamente chiedono Orange e Free in Francia, dovrebbe essere sottolineata dagli operatori.

Come scrive la redazione francese di ZDNet, la vicenda nasceva a febbraio quando Orange accusava SFR di pubblicità ingannevole. Nel corso del tempo si è aggiunta al coro anche Free, contestando anch'essa l'uso della parola "fibra" nei messaggi promozionali per la FTTB DOCSIS 3.0.

Il governo francese ha risposto alle denunce nel mese di luglio, imponendo agli operatori di sottolineare la reale natura delle connessioni in fibra se completate con cavi in rame. Ma a quanto pare nemmeno queste disposizioni sono bastate ad Orange e Free.

Le due società avrebbero preferito infatti che venisse del tutto impedito l'uso della parola fibra in presenza di una connessione non FTTH, proprio perché quest'ultima è l'unica che può consegnare le performance più elevate.

A portare la notizia in Italia ci ha pensato Franco Bassanini, docente e politico, nonché Special Advisor del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi, che ha commentato la novità su Twitter, osservando implicitamente che in Italia gli operatori trattano l'argomento in maniera differente.


E non potrebbe che essere così visto che i maggiori nomi del settore in Italia promuovono le loro offerte come fibra ottica indistintamente dalla tipologia della parte terminale del cablaggio, e a prezzi decisamente simili fra le offerte. Lo fa Telecom, così come lo fa Fastweb, che in passato promuoveva la sua banda ultralarga FTTH.

Senza una reale proposta esclusivamente FTTH è difficile che gli operatori telefonici italiani sollevino il problema, continuando a racchiudere in un unico cappello FTTH e FTTC, senza differenziarne le peculiarità.

E c'è ancora una parte curiosa in tutta la vicenda: l'operatore Free francese fa parte di un gruppo di cui è responsabile Xavier Niel, che ha rappresentato in prima persona la società nella lotta contro SFR e Numericable. Lo stesso Niel è proprietario di una quota consistente di Telecom, anche se dubitiamo che lo stesso imprenditore francese si accanisca con lo stesso ardore in questa causa anche per noi utenti italiani.
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martedì 10 novembre 2015

Copertura Telecom in continua crescita

Lo scorso venerdì Telecom ha annunciato il bilancio del trimestre che si è concluso nel mese di settembre, rivelando alcuni numeri interessanti del gruppo.


I primi nove mesi del 2015 sono stati conclusi con un fatturato consolidato di 14,9 miliardi di euro, con una contrazione del 6,9% rispetto allo stesso periodo del 2014.


L'utile operativo ante-imposte e oneri finanziari (EBIT), è risultato pari a 2,9 miliardi di euro ed è anch'esso in decremento (-17,5%) rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

Crescono invece gli "investimenti industriali", elemento che conferma l'attuazione del programma di accelerazione per lo sviluppo delle infrastrutture che dovrebbe concludersi nel prossimo 2017. 

Tramite lo stesso programma Telecom è riuscita fino ad oggi a coprire il 40% della popolazione italiana con connessioni in fibra a banda ultralarga, stima che si traduce in circa 10,2 milioni di unità abitative.

Il programma ha permesso inoltre di portare le più recenti reti 4G LTE all'86% della popolazione italiana.

Ad annunciarlo è stato Giuseppe Recchi, Presidente del Gruppo Telecom, che ha commentato così i risultati:

Abbiamo posato circa 1,2 milioni di km di fibra, ad una velocità di 180 km posati ogni ora. Abbiamo già raggiunto oltre il 40% della popolazione con la fibra e l'86% con la tecnologia LTE, anche grazie al forte impulso che abbiamo dato agli investimenti innovativi dedicati allo sviluppo di reti e servizi di nuova generazione, che oggi rappresentano il 40% del totale a livello domestico.

