venerdì 31 gennaio 2014

Le nuove frontiere della Stampa 3D

La stampa 3D è forse la vera rivoluzione degli ultimi anni. Svariati i campi d'applicazione nel quale questa nuova tecnologia potrà essere applicata, per capirne un po' di più, ci faremo aiutare dalle analisi di mercato condotte da Gartner.


Solo qualche giorno fa vi avevamo parlato dell'insidioso mondo del deep web, nato per scopi militari benefici (se così si può dire, data la natura bellica delle forze armate) ma dirottato su un binario decisamente più malevolo (contrabbando di droghe e medicinali, nonché scambio file riprovevoli e ovviamente non leciti). 

Questa duplicità di analisi, è stata messa in luce anche dalla società di analisi di mercato Gartner, e lo ha fatto soprattutto mettendo in luce le nuove frontiere del "bioprinting" tridimensionale, applicato al settore medicale e sanitario. 

Da un punto di vista generale Gartner sostiene che entro il 2018, almeno sette dei principali 10 retailer multicanale faranno uso di tecnologie di stampa 3D per generare ordini personalizzati e, allo stesso tempo, si andranno via via affermando nuovi modelli di business basati su questa nuova tecnologia.

Pete Basiliere, research director per Gartner, osserva:

Alcuni retailer stanno già vendnendo stampanti 3D ai consumatori e con la loro progressiva disponibilità, i consumatori le utilizzeranno per realizzare i propri prodotti personalizzati. Ci aspettiamo di assistere alla nascita di servizi di copia 3D e uffici di stampa tridimensionali, con i clienti che si rivolgeranno ad essi per stampare progetti in alta qualità e non solo in plastica ma anche con materiali che includono ceramica, acciaio e particolari leghe metalliche.

La progressiva diffusione di queste tecnologie andrà però a creare potenziali problemi legati al furto di proprietà intellettuale. Secondo Gartner la stampa 3D porterà, entro il 2018, alla perdita di almeno 100 miliardi di dollari all'anno di proprietà intellettuale.

I fattori che stimolano l'innovazione - il crowdsourcing, l'unione degli sforzi di ricerca e sviluppo e il finanziamento di start-up - assieme a più brevi cicli di vita dei prodotti, offrono un terreno fertile al furto di proprietà intellettuale con l'uso di stampanti 3D. E' già possibile stampare oggi molti oggetti tridimensionali, tra cui giochi, parti di vetture e anche armi

commenta Basiliere.

In uno scenario di questo tipo le imprese avranno sempre più difficoltà a monetizzare pienamente le loro invenzioni ed i licenziatari della correlata proprietà intellettuale avranno meno possibilità di ottenere il massimo beneficio dalle loro licenze. I ladri di proprietà intellettuale sosterranno minori costi di sviluppo e approvvigionamento, e avranno quindi la possibilità di vendere beni contraffatti a prezzi ridotti, esponendo il pubblico al rischio di acquistare prodotti di scarsa qualità e potenzialmente dannosi.

Per quanto riguarda invece le tecnologie di bioprinting tridimensionale, ovvero l'applicazione delle tecniche e tecnologie di stampa 3D per la produzione di tessuti ed organi, Gartner osserva che la loro evoluzione è così rapida che potrebbe facilmente innescare un profondo dibattito etico sul loro utilizzo a partire dal 2016. 

Contemporaneamente la stampa tridimensionali di protesi e di dispositivi artificiali ad uso sanitario, unitamente alla popolazione fiorente e ai bassi livelli delle prestazioni sanitarie nei mercati emergenti porteranno ad un'esplosione della domanda per questa tecnologia a partire dal 2015.

Le attrezzature di bioprinting 3D che avranno la capacità di stampare organi e tessuti avanzeranno in maniera molto più rapida di quanto potrà fare la consapevolezza e l'accettazione globale delle ramificazioni di questa tecnologia. Si tratta di iniziative mosse da buone intenzioni, ma che sollevano una serie di domande che restano senza risposta. Cosa accade con organi complessi che implicano l'uso di cellule non umane? Chi controllerà la capacità di produrli? Chi assicurerà la qualità dei risultati?

ha commentato Basiliere.

Si tratta, del resto, di un futuro molto più vicino di quanto si possa pensare: già nel corso dell'estate 2013 la Hangzhou Dianzi University in Cina ha annunciato di aver realizzato Regenovo, una soluzione di bioprinting tridimensionale, con la quale è stato stampato un piccolo rene funzionante per circa quattro mesi. Sempre nel corso del 2013 un bambino di 2 anni negli USA ha subito l'impianto di una trachea costruita con le sue cellule staminali. Quando gli organi "biostampati" saranno ampiamente disponibili sarà anche il tempo di un complesso dibattito che coinvolgerà molti interessi politici e finanziari, oltre a toccare ovviamente anche vari aspetti etici e morali.

La maturazione delle tecnologie di stampa 3D e la capacità di costruire parti anatomiche personalizzate sono di particolare interesse nel mercato dei dispositivi sanitari e specialmente in quelle regioni economicamente deboli e piagate dalla guerra, che spesso hanno a che fare con un'elevata domanda di protesi ed altri dispositivi medicali. La maggior integrazione del mondo sanitario con i settori della scienza dei materiali e della progettazione assistita porterà ad un ulteriore incremento della domanda dal 2015 in avanti.

In conclusione Basiliere si è espresso in questi termini:
Il successo globale dei casi d'uso delle stampanti 3D nelle regioni emergenti crescerà per tre ragioni: la maggior semplicità di accesso e la diffusione della tecnologia, il ROI e la semplificazione della catena di fornitura per la distribuzione dei dispositivi medici in queste zone. Altri motori di crescita solo l'elevata popolazione con un accesso inadeguato alla sanità in regioni spesso funestate da conflitti interni, guerre e terrorismo.
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giovedì 30 gennaio 2014

Motorola passa di mano: la proprietà passa da Google a Lenovo

A confermare le voci riportate dal New York Times, è arrivata anche la conferma ufficiale di Lenovo: Motorola passa di mano e viene acquisita dal colosso cinese.


Le due aziende stringono un accordo per la cessione della divisione smartphone di Motorola, escludendo da questo i brevetti che restano di Google: è un importante passaggio per Lenovo nella strategia di crescita nel mercato degli smartphone.

Google ha annunciato nella notte di aver sottoscritto un accordo con Lenovo per la vendita di Motorola Mobility, per un controvalore di 2,91 miliardi di dollari USA. Google aveva completato poco meno di 2 anni fa l'acquisizione di Motorola per una cifra pari a 12,5 miliardi di dollari.

L'accordo non prevede la cessione a Lenovo delle proprietà intellettuali che erano state sviluppate originariamente da Motorola e che erano diventate proprietà di Google, ma della sola divisione responsabile di sviluppo e produzione degli smartphone.

Vendere a poco meno di 3 miliardi di dollari qualcosa che è stato acquistato meno di 2 anni fa a 12,5 miliardi può sembrare una vera e propria disfatta per Google in termini finanziari, sommando a questo i risultati trimestrali non di certo entusiasmanti ottenuti da Motorola nel periodo di proprietà di Google. Le cose vanno però valutate correttamente per quello che sono: quanto Google vende quest'oggi non è quello che Google ha acquistato meno di 2 anni fa.

Il prezzo d'acquisto iniziale di 12,5 miliardi di dollari includeva liquidi per circa circa 3 miliardi di dollari accumulato da Motorola e 1 miliardo in crediti sulle imposte. Google ha venduto nel frattempo la divisione di Motorola responsabile per lo sviluppo di modem e set top box per 2,4 miliardi mentre la vendita a Lenovo riguarda la sola divisione hardware specializzata nella produzione di smartphone. A Google rimane un controvalore di 3,2 miliardi di dollari per il pacchetto di brevetti sviluppato da Motorola, complesso che ha una valutazione di mercato che come minimo può essere quantificato in 5,5 miliardi di dollari. Ecco che un'operazione che a prima vista può sembrare in forte perdita per Google si rivela essere tutt'altro che un flop per l'azienda americana.

