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martedì 9 febbraio 2016

Batterie, Litio, Silicio e Grafene

Un gruppo di scienziati della Stanford University e del Dipartimento dell'Energia dello SLAC National Accelerator Laboratory statunitense, ha sviluppato un metodo che rende possibile la realizzazione di batterie litio-ione con anodi di silicio.


Questo tipo di anodo è in grado di conservare una quantità di energia per carica 10 volte superiore rispetto agli anodi esistenti in commercio, e consentire di conseguenza la realizzazione di batterie ad alte prestazioni più piccole e più leggere. 

Durante la carica le particelle di silicio si gonfiano tre volte tanto rispetto alla loro dimensione originale fino a quando non si incrinano e si frantumano. Le particelle reagiscono inoltre con l'elettrolita della batteria e formano una pellicola che compromette le loro prestazioni. Per mitigare questo genere di problema i ricercatori hanno avvolto ciascuna particella di silicio in una sorta di "gabbietta" di grafene. 

La gabbietta è di dimensioni sufficientemente ampie da consentire alle particelle di silicio di espandersi durante la carica, ma abbastanza piccole da mantenere insieme tutti i pezzi quando le particelle tendono a infrangersi, così che possano continuare ad operare al massimo delle loro prestazioni. Le gabbiette possono inoltre interrompere le reazioni chimiche distruttive con l'elettrolita. 

Questo nuovo metodo ci permette di usare particelle di silicio molto più grandi, da uno a tre micron di diametro, che sono economiche e ampiamente disponibili. Di fatto le particelle che abbiamo usato sono molto simile allo scarto creato dalla levigatura dei lingotti di silicio usati per la realizzazione di chip. Le particelle di queste dimensioni non hanno mai mostrato un buon comportamento negli anodi delle batterie prima d'ora, quindi questo è un risultato molto entusiasmante, e pensiamo possa offrire una soluzione pratica

ha spiegato Yi Cui, professore associato presso Stanford e che ha coordinato la ricerca. 

Per realizzare le gabbiette di grafene della giusta dimensione, i ricercatori hanno ricoperto le particelle di silicio con nickel e quindi fatto crescere strati di grafene sul nickel che agisce da catalizzatore per promuovere la crescita del graffente.

Come ultimo passo hanno rimosso il nickel tramite un bagno acido, lasciando lo spazio sufficiente nella gabbia di grafene perché la particella di silicio possa espandersi. Il prossimo passo della ricerca è riuscire a ottimizzare il processo e realizzare particelle di silicio "ingabbiate" in sufficienti quantità da poter costruire batterie di test per verificare una loro possibile commercializzazione.
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venerdì 4 dicembre 2015

Batterie al Sodio

Tutti noi, ogni giorno, utilizzano per i nostri devices le (ormai) classiche batterie agli ioni di litio. Queste ultime, però, non solo iniziano a diventare poco affidabili e longeve (e probabilmente ve ne sarete accorti) ma, data la risorsa scarsa, il loro approvvigionamento inizia a diventare complicato.


La maggior parte delle riserve di litio disponibili sul pianeta, e sfruttabili dal punto di vista commerciale, si trovano nell'America Latina (Bolivia, Cile, Argentina) e questo rende la disponibilità delle stesse suscettibile alle instabilità politiche. 

Fin da quando le batterie al litio sono arrivate sul mercato, il mondo della ricerca si è interrogato sulla possibilità di individuare un sostituto al litio, vedendo nel sodio un candidato promettente. 

Disponibile in abbondanza sul pianeta (2,6% nella crosta terrestre, rispetto allo 0,06% del litio), ha la caratteristica di avere delle similitudini chimiche con il litio. L'ostacolo più grosso per l'impiego del sodio nella costruzione di batterie è però rappresentato dallo sviluppo di elettrodi adatti. 

Alla fine di novembre un gruppo di ricercatori francesi del CNRS (Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica) e del CEA (Commissione per l'energia atomica e alternativa) ha annunciato di aver prodotto, in collaborazione con la Research Netwrok on Electrochemical Energy Storate, un prototipo di batteria agli ioni di sodio che può conservare un quantitativo accettabile di carica, in un formato simile a quella di una pila stilo AA.


I ricercatori non hanno spiegato come abbiano realizzato l'elettrodo negativo, proteggendosi con un generico "segreto commerciale", ma nel mese di ottobre gli stessi ricercatori hanno richiesto un brevetto per un elettrodo caratterizzato da una struttura stratificata che prevede l'impiego di un composto di ossido di titanio. 

Laurence Croguennec, scienziato dei materiali presso il CNRS, ha spiegato:

La chimica è molto simile a quella delle batterie al litio e da questo punto di vista non ci sono particolari difficoltà. I meccanismi sono gli stessi e tutto il processo industriale per la loro produzione è il medesimo

Il sodio è però un portatore di carica meno efficiente rispetto al litio, caratteristica che va a condizionare la tensione erogata dalla batteria e che impone quindi l'individuzione di materiali adeguati in grado di compensare il problema. 

Se le batterie agli ioni di sodio riusciranno a raggiungere lo stesso livello delle batterie al lito rappresenta ancora un interrogativo aperto.

Lo sviluppo dell'elettrodo ha richiesto sei mesi, quindi questo ci offre una speranza di miglioramento. Le performance rilevate sono abbastanza buone come punto di partenza e i materiali possono essere ulteriormente ottimizzati

ha spiegato Croguennec.