Telecom annuncia che nel mercato domestico si avvisa un "progressivo recupero di fatturato" rispetto ai trimestri precedenti. Questo soprattutto grazie al segmento Mobile che registra un ritorno al positivo con una crescita dell'1,5% rispetto allo stesso periodo del 2014.

In calo invece i ricavi dai servizi mobile rispetto all'anno scorso, ma mostrano un timido recupero sui risultati dei tre mesi precedenti. I ricavi da servizi fissi sono in calo dell'1,8%, anche se fanno meglio rispetto alle previsioni.

I numeri sulla copertura internet segnalati da Telecom sono senza dubbio lusinghieri, anche se purtroppo veri solo in realtà ben specifiche. La fibra e le reti LTE si stanno diffondendo a velocità mai viste prima, ma la loro disponibilità è oggi garantita solo in aree ben specifiche e centrali, laddove molte zone periferiche continuano ad essere servite solo da connessioni di qualità ben al di sotto della media europea e globale.
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sabato 7 novembre 2015

Rumor su HTC One X9: display 2k e fotocamera da 23MP

HTC One X9 è il nome di un presunto nuovo smartphone del produttore taiwanese appartenente alla linea premium "One", recentemente al centro di nuove indiscrezioni.


Le caratteristiche tecniche diffuse nell'ambito del social network cinese Weibo e fatte rimbalzare immancabilmente in rete tracciano il profilo di un terminale di fascia alta. 

Caratteristiche tecniche presunte: 

  • SoC Snapdragon 820 o Helio X20 (dato da definire);
  • Display con risoluzione 2K (diagonale non precisata);
  • 4 GB di RAM, memoria interna da 64 o 128 GB (ma potrebbe essere lanciato in versione con 3 GB di RAM e 32 GB di memoria interna per contenere il prezzo);
  • Fotocamera posteriore da 23 MP e anteriore da 4 MP Ultrapixel;
  • Batteria da 3500 mAh;
  • Scocca in metallo;
  • Doppio altoparlante BoomSound.

HTC One X9 sarebbe commercializzato al prezzo di 2.900 Yuan (circa € 435). Unitamente alle indiscrezioni sulle caratteristiche tecniche, è stato diffuso anche un presunto screenshot che ritrarrebbe il terminale.

A prima vista, non sembra essere molto differente dai modelli della linea Butterfly (qualche dubbio sull'attendibilità dello screenshot resta). 


Ovviamente queste informazioni sono frutto di indiscrezioni, pertanto potrebbero essere smentite dalla stessa HTC. Assumendo ciò, si può cogliere la volontà del produttore taiwanese di rendere ancor più articolata la serie One, introducendo l'inedita sottocategoria "X" che si somma alla recente serie "A" ed alla collaudata serie "M". La sua forte ispirazione ad iPhone, pare rimanere circoscritta al solo design!
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venerdì 6 novembre 2015

HTC One A9: da Unieuro a € 649,90

Finalmente è arrivato anche in Italia, e per fare il suo ingresso dalla porta principale dai canali e-commerce ha scelto la catena Unieuro.


Parliamo di HTC One A9, il nuovo smartphone della casa costruttrice taiwanese, che ha lanciato anche in Italia il proprio device, offrendolo ad un prezzo pari a quello di listino, fissato da HTC, pari ad € 649.90.

Come abbiamo già sottolineato in più occasioni, già nelle prime ore successive alla sua presentazione, ci troviamo di fronte ad un prezzo decisamente eccessivo se rapportato alla scheda tecnica del dispositivo che, in ogni caso, proverà a ritagliarsi il suo spazio all’interno del mercato Android provando a giocare la carta del design evidentemente ispirato all’iPhone 6S di Apple. 

Per ora, il nuovo HTC One A9 è disponibile in Italia nella sola colorazione argento ma già nel corso dei prossimi giorni, con l’avvio della fase di commercializzazione completa dello smartphone, la disponibilità anche delle altre versioni del terminale dovrebbe rapidamente aumentare.