Passando a Lenovo non può che sorprendere il comportamento di quest'azienda che ritorna sul mercato una settimana dopo aver annunciato l'acquisizione della divisione server x86 di IBM. Da tempo si vociferava della volontà di Lenovo di acquistare uno dei marchi storici del settore degli smartphone e in più occasioni BlackBerry era stata indicata come possibile obiettivo. Con Motorola, e continuando a mantenerne il nome sul mercato, Lenovo può puntare a guadagnare rapidamente quote di mercato nel settore degli smartphone nei mercati europeo e nord americano, continuando a mantenere una forte presenza in Cina con i prodotti a proprio marchio.

In questi anni Lenovo è stata capace di diventare il primo produttore di PC a livello globale ed emerge in modo chiaro la volontà di seguire simile traiettoria anche per il settore degli smartphone. L'accordo verrà valutato nelle prossime settimane da parte delle autorità competenti tanto in nord America come in Cina. Come sempre accade in questi casi, pertanto, sarà necessario attendere prima che l'operazione possa definirsi definitivamente conclusa. I 2,91 miliardi di dollari di controvalore verranno erogati con 660 milioni in contanti, 750 milioni in azioni Lenovo e 1,5 miliardi di dollari dopo 3 anni dalla chiusura dell'operazione.

Queste sono considerazioni attinenti al popolare brand cinese, ma quali implicazioni potrebbe avere questa vendita per Big G? Solo qualche tempo fa, era trapelata la notizia secondo cui Google, diceva addio ai terminali Nexus.

Prima l'intenzione di abbandonare il progetto di uno smartphone pensato completamente attorno ad Android. Google si è detta intenzionata ad intensificare i suoi sforzi verso i terminali Android nelle versioni Google Play Edition. Mettendo insieme questa notizia e la vendita del comparto produttivo degli smartphone Motorola, possiamo giungere ad una conclusione: Google sta prendendo le distanze dall'universo smartphone, per dedicarsi completamente al software dedicato. Sarà così semplice?
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mercoledì 29 gennaio 2014

L'intreccio tra BitCoin e il Deep Web

Già da qualche tempo, stiamo battendo la strada dei BitCoin, la nuova "moneta di scambio" data in pasto al web. Più di una volta abbiamo affrontato il tema della nuova moneta virtuale, osservando i fenomeni che l'hanno portato in breve tempo, ad affondare le proprie radici nella vita degli utenti, frequentatori della rete.


Dal 2009, quando i BitCoin fecero capolino nel web, ad oggi,  la valuta digitale ha fatto molta strada. Deve il conio a Satoshi Nakamoto, pseudonimo del suo creatore che ha realizzato un sistema di transazioni distribuite lungo la rete attraverso un database che le segue tutte, garantendo l'utilizzo del denaro solo al suo proprietario in tutta sicurezza tramite un sistema criptato e gestito dal network medesimo. Ecco che, grazie a questa procedura, si riesce ad evitare l'impiego degli intermediari che notoriamente conosciamo.

Il sistema di Cryptoccurrency trova in BitCoin il primo e più importante modello di sviluppo. A partire infatti da un portafoglio virtuale che creerete comprando bitcoin dai diversi circuiti autorizzati alla vendita, con Postepay su BitBoat.net o da TheRockTrading.com, Btc-e.com e Bitstamp.net.

Da qui in avanti avrete il vostro "bitborsellino" che vi assegnerà una chiave criptata sul vostro PC o presso enti terzi che come banche virtuali conservano e proteggono il vostro capitale.

Forse ricorderete la vicenda davvero beffarda che ha coinvolto, qualche mese fa, un povero ragazzo gallese (James Howells) che, dopo aver deciso di rottamare il proprio PC, scordò di conservare l'HDD sul quale era salvato il codice segreto del proprio conto BitCoin. Aveva acquistato 7.500 BitCoin molti anni prima, per circa 735 euro, eppure, al momento dell'insano gesto, il conto ammontava a circa 5,5 milioni. 

Nonostante questo malaugurato caso, il fatto di possedere una chiave univoca associata al proprio PC, rende possibile lo spostamento di danaro in forma anonima con altri possessori di un account BitCoin. Senza filtro, il circuito peer-to-peer di fatto nega qualunque intromissione di terzi nello scambio.

La nuova moneta è stata appena promossa dal senato americano e dalla Federal Reserve che ha dichiarato valido lo scambio economico attraverso il nuovo sistema finanziario, sostenendone di fatto la popolarità. 

Popolarità, insomma che sebbene per il momento non equiparano Bitcoin alla solidità dei sistemi a capitale monetario esistenti, lo vedono ampliare quotidianamente il proprio campo d'azione soprattutto nello scambio di autovetture, beni tecnologici (soprattutto su Bitroad.co.uk e Bitcoinstore.com) e servizi software. Naturalmente un grande polverone è quello sollevato dal trading fra BitCoin e le altre valute, in previsione della salita del valore di mercato dei BitCoin e dunque dell'accumulo di pacchetti di moneta.

Sostenitori illustri. Fra ricchezza ed establishment governative. E' davvero così: ha ricevuto il primo (mega) pagamento in BitCoin per uno dei suoi servizi lunari, Richard Branson, il magnate delle stelle e numero uno di Virgin Galactic, primissima linea aerea per viaggi spaziali, con sede ad Abu Dhabi.

Come è immaginabile, gli stessi punti di forza del sistema rappresentano un po' i suoi punti deboli: l'impossibilità di controllare la provenienza della moneta, e arriviamo al secondo tema del giorno: il Deep Web, ovvero quella realtà suburbana realizzata nelle retrovie di internet.

Ma cos'è il Deep Web o altrimenti detto  Dark Net? Per accedere, basta seguire una semplice procedura guidata, attraverso il quale vi sarà possibile guidare in perfetto anonimato, camuffando il vostro indirizzo IP, o per meglio dire, reindirizzando il vostro indirizzo. Un po' lo stesso metodo di criptazione utilizzato dal protocollo BitCoin, secondo cui le transazioni si appoggiano su server di tutto il mondo per poi tornare a destinazione, concludendo il loop.

La rete sotterranea di siti web facenti parte di questo famigerato Deep Web, abbraccia numerose proposte, tra cui siti che sponsorizzano e trafficano droghe, farmaci illegali e armi e al contempo, è terreno fertile per far proliferare immagini pedo-pornografiche e una piazza di incontro per pedofili e personaggi di dubbia morale. 

Uno dei siti più conosciuti nel settore è Silk Road (la Via della Seta), chiuso l'ottobre scorso, perché ritenuto l'"eBay delle droghe". Tale sito era considerato il mercato in cui si comprava e si vendeva un po' di tutto, in particolare droghe illegali. Queste compravendite erano possibili grazie all'uso dei BitCoin.

Uno rappresenta il simbolo del conio virtuale libero e l'altro rappresenta, o meglio ha rappresentato per anni, il mercato delle merci illegali, eppure le due realtà non sono affatto disgiunte:

Il primo BitCoin viene scambiato nel 2006, anche prese piede solo qualche anno dopo. Dread Pirate Roberts, non perse tempo e non si lasciò sfuggire un'occasione così prolifica infatti, nel gennaio del 2011 inaugurò il sito di Silk Road. Il mese seguente, il valore di BitCoin triplicò, fu allora che il Senato USA aprì un'inchiesta sul nesso fra Bitcoin e Silk Road.

A novembre il BitCoin perse il 90% del suo valore. Quest'ultimo è assai volatile in quanto le fluttuazioni dipendono dalla fiducia degli utenti e dei mercati. L'ostilità delle autorità statunitensi, evidentemente ne causarono l'oscillazione negativa.

Solo nel 2013, però, l'FBI localizzò e arrestò a San Francisco Ross William Ulbricht, la persona accusata di essere "Dread Pirate Roberts". Al momento dell'arresto Ulbricht era in possesso di 3,6 milioni di Bitcoin, l'equivalente, ai valori di oggi, di 2,3 miliardi di euro. Silk Road venne chiusa e i Bitcoin persero il 15%, ma recuperarono rapidamente il loro valore nei giorni successivi.

Nel mese di Novembre, venne però fondata Silk Road 2.0, e corrispose ad un'impennata del valore dei BitCoin, triplicando esattamente il suo valore. Su Silk Road, fino alla sua chiusura, si erano scambiate merci per un controvalore stimato di 1,2 miliardi di dollari USA.