Per il momento le batterie al sodio hanno una capacità di stoccaggio di 90Wh/kg, comparabile a quella delle prime batterie al litio, e una vita utile di 2000 cicli di carica/scarica:

Non siamo ancora vicini ai livelli di energia che è possibile riscontrare, per esempio, nelle automobili Tesla.

Lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili è l'applicazione attualmente più interessante per le batterie al sodio, dato che possono essere più economiche per unità di energia stoccata e sono dimensionalmente scalabili come le batterie al litio. Anche se i prototipi realizzati sono ancora lontani dalla maturità commerciale, i ricercatori hanno affermato di essere in trattativa con possibili partner.
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venerdì 11 luglio 2014

Batterie agli ioni di litio 2.0

Se siete nostri lettori affezionati, sicuramente saprete che la nostra redazione ha molto a cuore il tema della tecnologia che sta alla base della realizzazione delle batterie.


Sebbene siamo consapevoli del fatto che la completa indipendenza dei devices, da una rete energetica classica, sia davvero troppo avveniristica, auspichiamo, da tempo, l'avvento di celle performanti che permettano a smartphone, tablet, notebook, robot casalinghi e perché no, anche automobili elettriche, di raggiungere autonomie sempre più decorose.

Per capirci, un notebook con autonomia di 2 ore è davvero anacronistico. Che senso può avere un dispositivo portatile, se lo devo collegare alla rete ogni due ore di lavoro? Ecco perché la soluzione scelta da Apple per i suoi Macbook (circa 9 ore di autonomia) sembra davvero più compatibile con le esigenze quotidiane di un utente medio. La combinazione di capacità estesa e ottimizzazione dei processi di carica/scarica, ha reso possibile un risultato davvero insperato, fino a qualche anno prima.

Il progresso non si ferma e, ciò che noi auspichiamo da molto tempo, potrebbe essere presto realtà.

I ricercatori del Bournes College of engineering presso l'University of California Riverside, infatti, hanno sviluppato una nuova batteria agli ioni di litio che supera di tre volte le prestazioni delle medesime batterie, attualmente disponibili.


Qual è l'"ingrediente segreto"? Pare possa essere la silice, che andrebbe a costituire l'anodo della cella.

L'idea è venuta a Zachary Favors (studente del Bournes College) che, durante una passeggiata sulla spiaggia, avrebbe realizzato come la sabbia (composta da  fosse composta sostanzialmente da quarzo), un materiale che risulta essere particolarmente promettente per lo sviluppo di batterie ad alte prestazioni.


La ricerca di Favors si è orientata verso il miglioramento delle caratteristiche dell'anodo, il polo negativo di una batteria, che viene comunemente realizzato impiegando la grafite. Questo materiale però è ormai arrivato al limite delle sue possibilità e non è più in grado di sostenere quelle esigenze di densità di carica e di energia che oggi e in futuro si riveleranno indispensabili per l'evoluzione del panorama elettronico.

Le attività di ricerca nel campo delle batterie si stanno muovendo su una strada che prevede l'impiego di silicio su nanoscala, che però risulta difficile da produrre in grandi quantità e può degradarsi velocemente. E' a questo punto che entra in gioco il quarzo, che altro non è che diossido di silicio.


Favors si è procurato della sabbia ad alta concentrazione di quarzo, che è stata sottoposta dapprima ad una lavorazione per portarne la granulometria nell'ordine dei nanometri ed in seguito ad una serie di processi di purificazione che hanno trasformato il suo colore dal marrone ad un bianco candido. Quanto ottenuto è risultato simile, per colore e aspetto, allo zucchero a velo.

La polvere di quarzo purificata è stata sottoposta ad un ulteriore processo: dapprima miscelata con sale e magnesio (presenti disciolti in grandi quantità nell'acqua marina) e quindi riscaldata. Il sale ha assorbito il calore, permettendo al magnesio di legarsi con le particelle di ossigeno presenti nel quarzo. Favors ha così ottenuto una polvere di silicio puro, per di più nanoscopico.

Ma c'è di più: il silicio risultante mostra una struttura porosa, come fosse una spugna, caratteristica altamente desiderabile per la realizzazione di un anodo per batteria, e proprio ciò che ha consentito di triplicare le prestazioni, dati alla mano dai primi test di laboratorio effettuati, rispetto alle batterie odierne.

E' il sacro graal: una maniera economica, non tossica e amica dell'ambiente per produrre anodi ad alte prestazioni per le batterie agli ioni di litio

ha commentato Favors.

I ricercatori stanno ora lavorando ad un metodo per produrre il nanosilicio su larga scala, partendo dalla polvere di quarzo, e per realizzare batterie simili a quelle presenti negli smartphone di oggi.

E' la rivalorizzazione di ciò che già abbiamo, la strada perseguita da Favors. Quanto ci impiegherà ad essere implementata su larga scala, questa tecnologia? Ci auguriamo non troppo.

In ogni caso, poi, rimarrebbe un altro aspetto da valutare, per quanto concerne le batterie, ovverosia il ciclo utile del prodotto e il deterioramento delle stesse. 

Se è vero che una batteria agli ioni di litio, installata su un notebook, subito dopo l'acquisto può durare 3 o 4 ore, per quanti cicli conserverà le sue performance attuali?
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