A seguire, riportiamo la scheda tecnica del nuovo HTC One A9:

  • Display AMOLED da 5 pollici di diagonale con risoluzione Full HD;
  • SoC Qualcomm Snapdragon 617 Octa-Core (un Quad-Core Cortex A53 da 1.2 GHz ed un Quad-Core Cortex A53 da 1.5 GHz);
  • 2 GB di memoria RAM;
  • 16 GB di memoria interna espandibile tramite microSD sino ad un massimo di ulteriori 2 TB;
  • Fotocamera posteriore da 13 Megapixel;
  • Fotocamera anteriore da 4 Megapixel con tecnologia Ultrapixel;
  • Dimensioni 145.75 x 70.8 x 7.26 mm;
  • Peso 143 grammi;
  • Sistema operativo Android 6.0 Marshmallow

Come detto anche in precedenza, il nuovo HTC One A9 è disponibile in versione argento da Unieuro al prezzo di € 649,90.


Le spese di spedizione sono quantificabili in € 7,49 ma è possibile scegliere il ritiro gratuito presso uno dei tanti punti vendita Unieuro sparsi sul territorio nazionale.
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giovedì 5 novembre 2015

Stampanti 3D, tessuti molli e organi

Gli ingegneri della Carneige Mellon University hanno sviluppato una nuova tecnica di stampa 3D che permetterà di stampare tessuti viventi molli come quelli degli organi.


L'aspetto più interessante è che, per fare tutto ciò, è sufficiente una comune stampante 3D attualmente in commercio (circa $ 1.000).

Quando si pensa alla stampa 3D è naturale immaginare l'impiego di materiali rigidi come plastiche, resine e metalli. La stampa 3D di tessuti molli ha richiesto particolari accorgimenti perché quanto stampato potesse mantenersi coeso, chiedendo quindi l'impiego di reticoli o anime rigide. 

Un oggetto stampato con materiali morbidi non riesce infatti a supportare il suo stesso peso man mano che viene stampato strato per strato e, di conseguenza, non è in grado di mantenere la sua forma. L'impiego di reticoli o anime rigide ha però l'effetto collaterale di incrementare il tasso di rigetto di un eventuale impianto. Il processo è quindi complicato e costoso. 


La tecnica usata dai ricercatori della Carneige Mellon prevede l'impiego di un gel per supportare l'organo mentre viene stampato.

La stampante inietta il materiale all'interno del gel e una volta che l'organo è stato completato ed è in grado di supportare se stesso, il gel può essere disciolto in acqua riscaldata alla temperatura del corpo umano, lasciando l'organo perfettamente formato. 

Le stampanti 3D ad uso medicale hanno di norma un costo di svariate centinaia di migliaia di dollari e richiedono operatori specializzati. La possibilità di ridurre il costo di una macchina di stampa ha la conseguenza di poter ridurre anche il costo del singolo organo stampato, che sono costituiti principalmente da collageni, alginati e fibrine, materiali abbastanza comuni in campo medico. 

Non è solamente il costo basso, ma con l'uso di software open source abbiamo accesso a parametri di stampa che possiamo regolare con accuratezza e ottimizzare quel che facciamo e migliorare la qualità di quel che stampiamo. Questo ci ha permesso realmente di accelerare lo sviluppo di nuovi materiali e di innovare in questo campo. E stiamo anche contribuendo a rilasciare il nostro progetto di stampante 3D sotto licenza opensource

ha commentato Adam Feinberg, professore associato di Scienza dei materiali, Ingegneria e Ingegneria Biomedica per la Carneige Mellon University.

Che dire, senz'altro l'ennesimo passo in avanti della tecnologia moderna. Ecco perché l'introduzione della Stampante 3D è considerata la quarta rivoluzione industriale. Ha un potenziale che poco alla volta ci sta mostrando i suoi frutti.  
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mercoledì 4 novembre 2015

Twitter ridefinisce i suoi tratti distintivi, uniformandoli a Periscope e Vine

Vine, Periscope e Twitter, fra le applicazioni più gettonate fra il pubblico giovale le prime due, più trasversale la terza, sono anche estremamente interconnesse.