Il valore attuale del BTC varia leggermente in funzione della piazza sulla quale viene scambiato. Il valore medio di riferimento odierno della piattaforma giapponese MtGox è 915,69 USD o 676,51 EUR per 1 BTC.

Ora, per dovere di cronaca, il Deep Web non è una sorta di paradiso dell'illegalità privo di controlli. Per fortuna aggiungerei, quindi, anche se la rete si è creata una nicchia oscura, seppur molto prolifera, la polizia postale cerca di sventare le realtà torbide e disgustose quotidianamente.

Quanto più si scava, tanto più ci si sporca le mani, in questo caso, più ci si immerge nel Deep Web, tanto più grossi saranno i guai in cui vi andrete a cacciare.
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martedì 28 gennaio 2014

Le novità di Google: Glass e non solo!

Chi segue la nostra pagina Twitter, saprà che Google in questo periodo si sta lanciando in acquisizioni mirate, anche se apparentemente molto distanti tra loro.


La lungimiranza della Società creata da Larry Page, è avallata dalla notizia di oggi. Google sta investendo molto nella robotica e nell'AI e il collegamento verrebbe immediato: il recente acquisto di DeepMind per 500 milioni di dollari punta proprio ad implementare questo settore.

Ecco a seguire il tweet di ieri:

Forse, però, le apparenze a volte ingannano, infatti, sembra che l'intenzione sia quello di usare le tecnologie e le competenze della startup per migliorare i sistemi di ricerca di Big G.

Stando a quanto scrive Re/Code le menti di DeepMind non saranno agli ordini di Andy Rubin, che guida il team impegnato nella robotica. Il loro riferimento sarà l'esperto di ricerca Jeff Dean: quest'ultimo è un maestro nello sviluppo di sistemi di reti neurali per l'identificazione dei dati e pare che DeepMind abbia in passato lavorato su "un sistema di raccomandazione più intelligente per il commercio online e su qualcosa che ha a che fare con le immagini".

Sempre secondo Re/Code, pare siano stati quelli di DeepMind ad insistere perché Google creasse un comitato etico che monitori quello che si può o non si può fare con la tecnologia AI. E se è vero che questa tecnologia sarà applicata alla ricerca, è il caso che questo comitato tenga alta l'attenzione sulla privacy, settore nel quale Google non è proprio un grande esempio.

Ma non è l'unica notizia a riguardare Google; infatti, anche se Samsung, nella giornata di oggi, ha lanciato la sfida con i "suoi Google Glass", Big G è sempre un passo avanti.


Superato il primo impatto con un design avveniristico, ma ancora assai poco pratico, Google sta lavorando all'aspetto estetico dei suoi fantastici occhiali e, insieme a VSP ha annunciato la disponibilità di quattro montature in titanio che possono essere integrate sui Google Glass. Le montature permettono l'installazione di lenti da vista, caratteristica da tempo richiesta da coloro che hanno a disposizione l'Explorer Edition, i primi prototipi proposti a circa 1.500$ da Google.


Le montature fanno parte della "Titanium Collection", metallo scelto per limitare il peso complessivo del dispositivo. I modelli in vendita attualmente sono quattro: Split, Thin, Bold e Curve, proposti al prezzo di 225$.

La partnership con VSP, organizzazione no-profit americana che si occupa di assicurazioni su strumentazioni ottiche per la cura della vista, potrebbe permettere a Google di far conoscere ad una fascia d'utenza nuova i nuovi avveniristici occhiali.

Con una base d'utenza di circa 64 milioni di utenti, VSP offrirà degli sconti per le nuove montature, permettendone l'acquisto al prezzo di 105$, con un risparmio di 150$ sul costo iniziale (a cui verranno aggiunti i costi per le lenti da vista, opzionali). La compagnia sta organizzando un programma, inoltre, per insegnare agli optometristi la corretta installazione e configurazione delle montature nei Glass, per adattarle ai volti dei diversi consumatori.

Questa mossa potrebbe dimostrarsi vincente e portare all'ampliamento del pacchetto clienti dell'azienda. I Google Glass si devono levare questa aurea geek, che suscita una sorta di diffidenza nell'utente medio. Forse questa mossa darà qualche frutto anche in questa direzione.

A testimoniare la minor eccentricità del prodotto, ci sono le dichiarazioni di Steve Lee, Product Management Director per i Google Glass:

Quello che ho notato quando indosso i Glass con le montature in titanio in pubblico è che ottengo meno attenzioni. 

Il connubio tra Gadget e moda sembra sempre più stretto. La chiave di lettura sarà la piena integrazione del lato pratico-tecnologico e quello estetico.
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lunedì 27 gennaio 2014

Anche Apple investe nei pagamenti mobile

Secondo alcune voci riportate dal Wall Street Journal, Apple starebbe tentando di espandere il proprio sistema di pagamento mobile basato su iTunes con il quale acquistare prodotti fisici.


L'idea alla base dell'iniziativa di Cupertino è di sfruttare la versatilità e le potenzialità dei devices iOS come strumenti di pagamento nei negozi fisici e online, con modalità molto sicure grazie all'impiego congiunto di diverse tecnologie.

Il Wall Street Journal riporta che il capo dei servizi Internet di Apple Eddy Cue si sarebbe già incontrato con diverse società operanti nel settore per discutere delle possibili sinergie, e delle modalità con cui lanciare la novità:

Eddy Cue, responsabile dell’iTunes e dell'App Store nonché braccio destro del CEO Tim Cook, si è incontrato coi dirigenti dell’industria tecnologica per discutere dell’interesse di Apple nella gestione dei pagamenti dei beni fisici e dei servizi attraverso i propri dispositivi, secondo le persone vicine alla situazione.
E con un altro segno di interesse da parte della società, Apple ha ricollocato Jennifer Bailey, una dirigente di vecchio corso un tempo dirigeva la propria catena di store online, in un nuovo ruolo per costruire un business dei pagamenti all'interno del gigante tecnologico, hanno confermato tre persone diverse.

E se da una parte Tim Cook afferma che Apple sia ancora immatura per l'incursione in questo mondo, dall'altra la società ha già iniziato ad assoldare esperti in eCommerce . Senza contare che la piattaforma, praticamente, c'è già: PassBook, EasyPay, l'applicazione Apple Store, e ora stanno arrivando anche gli iBeacon basati su Bluetooth.

A Cupertino, dovranno tenere in conto che il mercato non è affatto vergine, infatti, realtà già radicate come PayPal, Square e Google hanno fatto capolino sulla scena da qualche anno e ne detengono l'oligopolio.

La forza di Apple, però, risiede nel pacchetto clienti gestito da iTunes (oltre 575 milioni di utenti registrati), aspetto sicuramente da non sottovalutare. Già attualmente i negozi Apple permettono ai clienti di pagare i prodotti tramite i loro account dello store online.

Attualmente, è tutto in fase speculativa, ma presto verranno messe le carte in tavola e la questione sarà chiara per tutti.
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sabato 25 gennaio 2014

Dagli USA il Bismuturo di Sodio

Grafene: tena affrontato più e più volte nel nostro blog, in quanto secondo noi rappresenta il meta-materiale del futuro. Se siete nostri blogUtenti, e ci seguite con assiduità, questo già lo sapete.


Oggi, però, grazie alla notizia che ci arriva dagli Stati Uniti, dovremo rivalutare la posizione del grafene nel panorama dei materiali visionari e futuribili.

Presso il Dipartimento dell'Energia USA dei Berkeley National Laboratory, infatti, un gruppo di ricercatori ha scoperto ciò che può essere ritenuto a tutti gli effetti una controparte tridimensionale del grafene, il materiale costituito da un foglio di carbonio dello spessore di un atomo e le cui proprietà fisiche lo rendono particolarmente promettente per il futuro della tecnologia.

I ricercatori hanno scoperto che il Bismuturo di Sodio (Na3Bi) può esistere in una forma di materia quantistica come semimetallo tridimensionale topologico di Dirac (3DTDS - 3D Topologic Dirac Semi-metal). Si tratta della prima conferma sperimentale della presenza di fermioni di Dirac atre dimensioni all'interno di un materiale, un nuovo stato solo recentemente teorizzato.

