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sabato 12 luglio 2014

L'equo compenso "miete le prime vittime"

Politica e tecnologia sembrano non andare d'accordo. Mai come in questi ultimi mesi, però, l'intervento statale in una questione delicata come quella inserita nell'ordine del giorno da SIAE e Ministero dei beni e delle attività culturali.


Ne avevamo parlato qualche giorno fa e ora, quasi tre settimane dopo, cerchiamo di fare il punto della situazione.

Basta dare un'occhiata ai social network per capire quanto controverso sia questo fantomatico #equocompenso (perché, questo è uno dei tag più quotati su Twitter). Il dibattito sul decreto Franceschini non si placa, anzi, dopo le motivazioni addotte alla propria ragion d'essere (al limite del ridicolo aggiungiamo noi, e non solo noi), l'ira degli utenti e delle categorie interessate (perché dovete sapere che coinvolge non solo i produttori di devices elettronici, bensì giornalisti e altre categorie). 

A difendere con maggior forza il decreto è proprio la SIAE, ma questo non stupisce, soprattutto alla luce del fatto che sia il primo organo a giovarne. 
In ogni caso sono due i "filoni difensivi" pro equo compenso:

  1. il primo è uno strillo a gran voce che invoca un adeguamento all'Europa, che nel legislatore è privata di 26 stati lasciando solo Francia e Germania, le uniche usate per fare una media e dimostrare di conseguenza che le tasse Bondi-Franceschini italiane sono non solo accettabili, ma legittime.
  2. il secondo, vero piedistallo della "difesa", riguarda un assurdo di microeconomia. Il decreto, questo è innegabile, prevede l'imposizione della tassa ai produttori, e il ministro Franceschini lo dice a chiare lettere nella nota ministeriale del 20 giugno 2014


GARANTITA LA CREATIVITÀ

"Con questo intervento si garantisce il diritto degli autori e degli artisti alla giusta remunerazione delle loro attività creative, senza gravare sui consumatori."



Sempre il Ministro, nel video dell'audizione del 7 maggio 2014, porta come esempio che "come sapete tutti, la gran parte dei tablet e degli smartphone sono a prezzo fisso", come ad esempio iPhone (sono parole sue, qui il link per sentire al minuto corretto le parole precise).

Eppure i fatti sono lì sotto gli occhi di tutti, tranne di chi non vuol vedere o è stato consigliato male.

Sembra un invito a nozze: andiamo sul sito Apple e simuliamo l'acquisto di un prodotto fra quelli soggetti all'equo compenso (uno smartphone iPhone) e di una borsa per PC, miracolosamente scampata al decreto, poiché permette di trasportare potenzialmente un dispositivo che potenzialmente può essere usato per fare una copia privata (si lo so, fa ridere anche solo a leggerlo).

iPhone 5s


IVA e oneri di legge inclusi. Non viene indicato quali siano questi oneri di legge, ma è facile intuirlo. Si potrebbe però pensare che vi possa essere qualcos'altro, magari legato a particolari politiche commerciali di Apple, allora vediamo un po' se scegliendo un articolo differente, non soggetto all'equo compenso, le cose cambiano.

Pochette per iPhone 5s e borsa per MacBook Pro


Nel prezzo finale, in questo caso, è inclusa solo l'IVA. Vi invitiamo a ripetere l'operazione, per verificare personalmente la controversia. Per questioni di tempo, abbiamo riportato un solo esempio, tratto dall'Apple Store, ma potrete verificare che anche tutti gli altri produttori fanno ricadere l'equo compenso sull'utente finale.

Scorrendo la pagina dell'acquisto fino in fondo, nelle famose righe in piccolo, si legge poi una cosa interessante:


Avete letto bene, si: "I prezzi comprendono la tassa sul copyright e il contributo per il riciclo, se applicabili", tutto è scritto, basta leggere.