Oltre ad appartenere alla medesima Società, possiamo dire che l'una rappresenta un banco di prova per le altre, grazie ad alcune feature riscontrabili riscontrabili su tutte e tre le app.

Ed è così per il nuovo cuore su Twitter, caratteristica ripresa da Periscope ed ora integrata all'interno del social network di microblogging da 140 caratteri sostituendo la precedente stellina dei tweet preferiti.


I cuori di Periscope sono stati accolti a braccia aperte, ed è per questo che saranno introdotti anche su Twitter e Vine rendendoli il linguaggio condiviso della community globale di Twitter

ha dichiarato la compagnia. La società ha anche spiegato la logica del cambiamento:

L’obiettivo è di rendere Twitter più semplice da usare e anche più gratificante. La stella a volte può aver creato confusione, specialmente per i nuovi utenti: sono tante, infatti, le cose che possono piacerci, ma non tutte possono essere le nostre preferite.

In sostanza Twitter sta cercando di unificare il linguaggio dei simboli fra le tre applicazioni proprietarie, modificando però anche il concetto di base e rendendolo molto più simile ai "like", ai "Mi piace" della concorrenza:

Il cuore è un simbolo universale che ha un significato analogo in tutte le lingue e culture del mondo. Il cuore è più eloquente, permette di trasmettere una serie di emozioni e connette facilmente le persone tra loro.

La società è sicura del successo della novità, e scrive:

I test condotti hanno dimostrato che la nuova icona piace a tutti.

I cuori sono disponibili a partire da alcune ore sui client Twitter ufficiali per iOS, Android e Windows 10, ed anche su TweetDeck.

La novità è arrivata anche sulla web-app navigabile via browser, sulla web-app di Vine e sul client di Vine per Android. Non è ancora arrivata, ma arriverà presto, su Vine per iOS e su Twitter per Mac.
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martedì 3 novembre 2015

Nasce la lobby per i servizi finanziari tecnologici

Apple, Amazon, Google, PayPal e Intuit hanno annunciato la formazione di Financial Innovation Now, una lobby di servizi finanziari che ha lo scopo di orientare le politiche della Casa Bianca con l'emergere di nuove tecnologie. 


Uno degli obiettivi del gruppo è portare la classe dirigente ad adottare un approccio evolutivo nella finanza, un cambiamento stimolato dalle nuove tecnologie emergenti nella Silicon Valley, quali Apple Pay, Android Pay e i servizi di PayPal tra gli esempi più significativi.

Brian Peters, executive director di Financial Innovation Now ha dichiarato: 
Una trasformazione tecnologica sta rendendo i servizi finanziari più accessibili, più affidabli e più sicuri. La sfida a Washington è di assicurarsi che i policymaker siano consapevoli di ciò e non applichino vecchie regole a nuove tecnologie.
Non si tratta solo di tecnologie per i pagamenti in mobilità, dato che Financial Innovation Now cerca di abilitare processi di compensazione in tempo reale, delineare regole per i prestiti online, creare protocolli aperti di autenticazione e promuovere le app finanziarie connesse ad Internet. 

Altre aree di interesse includono la prevenzione di frodi, l'abbassamento dei costi al consumatore e la democratizzazione delle tecnologie di pagamento. Infine il gruppo osserva che due miliardi di persone attorno al mondo non sono serviti da basilari servizi finanziari, tra cui una decina di milioni di abitazioni nei soli Stati Uniti.

Il gruppo crede che questo divario sia colmabile facendo leva su Internet, le piattaforme mobile e sulle altre tecnologie moderne,

Forse ancor più importanti per i membri fondatori come Apple sono iniziative per accrescere la fiducia del pubblico verso le piattaforme emergenti. Il gruppo infatti sostiene come standard di sicurezza e di riduzione delle frodi possano ampiamente migliorare la protezione del consumatore e spingere l'innovazione. 