Un materiale 3DTDS è una naturale controparte tridimensionale del grafene con proprietà simili o anche migliori. I fermioni di Dirac a tre dimensioni all'interno del materiale 3DTDS caratterizzano inoltre una magnetoresistenza lineare non saturante che può essere di ordini di grandezza superiore rispetto ai materiali oggi utilizzati negli hard disk, e traccia la strada alla realizzazione di sensori ottici più efficienti

ha spiegato Yulin Chen, fisco dell'University of Oxford che ha coordinato lo studio operando con Berkeley Lab Advanced Light Source, e autore della pubblicazione su Science "Discovery of a Three-dimensional Topological Dirac Semimetal, Na3Bi".

Due dei materiali oggi più interessanti nel panorama dell'alta tecnologia sono il grafene e gli isolanti topologici, questi ultimi materiali cristallini che si comportano come isolanti al loro interno ma come conduttori in superficie. Entrambi hanno fermioni di Dirac a due dimensioni che sono l'origine di proprietà fisiche particolarmente desiderate.

Gli isolanti topologici sono inoltre caratterizzati da una struttura elettronica unica, dove gli elettroni all'interno del materiale si comportano come quelli in un isolante, mentre quelli in superficie si comportano come gli elettroni nel grafene.

Il repentino sviluppo del grafene e degli isolanti topologici ha inoltre sollevato interrogativi se esistano controparti 3D e altri materiali con una topologia inusuale nella loro struttura elettronica. La nostra scoperta risponde ad entrambe le domande. Nel Bismuturo di Sodio che abbiamo studiato le bande di conduzione interna e di valenza si toccano solo su punti discreti e si disperdono linearmente lungo tutte e tre le direzioni del momento per formare fermioni di Dirac a tre dimensioni interni. La topologia di una struttura elettronica 3DTDS è unica come quella degli isolanti topologici

ha spiegato Chen.

Il Bismuturo di Sodio è troppo instabile per poter essere utilizzato senza un packaging adeguato, ma da il via all'esplorazione per lo sviluppo di altri materiali 3DTDS più adatti per i dispositivi di ogni giorno. Il Bismuturo di Sodio può comunque essere impiegato per la dimostrazione di potenziali applicazioni dei sistemi 3DTDS, che sono in grado di offrire qualche vantaggio in più rispetto al grafene.

Un sistema 3DTDS potrebbe mettere a disposizione un consistente miglioramento nell'efficienza rispetto al grafene in varie applicazioni per via del suo volume tridimensonale. La realizzazione di pellicole di grafene di grandi dimensioni continua a rappresentare una sfida: potrebbe essere più facile partendo da sistemi 3DTDS la realizzazione di dispositivi simili a quanto possibile con il grafene per un'ampia gamma di applicazioni

ha commentato Chen.

Un sistema 3DTDS socchiude inoltre la porta a una serie di nuove proprietà fisiche particolarmente utili per le future tecnologie elettroniche: elevato diamagnetismo che diverge quando l'energia si avvicina al punto di Dirac, magnetoresistenza quantistica nell'interno del materiale, uniche strutture Landau sotto forti campi magnetici ed effetti Hall di spin quantistico oscillante. I futuri sistemi 3DTDS possono inoltre rappresentare una piattaforma ideale per le applicazioni di spintronica, ovvero quella branca della scienza che si occupa di memorizzazione ed elaborazione dell'informazione.
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venerdì 24 gennaio 2014

Facebook ha le ore contate... o forse no!

L'arrivo di Facebook ha rivoluzionato il modo di comunicare di un'intera generazione. I ragazzi di tutta la terra hanno iniziato a mostrare se stessi tramite fotografie, mood e post ispirati a sport, politica e cronaca.


Non tutti però stimano i social network, e oltre a noi (posizione assai poco rilevante), anche una delle Università più quotate e prestigiose del globo (Princeton) ha cercato una connessione tra il destino del celebre social network (fb in particolare) ed il decorso di una malattia. 

Due dottorandi dell'Università di Princeton hanno infatti provato a usare gli strumenti dell'epidemiologia per analizzare le tendenze di crescita dei social network, scoprendo che un modello usato per descrivere il contagio da parte di una malattia si applica perfettamente anche alla crescita di servizi come MySpace o Facebook.

Secondo John Cannarella e Joshua Spechler, che utilizzavano il modello anche per fare previsioni per il futuro: Facebook, infatti, stando all'articolo, andrà incontro ad un calo dell'80% degli iscritti nel giro dei prossimi tre anni. Certi sospetti, come sappiamo, e come abbiamo già potuto verificare, non sono esenti dall'influenzare le quotazioni delle Società. Risultato? A Facebook la cosa non dev'essere andata giù, in risposta, sul profilo di Mark Develin, matematico statunitense di fama, attualmente impegnato nel migliorare il motore di ricerca di Facebook, è apparsa oggi una nota, firmata anche dai colleghi Lada Adamic e Sean Taylor e intitolata "Smontando Princeton".

Develin e i colleghi si sono avventati sui due poveri dottorandi, in direzione dei quali si sono concentrate la loro ironia e il loro sarcasmo, facendo notare che il destino nefasto di Facebook sarà lo stesso a cui dovrà far fronte anche l'Università, stando a quanto detto dagli analisti di Princeton, sottolineando infine la superficialità dell'operato e dei protocolli della facoltà. 

Che dite, Mark Zuckerberg dovrà trovarsi un nuovo lavoro, oppure potrà continuare ad occuparsi del suo impero multimilionario?
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giovedì 23 gennaio 2014

Nikon o Canon? Parola a Scott Kelby

Gli amatori della fotografia, i professionisti e persino i neofiti dell'ambiente, sin dai primi passi, si pongono davanti a un grande dilemma: Canon o Nikon?


Fra i tanti che sono passati da qui, anche il fotografo americano Kelby. Il celebre fotografo si è sempre affidato alla fedelissima Nikon ma ora, dopo anni di fedeltà, si è deciso ad attraversare il confine, adottando una reflex della concorrenza.

Nikon o Canon? Questo è il dilemma. Enigma al quale non abbiamo ancora trovato una soluzione univoca, ne noi, ne i migliaia di utenti che popolano i forum a tema fotografico. 

In ogni caso, come già ampiamente spiegato, la scelta del brand per la propria reflex non è affatto secondario. Se da un certo punto di vista, le caratteristiche tecniche sono raffrontabili, dall'altro, ogni fotografo deve cercare il suo personalissimo feeling con il corpo macchina.

Se Pentax e Sony, sono altrettanto performanti delle due concorrenti blasonate Canon e Nikon, le ultime due hanno un seguito decisamente più importante, con un numero di fedelissimi sempre crescente.

La continua rincorsa verso la leadership (primato attualmente detenuto da Canon, anche se per poco) dura da sempre e forse negli ultimi anni, con la grande diffusione che si è avuta delle DSLR, è divenuta ancora più agguerrita.

Chi potrebbe illuminarci sull'evoluzione di questa querelle, se non un fotografo di fama mondiale come 
Scott Kelby?

Scott Kelby è noto soprattutto per la sua attività legata alla divulgazione delle tecniche di post produzione tramite Adobe Photoshop (ha pubblicato oltre 50 testi sul tema) ed è da anni un fedele cliente Nikon. Indicativo potrebbe essere il fatto che di recente, Mr. Kelby avrebbe deciso di abbandonare la casa giallonera e di utilizzare attrezzature Canon.

Sentiamolo direttamente dalle sue parole:


Il celebre fotgrafo imputa il "tradimento" principalmente all'ergonomia, al sistema AF, alla ghiera di controllo rapido e alla resa dei toni degli incarnati.

Rimane quindi una scelta del tutto personale, che attiene principalmente ad un modus operandi. Il consiglio che rimane valido ad ogni livello, rimane quello di entrare in uno store e impugnare la macchina fotografica. Appena la terrete fra le mani, capirete quale fa per voi. Una sorta di amore a prima vista insomma.  
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mercoledì 22 gennaio 2014

Nintendo Fusion: progetti rivolti al Next-gen

Se Microsoft e Sony hanno fatto il loro approdo sul mercato videoludico next-gen, la terza forza in campo, ovvero Nintendo, ha deciso di temporeggiare e differenziare la propria strategia nei confronti della concorrenza. 