In generale, Financial Innovation Now cerca di spostare il modo di pensare al settore per superare il vecchio sistema brick-and-mortar e avvicinarsi alle moderne soluzioni che si basano sugli smartphone e sul cloud.
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lunedì 2 novembre 2015

Facebook ritocca la policy! Anzi NO!

Di nuovo novità sul fronte delle politiche di Facebook: quest'ultima, infatti, ha annunciato una serie di migliorie, al fine di rendere più intuitive le procedure di rettifica nei casi di eliminazione ingiusta dal servizio.


Di cosa si tratta? Fb ha introdotto nuove politiche sui "nomi reali", le stesse che obbligano i nuovi utenti ad inserire il loro vero nome sul social network, e non solo un nickname come spesso si usava fare precedentemente online.

I cambiamenti permettono agli utenti che riportano eventuali errori di dare maggiori informazioni agli addetti del social network.

Si tratta di una policy che è stata aspramente criticata da varie associazioni in una recente lettera aperta. Il disagio è sia di tipo professionale (a volte i professionisti vorrebbero evitare di evitare di divulgare il proprio nome pubblicamente) oppure professionale (vedi per esempio il caso delle persone con identità sessuale in via di cambiamento o, comunque, non ancora definito).

Alle critiche, però, risponde Alex Schultz (VP of Growth di Facebook) in una lettera aperta rilasciata dalla società.

Vogliamo ridurre il numero di persone a cui viene chiesto di verificare il proprio nome su Facebook quando queste utilizzano già il nome con cui sono conosciute [...] Vogliamo rendere più semplice per la gente confermare il proprio nome se necessario.

A tal fine, differentemente da quanto avviene adesso, gli utenti a cui viene richiesta la conferma del nome potranno aggiungere un contesto o eventuali dettagli per giustificarlo. Questo serve ad aiutare il team addetto a "capire meglio la situazione":

Ci aiuterà anche a capire meglio le ragioni per cui le persone non possono confermare il loro vero nome.

Allo stesso modo, Facebook chiederà di fornire ulteriori dettagli agli utenti che segnalano gli altri per la violazione della politica sui nomi reali. Aggiungendo un passaggio all'intero processo, la società riceverà probabilmente un numero inferiore di richieste e impedirà agli utenti di utilizzare le politiche sui nomi come arma potenziale sul servizio social. Entrambe le modifiche verranno distribuite nel servizio a partire dal mese di dicembre.

Non cambia tuttavia la base. Le politiche sui nomi resteranno infatti invariate per rendere Facebook un posto più sicuro, almeno a detta di Schultz:

Quando la gente utilizza il nome con cui è conosciuta è molto più responsabile di quello che dice, rendendo molto più difficile nascondersi dietro l'anonimato per molestare o truffare qualcun altro.

Di seguito trovate la lettera per intero pubblicata da Facebook.

Nella serata di oggi, però, Facebook ha rettificato la propria posizione, dando così ragione alle organizzazioni per la difesa dei diritti della comunità Lgbt, transgender e dei Nativi Americani, che hanno obbligato Facebook a rivedere la regola per l'uso di pseudonimi e soprannomi.

Dopo la polemica, la società fondata da Mark Zuckerberg si era scusata e aveva promesso modifiche alla sua policy.

Nel frattempo gli utenti scontenti avevano minacciato di trasferirsi su Ello, un social network che si è rapidamente guadagnato il titolo di anti-Facebook, proprio perché permetteva l'iscrizione con un nome di fantasia. Aveva ricevuto richieste di accesso da parte degli utenti anche al ritmo di 40mila all'ora. Ma dopo la fiammata iniziale, di Ello si è persa traccia.

Il Social Network ha deciso di aprirsi per mettere a tacere le critiche di una comunità influente dal punto di vista mediatico, ma anche per non perdere utenti. E dunque valore.
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