WiiU è stato definito sin da subito un flop, e i dati non confortano molto. Il colosso nipponico, quindi, si lancerà presto in un nuovo progetto. Fusion DS e Fusion Terminal: ecco i nomi dei nuovi devices che rimpiazzeranno i meno fortunati 3DS e Wii U.

La popolare azienda giapponese starebbe lavorando per sostituire la sua problematica console Wii U con un nuovo sistema con il termine Fusion nel nome, secondo una fonte che ha riferito a Nintendo News. Fusion, inoltre, sarebbe un brand allargato, che coinvolgerebbe anche i sistemi portatili. Si potrebbe, quindi, pensare che Nintendo stia valutando l'opportunità di creare un ecosistema unico, che accolga al suo interno sia la parte mobile che quella domenstica.

Sembrerebbe, insomma, che Nintendo abbia reagito in maniera veemente alle difficoltà economiche palesate negli ultimi giorni con le nuove stime sull'andamento dell'anno commerciale in corso.

Secondo la fonte di Nintendo News, i nuovi sistemi avrebbero i nomi Fusion DS e Fusion Terminal. La console portatile disporrebbe di una CPU ARM e una GPU Adreno 420 personalizzata. Non è noto il produttore della CPU, mentre della GPU se ne occuperebbe AMD. Inoltre, questa ipotetica console portatile conterebbe su 3 GB di memoria di sistema, dei quali 2 utilizzabili dai giochi.

Terminal, invece, sarebbe la console domestica dotata di GPU AMD Radeon HD RX 200 personalizzata e di CPU IBM Power con architettura a 64bit e 8 core. Si tratterebbe di un consistente miglioramento rispetto ai sistemi attuali, con la parte domestica allineata in prestazioni a PS4 e Xbox One. Tuttavia, bisognerebbe conoscere le tempistiche per giudicare la bontà della strategia Nintendo: con un rilascio immediato si potrebbe competere con i sistemi già sul mercato, ma se la famiglia di console Fusion raggiungesse i negozi tra molto tempo, i rivali potrebbero nuovamente distaccarla come già successo con Wii U.

Queste specifiche presentano, però, alcune contraddizioni. Le GPU Adreno, ad esempio, sono state sviluppate da Qualcomm e si trovano all'interno di alcuni SoC della famiglia Qualcomm Snapdragon. Non c'è, quindi, nessun legame con AMD come si può invece leggere nelle specifiche non ufficiali. Inoltre, su architettura ARM non è possibile eseguire codice scritto nativamente per l'architettura IBM PowerPC utilizzata da Nintendo nelle attuali console.

Perché Nintendo dovrebbe rinunciare alla retrocompabilità con i suoi vecchi titoli e cambiare completamente architettura hardware?

Nintendo of America acquistò effettivamente il dominio nintendofusion.com nel 2003, ma bisognerà attendere comunque qualche giorno per appurare se questi rumor sono, perlomeno in parte, veritieri. Nintendo, per il momento, si limita a dire che non commenta rumor o speculazioni. Di seguito le specifiche complete, così come le riporta Nintendo News.


Fusion DS

    • CPU: ARMv8-A Cortex-A53 GPU: Custom Adreno 420-based AMD GPU
    • COM MEMORY: 3 GB LPDDR3 (2 GB Games, 1 GB OS)
    • 2 130 mm DVGA (960 x 640) Capacitive Touchscreen
    • Slide Out Design with Custom Swivel Tilt Hinge
    • Upper Screen made of Gorilla Glass, Comes with Magnetic Cover
    • Low End Vibration for Gameplay and App Alerts
    • 2 Motorized Circle Pads for Haptic Feedback
    • Thumbprint Security Scanner with Pulse Sensing Feedback
    • 2 1mp Stereoptic Cameras
    • Multi-Array Microphone
    • A, B, X, Y, D-Pad, L, R, 1, 2 Buttons
    • 3 Axis Tuning Fork Gyroscope, 3 Axis Accelerometer, Magnetometer
    • NFC Reader
    • 3G Chip with GPS Location
    • Bluetooth v4.0 BLE Command Node used to Interface with Bluetooth Devices such as Cell Phones, Tablets
    • 16 Gigabytes of Internal Flash Storage (Possible Future Unit With 32 Gigabytes)
    • Nintendo 3DS Cart Slot
    • SDHC “Holographic Enhanced” Card Slot up to 128 Gigabyte Limit
    • Mini USB I/O
    • 3300 mAh Li-Ion battery

Fusion Terminal

    • GPGPU: Custom Radeon HD RX 200 GPU CODENAME LADY (2816 shaders @ 960 MHz, 4.60 TFLOP/s, Fillrates: 60.6 Gpixel/s, 170 Gtexel/s)
    • CPU: IBM 64-Bit Custom POWER 8-Based IBM 8-Core Processor CODENAME JUMPMAN (2.2 GHz, Shared 6 MB L4 cache)
    • Co-CPU: IBM PowerPC 750-based 1.24 GHz Tri-Core Co-Processor CODENAME HAMMER
    • MEMORY: 4 Gigabytes of Unified DDR4 SDRAM CODENAMED KONG, 2 GB DDR3 RAM @ 1600 MHz (12.8 GB/s) On Die CODENAMED BARREL
    • 802.11 b/g/n Wireless
    • Bluetooth v4.0 BLE
    • 2 USB 3.0
    • 1 Coaxial Cable Input
    • 1 CableCARD Slot
    • 4 Custom Stream-Interface Nodes up to 4 Wii U GamePads
    • Versions with Disk Drive play Wii U Optical Disk (4 Layers Maximum), FUSION Holographic Versatile Disc (HVD) and Nintendo 3DS Card Slot
    • 1 HDMI 2.0 1080p/4K Port
    • Dolby TrueHD 5.1 or 7.1 Surround Sound
    • Inductive Charging Surface for up to 4 FUSION DS or IC-Wii Remote Plus Controllers
    • Two versions: Disk Slot Version with 60 Gigs of Internal Flash Storage and Diskless Version with 300 Gigs of Internal Flash Storage
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martedì 21 gennaio 2014

Baboom: il nuovo servizio streaming offerto da Kim DotCom in anteprima

Quante volte abbiamo visto fallire i piani di Kim DotCom? Prima Megaupload, a cui ha fatto seguito l'arresto, poi il nuovo progetto imprenditoriale e poi quello politico


Kim Dotcom ha mostrato una preview del suo nuovo servizio di streaming e download di musica, Baboom, con un album offerto gratuitamente realizzato dallo stesso Dotcom, dalla moglie e da professionisti del settore.

Due anni dopo aver richiesto la partecipazione di musicisti di fama internazionale per promuovere l'incriminato Megaupload, Kim Dotcom ha scelto artisti più a buon mercato per mostrare un'anteprima di Baboom, nuovo progetto del controverso esponente del mondo informatico.


Il sito è stato lanciato oggi in modalità preview con un design che ricorda un servizio di streaming audio tradizionale con l'aggiunta di elementi social, e con un solo album al suo interno. "Good Times" è un progetto europop realizzato dallo stesso Dotcom con la partecipazione di Printz Board (un membro dello staff di Will.i.am), Mona Dotcom (la moglie di Kim) e altri musicisti non particolarmente famosi.

Nonostante il primo album rilasciato dallo stesso Dotcom sia del tutto gratuito, in futuro Baboom metterà a disposizione contenuti da scaricare a pagamento. Il servizio sarà compatibile con un grosso ventaglio di file audio ad alta definizione, come FLAC e MP3 a 320Kbps, e verrà inoltre supportato da banner pubblicitari per lo streaming gratuito dei contenuti.

Nel frattempo, la grande capacità di Dotcom di autopromuoversi sembra aver pagato ancora. In una sola ora online, Baboom ha infatti raggiunto 80.000 riproduzioni.

Non sono stati rilasciati ulteriori dettagli sul servizio, di cui da oggi conosciamo la sua veste grafica. Lo stesso Dotcom, annunciando Baboom lo scorso settembre, aveva dichiarato che

darà agli artisti libertà, trasparenza e controllo mai visti prima in un servizio musicale online.
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lunedì 20 gennaio 2014

Google Glass e Smartwatch non sono nel mirino dei contraffattori cinesi

Se pensate alla contraffazione, cosa vi viene in mente? Qual è il criterio che porta un oggetto, piuttosto che un altro nella wish list dei prodotti contraffatti?


Ovviamente il successo suscitato nel mercato convenzionale. iPhone, per esempio, ha una serie interminabile di cloni. Non tutti i prodotti tecnologici, però, suscitano lo stesso tipo di interesse nei contraffattori. Prendiamo in considerazione due gadget tecnologici usciti in questi ultimi anni: Google Glass e SmartWatch.

Sembrerebbe che i contraffattori cinesi non credano granché nel successo di questi prodotti e non abbiano intenzione di riprodurre le versioni low cost o per meglio dire "fake".

Quando un prodotto prospetta notevoli possibilità di successo, non manca mai qualcuno che cerca di copiarlo. Si potrebbe dire, quindi, che nessuno ti ruba il lavoro se appari in difficoltà. Secondo quanto CNN riferisce, sembrerebbe che i contraffattori cinesi si siano rifiutati di affrontare il plagio di Google Glass e SmartWatch perché, secondo loro, nessuno vorrà questi prodotti, almeno in una prima fase di introduzione sul mercato.

Se avete sentito le previsioni degli analisti l'anno scorso, probabilmente avrete sentito che il 2014 dovrebbe essere l'anno della tecnologia mobile (SmartWatch, realtà aumentata, Google Glass). Eppure, secondo l'articolo della CNN, tutto sembra indicare il contrario, insomma, non sembrano esserci grandi guadagni alle porte. Questi giocattoli non sono ancora così popolari e la domanda è di gran lunga troppo bassa per attirare la richiesta di contraffazione.

Questo non significa che non saranno mai falsificati, ovviamente! Semplicemente che non è ancora il momento abbastanza redditizio per lanciarsi nel business della duplicazione a basso costo.

Ci potrebbe essere una spiegazione differente che spiega un tale fenomeno. L'utilizzo di tecnologie sempre più sofisticate da parte di Google e della concorrenza, potrebbe mettere in difficoltà persino la schiera di falsari cinesi, assai organizzati nel replicare questi aggeggi. 
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sabato 18 gennaio 2014

Il nuovo aggiornamento di Chrome riduce della metà il consumo di banda sui sistemi operativi mobile iOS e Android

Google ha iniziato il roll-out su iOS e Android di un aggiornamento software per Chrome che introduce  funzionalità che sicuramente avvantaggeranno gli utenti.


Google ha rivelato le nuove funzioni introdotte nelle versioni mobile di Chrome, uno dei browser web più diffusi nelle varie piattaforme su cui è rilasciato. Grazie alle tecnologie proprietarie di compressione dei dati e gestione della banda introdotte con l'ultimo aggiornamento, è infatti possibile risparmiare fino al 50% del traffico dati sul proprio piano telefonico.

La nuova funzionalità è già disponibile sull'app per Android, grazie ad un aggiornamento rilasciato il 16 gennaio sul Play Store. Per attivare l'opzione basta accedere alle Impostazioni dell'applicazione, selezionare "Gestione larghezza di banda" per poi premere su "Riduci utilizzo dati".



Solo su Android viene introdotta la possibilità di aggiungere particolari scorciatoie della pagina web all'interno della schermata Home del dispositivo in uso: lanciando i collegamenti, verranno lanciate le pagine web relative in finestre a pieno schermo come se fossero applicazioni dedicate.

L'aggiornamento non è ancora disponibile ma è imminente anche su dispositivi iOS. In questa versione, oltre alle funzioni di compressione dati, verrà introdotto il supporto nativo al servizio Google Translate, che può essere attivato grazie alla nuova interfaccia che apparirà ogni volta che visiteremo una pagina localizzata in lingua straniera, come succede già su Chrome per desktop e per Android.
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venerdì 17 gennaio 2014

Google: lenti a contatto con sensori destinate ai diabetici e chissà a cos'altro

Dopo un giorno di latitanza, la piccola redazione di Tecnodiary2 torna sul campo, esplorando il mondo di Google e gli investimenti che la riguardano.


Smartphone, Tablet, OS Android, Google Glass e molto altro. Se alcuni progetti risultano lineari e rientrano nelle categorie merceologiche tipicamente del mondo dell'elettronica, altre volte, Google si lancia in sfide sempre più complesse e globali.

Se nel campo dell'entertainment e del mobile gaming è ormai scontato incontrare aziende come Google, lo è molto meno nel campo sanitario. Il progetto prevede la realizzazione di speciali lenti a contatto in grado di monitorare ogni secondo il livello di glucosio nel sangue, informazione molto utile per chi è affetto da diabete.

Google annuncia attraverso il blog ufficiale un progetto di particolare interesse per la collettività, a patto ovviamente di osservarne gli effetti pratici fra qualche anno e possibilmente non a prezzi astronomici. Mettendo da parte queste considerazioni, il progetto è veramente interessante e intende venire incontro alle persone affette da diabete, che sono costrette e monitorare il livello di glucosio presente nel sangue con una cadenza che può essere molto frequente nell'arco della giornata, a seconda della gravità della patologia.

Attualmente il metodo più utilizzato prevede il prelievo di una goccia di sangue con un pungidito, operando poi la misurazione con apparecchi appositi portatili, che integrano sensori per la misurazione della concentrazione del glucosio. In base ai valori riscontrati il malato di diabete capisce se risulta necessaria la somministrazione di insulina, al fine di raggiungere un equilibrio che può però rivelarsi instabile nel corso della giornata, quando sarà necessario ripetere l'operazione.

Google è attualmente al lavoro per trovare un'alternativa al monitoraggio della concentrazione di glucosio nel sangue, cercando una via meno dolorosa e più pratica per chi è affetto da diabete. Questa patologia è purtroppo molto diffusa a livello mondiale, tanto che ne è affetta circa una persona su venti, un dato destinato a peggiorare in base al rapporto pubblicato dalla International Diabetes Federation.


Sulla scia di altri centri di ricerca sparsi nel mondo, Google ha individuato nel liquido lacrimale un'alternativa al sangue per dedurre la concentrazione di glucosio, lavorando su un particolare tipo di lente a contatto in grado di misurarla direttamente. Attualmente le lenti a contatto più diffuse sono realizzate in idrogel siliconici, un materiale che permette una buona idratazione del materiale stesso, inumidito ovviamente dal liquido lacrimale.

Il progetto di Google prevede un doppio strato di questo materiale nel quale viene inserito un sensore più sottile di un capello che, attraverso un minuscolo led, segnala situazioni in cui la concentrazione del glucosio risulta troppo alta o troppo bassa, con misurazioni effettuate ogni secondo. La sperimentazione è già iniziata e offre risultati promettenti, anche se la via per la commercializzazione è ancora lunga, dovendo ancora superare l'approvazione dell'americana FDA, un processo non certo breve.

Poco chiari alcuni punti, come ad esempio da dove arrivi l'alimentazione elettrica per far lampeggiare il minuscolo led, o se è prevista la commercializzazione di lenti graduate con integrato il minuscolo circuito. Resta il fatto che il progetto è molto interessante, e pone le basi per semplificare la quotidianità dei malati di diabete. La tecnologia deputata ad alimentare tali dispositivi, sembrerebbe l'elettrolisi in loco. Non è ancora chiaro, come potrebbe essere implementata.

Il risvolto sanitario potrebbe essere solo uno dei tanti, infatti, tra le voci circolanti in rete, qualcuno vorrebbe l'implementazione dei servizi Google Glass su queste nuove lenti a contatto. Ancora fantascienza? Sinceramente, per quanto sembri assurdo, le risorse di queste Società sono davvero enormi e nascoste, di conseguenza non poniamo limiti alla provvidenza.
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mercoledì 15 gennaio 2014

Anche Facebook "avrà il suo Flipboard"

Si fanno sempre più insistenti le voci secondo cui Facebook starebbe lavorando ad un newsreader in stile Flipboard.


Un articolo di re/code sostiene che il social network potrebbe lanciare questo servizio, con il nome di Paper, entro questo mese.

Per quanti di voi non conoscessero ancora Flipboard, si tratta di un'applicazione gratuita per iPad che permette di creare un social magazine dinamico su misura del lettore. Un po' come il servizio Blinkfeed di HTC.

Lanciata il 20 luglio, ha suscitato subito grande interesse, a partire dalla segnalazione di Robert Scoble sul suo blog Scobleizer. Tant'è che, di lì a poco, il numero di richieste degli utenti ha reso inaccessibile l'applicazione per alcune ore. La pagina principale di Flipboard assembla in tempo reale le notizie di diversi siti e i contenuti condivisi dai propri amici su Facebook e Twitter, aggiornandoli periodicamente. Al momento, Flipboard consente l'accesso solo a questi due social network, ma, stando alle dichiarazioni del fondatore Mike McCue, presto integrerà anche Flickr, Foursquare, Yelp e LinkedIn.

Secondo le “fonti vicine alla questione”, il servizio proposto da Facebook sarà “simile a Flipboard” e prenderà la forma sia di un'app stand-alone che di un'esperienza web per i dispositivi mobili. In sostanza, dovrebbe trattarsi di un aggregatore di notizie e contenuti a tema con gli aggiornamenti di stato degli utenti di Facebook.


Pare che il servizio sia stato originariamente pensato per diventare una funzione del feed di news di Facebook, ma che poi si sia deciso di renderlo indipendente. Sempre secondo re/code, il nuovo servizio potrebbe vedere la luce già entro il mese.

Onestamente, non siamo curiosi di vedere una copia di un'applicazione già esistente che si limita a replicare qualcosa che già esiste, tant'è che pure Blinkfeed, che sostituisce la pagina home degli smartphone HTC con installata la Sense 5, non ha suscitato tutto questo successo. In ogni caso, staremo a vedere!
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martedì 14 gennaio 2014

Trasferimento dati fino a 1 Gbit/s? Possibile con LiFi che sfrutta i segnali luminosi

La tecnologia che portiamo alla vostra attenzione oggi, arriva dalla Francia, e come le ultime novità di queste settimane, arriva direttamente dal CES 2014 di Las Vegas.


In tale occasione, Oledcomm ha mostrato la sua tecnologia per lo scambio di file fra dispositivi mobile, che ha come caratteristica principale quella di utilizzare segnali luminosi per veicolare i dati.

La Società francese ha mostrato smartphone e tablet Android modificati, dotati di un sensore luminoso al posto dell'alloggiamento tipicamente occupato dalla fotocamera frontale. Tramite questa inedita componente, la società promette la possibilità di trasferire file a velocità sino a 1 Gbit/s.

Trasmettitori e ricevitori hanno bisogno ad oggi di un dongle LiFi specifico, da inserire nel jack da 3,5mm per le cuffie, e di un'applicazione per lo scambio dei dati. Mantenendo i due dispositivi in posizione ravvicinata, in modo che niente possa ostacolare il fascio di luce, la società ha mostrato una serie di azioni eseguibili utilizzando la tecnologia proprietaria alla base di LiFi.

Durante la dimostrazione, si legge su Engadget, è stato svelato come sia possibile trasferire o visualizzare fotografie e filmati da entrambi i dispositivi, o lanciare giochi specifici in maniera estremamente rapida. Sfruttando il codice binario che compone i bit di ogni file, in cui lo 0 corrisponde al LED spento, mentre l'1 al LED acceso, il LiFi permette sostanzialmente di codificare qualsiasi contenuto di un dispositivo in fasci luminosi, dando anche la possibilità di trasferirlo ad un altro dispositivo.


Oledcomm sostiene che l'accessorio può essere inoltre utilizzato per lanciare messaggi pubblicitari specificamente pensati per un luogo e per una specifica situazione, in maniera simile a quanto operato da Apple negli store retail con iBeacon. Sul sito della società si legge come i protocolli alla base di LiFi sfruttino gli standard internazionali IEEE 802.15. La tecnologia è il frutto alla base di quattro anni di ricerca scientifica all'Università di Versailles.


Per ottenere i migliori risultati dal punto di vista prestazionale, i tecnici hanno utilizzato i LED, in grado di potersi attivare e spegnere in una minuscola frazione di secondo. Proprio grazie a questa caratteristica delle lampade a LED, il LiFi di Oledcomm permette trasferimenti di file nell'ordine del gigabit al secondo, velocità circa dieci volte superiore rispetto agli standard WiFi più diffusi.

Fra gli obiettivi da raggiungere nel prossimo futuro, la società francese dovrà convincere naturalmente i produttori mobile ad integrare le tecnologie nei propri smartphone, anche se al momento non sono state annunciate novità in tal merito.
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lunedì 13 gennaio 2014

Smart City Traffic Light Assistance by Audi

Pur non essendo argomento cardine del nostro blog, il mondo delle automobile si è scontrato spesso con le nostre "penne digitali", in quanto l'automobile è una realtà complessa, fatta di componenti meccanici, si, ma anche, e sempre più, elettronici: batterie per auto elettriche sempre più performanti, dispositivi di sicurezza e per l'assistenza alla guida.


Toyota, Mercedes, BMW e non solo. Oggi però è il turno di Audi, marchio del lusso a quattro ruote, brand tedesco, rinnovato profondamente nel corso dell'ultimo decennio. Proprio questa visione innovativa e rigenerante, ha portato Audi ad erodere quote di mercato ai colossi che da tempo detenevano "quasi tutta la torta".

Qual è l'ultima trovata della Società con sede a Ingolstadt? Audi si occupa di rendere più piacevole l'esperienza automobilistica, e cosa c'è di più "antipatico" dell'attesa ad un semaforo rosso? Infatti, è proprio di questo che vi volevamo parlare. 

Avete presente l'"onda verde"? Parliamo di quella tipologia di semafori elettronici sincronizzati, che permettono al conducente dell'autovettura di percorrere un tratto di strada con più incroci semaforici trovando sempre via libera.

Audi a preso spunto da questo, creando un sistema integrato nel cruscotto che indica quanto veloce o piano bisogna andare per evitare di incappare in un semaforo rosso e trovare quante più luci verdi possibili.

Questa novità, tanto per cambiare, arriva direttamente dal CES di Las Vegas, tenutosi la settimana scorsa. Questo sistema prende il nome di Smart City Traffic Light Assistance e si basa su fonti di dati locali a proposito dei percorsi dei semafori e delle tempistiche, il tutto collegato via wi-fi all'automobile. Usando questi dati e incrociandoli con la velocità attuale del veicolo, il sistema fornisce il conto alla rovescia del tempo che manca alla prossima luce verde.


In questo modo il guidatore può calibrare la propria velocità in base all'arrivo del via libera al semaforo. La nuova tecnologia di Audi, attualmente in test in Europa, è in grado anche di fermare e far ripartire automaticamente l'auto quando è ferma ad un semaforo rosso per consentire di risparmiare benzina e energia.

Ovviamente, come tutte le tecnologie, potrebbe essere usata nel modo sbagliato, ma ancora una volta, ci si deve attenere al senso di responsabilità che dovrebbe aleggiare in ognuno di noi.
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sabato 11 gennaio 2014

Samsung annuncerà, durante il MWC 2014, i primi smartphone con Tizen OS

Secondo nuove informazioni provenienti dal Giappone, Samsung potrebbe lanciare i primi smartphone basati su sistema operativo Tizen durante il MWC 2014. Non solo, la commercializzazione, stando alle stesse fonti, partirebbe già dal prossimo mese di marzo.


Bisogna ricordare, tuttavia, che Samsung ed HTC avrebbero dovuto rilasciare alcuni dispositivi basati sul nuovo sistema operativo mobile già nel mese di maggio 2012, tempistica mai confermata dalle società. La stessa Samsung aveva annunciato l'arrivo del primo smartphone basato su Tizen entro la fine del 2013, data evidentemente non rispettata. Al momento non sono stati rilasciati dispositivi con Tizen, ad eccezione di un tablet specificatamente pensato per gli sviluppatori.

Secondo quanto riportato da Mainichi, Samsung potrebbe effettuare un annuncio prima dell'inizio del Mobile World Congress 2014, rivelando la data in cui i primi smartphone Tizen verranno rilasciati al pubblico. Il nuovo sistema operativo è largamente atteso in Giappone, Corea del Sud e Cina, stati in cui gli operatori telefonici aspettano l'arrivo di una terza alternativa in diretta contrapposizione al duopolio Android ed iOS.

Durante l'annuncio sarà rivelato anche uno store di applicazioni specifico per Tizen, che verrà rilasciato anch'esso nel mese di marzo, in concomitanza con la disponibilità al pubblico dei primi smartphone. Nell'articolo si legge che anche l'operatore telefonico giapponese Docomo, operatore telefonico nipponico, offrirà uno smartphone Tizen proprietario entro la fine dell'anno.

Fra le compagnie coinvolte nello sviluppo del nuovo sistema operativo abbiamo nomi come Samsung, Intel, Fujitsu e Huawei, mentre gli operatori telefonici Docomo, Vodafone e Orange si sono mostrati più volte interessati al progetto. Si è anche detto in passato come Tizen rappresenti per Samsung la possibilità di distaccarsi progressivamente da Android, in modo da dimostrare che il successo della società sia dovuto non solo al sistema operativo mobile di Mountain View, ma soprattutto alla qualità dei dispositivi prodotti.
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venerdì 10 gennaio 2014

Internet delle Cose: spunti dal CES 2014 e riflessioni su numeri e percentuali

Si conclude oggi il CES 2014, tante le novità; parecchie sono state raccontate anche da noi di Tecnodiary2.


TV dotati di risoluzioni pazzesche, smartphone innovativi, notebook con OS ibrido (Windows/Android.) di doppio OS, la StreamMachine di Valve nelle sue 14 declinazioni, smartwatch sempre più "intelligenti" indipendenti dallo smartphone, CPU multi-core, videogames assai attesi, ecc.

Non vi basta? Il Consumer Electronics Show non delude nemmeno i più insaziabili, affrontando uno fra i temi sempre più in dibattuti e curiosi: internet delle cose. L'interazione fra elettrodomestici utilizzati comunemente nella vita quotidiana e tecnologia è sempre più forte e ben celata. Davvero diversa da come ce l'aspettavamo negli anni 80'. Niente robot e strumentazioni futuristiche, certo, eppure la domotica ha reso la nostra vita più comoda, superando le aspettative di tutti, senza ingombrare e dare troppo nell'occhio.

La rivoluzione dell'Internet of Things, infatti, ha preso piede anche in Italia, e i numeri sembrano promettenti. Secondo Osservatori.net nel nostro Paese, a fine 2012, c'erano circa 5 milioni di smart device su network cellulare. Una crescita del 25% rispetto al 2011, e un giro d'affari stimato intorno a 810 milioni di euro di fatturato. 

La situazione descritta nel report ha registrato anche molti altri aspetti della nuvola intelligente. Data per scontata la prevalenza delle connessioni cellulari - secondo MobiLens, il 51% degli utenti mobile italiani ha uno smartphone - non sorprende che le percentuali di diffusione e il valore di mercato dei 5 milioni di smart device varino molto a seconda del settore in cui sono impiegati. 

Questa rivoluzione, non riguarda solo la casa, non a caso, il primo settore ad esserne influenzato è quello dell'automotive,che attira il 42% degli smart device e il 26% del fatturato. Si tratta soprattutto di sistemi di localizzazione GPS e scatole nere per la registrazione dei parametri di guida a scopo di tutela assicurativa. Tuttavia, oltre a queste tecnologie poco avanzate c'è spazio anche per sistemi più raffinati di infomobility disponibili su cellulare o navigatori satellitari di nuova generazione. 

Sul secondo gradino del podio troviamo lo smart metering, che con 1,4 milioni di contatori intelligenti connessi alla rete (la PLC - Power Line Communication) si aggiudica il 28% della torta e il 17% del fatturato. La maggior parte del mercato è rappresentata dai contatori elettrici privati, ma iniziano anche a farsi strada nuove soluzioni per la lettura del gas in impianti industriali.

La medaglia di bronzo va allo smart asset management, con 500mila dispositivi connessi (7% del fatturato). Si tratta, soprattutto, di applicazioni a bassa tecnologia studiate per rilevare manomissioni di videopoker e monitorare il funzionamento degli ascensori. C'è poi il settore smart home & building, con circa 450mila dispositivi con alto valore di mercato (27%) dedicati, in particolare, ai sistemi antintrusione e alla gestione di impianti di climatizzazione in remoto. 

Dopo aver inquadrato la questione, possiamo tornare al CES 2014: se vi dicessi Discovery iQ Dual-Fuel Smart Range, cosa vi fa pensare?
Lasciate stare, non ci arriverete mai. Stiamo parlando di un tablet Android integrato in un elettrodomestico insolito: una cucina.


Dacor, produttore di elettrodomestici statunitense, ha sviluppato una cucina che integra sulla parte frontale un tablet da 7 pollici che gira con Android 4.0. Grazie all'app iQ Discovery, è possibile gestire il forno letteralmente in punta di dita. Certo, è una cucina un po' ingombrante, dato che misura ben 1,2 metro di larghezza e non è nemmeno economica, dato che per aggiudicarvela dovrete sborsare 12.000 dollari (circa 9000 euro). Pare, però, che sia in arrivo una versione da 90 centimetri, più adatto ad una cucina dalle misure più standard.

Un'americanata ci verrebbe da dire, però la notizia è un'altra, ovvero la tendenza del mondo domestico (e non solo) all'informatizzazione di tutti ciò che ci sta attorno. Auto, gestione informazioni  o semplicemente elettrodomestici intelligenti. 

La diffusione sempre più capillare di questi "gingilli", porta con se dei benefici per quanto riguarda dei costi, però genera anche delle problematiche fin'ora ignorate. Più il numero di device intelligenti cresce, più è importante individuare soluzione tecnologiche adeguate per farli comunicare tra loro, soprattutto all'interno delle smart city: parliamo di frequenze. Dato che sarebbe impensabile connettere ogni contatore del gas attraverso una rete Wi-Fi o Bluetooth ad alta frequenza (2400 MHz), per questioni di costo, alimentazione e sicurezza, di conseguenza bisogna individuare delle soluzioni alternative. 

Secondo Osservatori.net, la risposta alle richieste della IoT arrivano dalle reti di comunicazione a bassa frequenza come le Mesh low-power (433-868 MHz) e le WmBus (fino a 169 MHz). Queste tecnologie richiedono meno dispendio di energia rispetto al Wifi e gestiscono una mole di dati sufficiente a sostenere una architettura di rete complessa. Un altro vantaggio della trasmissione a bassa frequenza riguarda l'ottimizzazione e riduzione del numero dei punti di concentrazione del segnale: se si utilizzasse un'unica frequenza, per esempio la 169 MHz, più versatile e adatta a quasi tutti i servizi, i costi di installazione sarebbero abbattuti sensibilmente. Ancora meglio se le strategie di conversione a smart city venissero adottate non su scala di quartiere, ma di intera cittadina. Nel caso di una Smart Urban Infrastructure (Sui) a monofrequenza, i costi di investimento sarebbero ridotti del 25-50% e quelli operativi del 50-70%. 

Ricordate però che siamo in Italia, Paese dove la burocrazia imbriglia tutto quanto, compreso le idee. Attualmente, la normativa italiana impone che la frequenza a 169 MHz sia impiegata solo per alcuni servizi di telesoccorso e smart metering. Inoltre, le antenne di ricezione a bassa frequenza sono più ingombranti e incompatibili con dispositivi in movimento. Un altro serio problema riguarda la disponibilità di banda: al crescere del numero di dispositivi connessi, sarà sempre più oneroso far viaggiare i dati IoT. Il rischio è quello di imbattersi in colli di bottiglia che rallenterebbero tutta la rete.

La capillarità di tali servizi e la mole di utenti che li adottano, attualmente sono in crescita, di conseguenza il problema, prima o poi, va affrontato. Perché non farlo subito?
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