C'è un'ultima possibilità: il nuovo decreto entra in vigore fra qualche giorno, motivo per cui saremmo davvero contenti di vedere che questi prezzi non cambieranno, confermandoci che il Ministero è davvero riuscito ad imporre ai produttori di accollarsi la tassa (che, ricordiamo, per un hard disk da 2TB esterno è di ben 20 Euro, considerando che ogni GB implica un contributo di € 0,01).

Per farvi un'idea più precisa delle implicazioni economiche che avrà questo contributo (a carico di produttori e importatori di prodotti elettronici che sono in grado di registrare o riprodurre contenuti protetti da diritto d'autore), potete consultare la gazzetta ufficiale all'articolo 2.

Non ci rimane che tenere monitorati i prezzi e illuderci che il Ministero abbia fatto un buon lavoro. C'è da augurarsi, almeno, che quest'ultimo abbia firmato l'accordo mal consigliato e, quindi, in buona fede.
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lunedì 23 giugno 2014

Franceschini firma il decreto "equo compenso". Al via le polemiche

Era nell'aria ed finalmente (forse) è arrivato. Stiamo parlando del decreto volto ad adeguare le tariffe dovute da chi usufruisce a titolo privato di contenuti multimediali, come la legge sul diritto d'autore prevede.


La questione non verte sul legittimo diritto di salvaguardare le opere di ingegno e i compensi che spettano a chi produce contenuti: ci troviamo di fronte più che altro ad una ennesima prova di menefreghismo e sordità nei confronti di molte delle parti chiamate al tavolo di discussione (in pratica è stata ascoltata solo la SIAE), e su una ben più grave modalità di raccolta di soldi tramite una tassa (sì, una tassa, ma ci torniamo dopo) applicata in molti casi senza alcun criterio logico (in ultima pagina trovate le motivazioni, già espresse anche in altri articoli).

Ma di cosa si tratta esattamente?

Dario Franceschini è ministro dal 22 febbraio 2014, motivo per cui possiamo portare a sua discolpa il fatto di essere in questa posizione istituzionale da poco, "ereditando" gran parte dei lavori già impostati dal suo predecessore Massimo Bray.

Sarebbe ingiusto parlare di ignoranza e di legiferazione su un argomento non conosciuto; riportiamo infatti il video di un tavolo di discussione parlamentare pubblicato il 7 maggio 2014 (durata oltre 40 minuti, ma ne vale la pena), in cui il ministro sembra conscio delle problematiche (o almeno di alcune) che gravitano intorno allo spinoso argomento.

Quello che indigna la rete, gli addetti ai lavori e i cittadini più informati è che nulla cambia rispetto alla vergogna della legge vigente, se non che ora pagheremo molto di più rispetto a prima andando ad acquistare qualsiasi apparecchio in grado di registrare o riprodurre materiale multimediale, a prescindere che sia usato per godere di contenuti protetti dal diritto d'autore oppure no. Acquistiamo una memory card per la macchina fotografica? Una parte di quei soldi andrà agli iscritti alla SIAE. Evidentemente è assurdo per tutti tranne che per il legislatore e la SIAE.


E' evidente che il ministro, nel video, dimostra di essere a conoscenza di alcune problematiche che affliggono il Paese (in tema di diritto d'autore nella fattispecie), ma commette l'errore "madornale" di ascoltare univocamente il punto di vista della SIAE (non a caso beneficiario del decreto).

L'esordio del video di Galan, poi, non si confà di certo ad un Ministro (lo fu durante il Governo Berlusconi), ma è l'interventi di Franceschini che ci lascia basiti. Dire che gli oneri ricadranno solamente sui produttori di periferiche per la memorizzazione e sulle Società che li importano, è eufemisticamente una sottovalutazione del problema. Da che mondo e mondo, l'incremento della tassazione sulle Aziende, si ripercuote sul prezzo finale d'acquisto dei beni e di conseguenza sui consumatori.

In ogni caso, il tavolo delle trattative (con le molte parti in causa) non ha portato a nulla, come affermato dallo stesso ministro. Esattamente come il decreto Bondi, la nota ministeriale sembra scritta sotto dettatura SIAE e cerca di convincerci sulla bontà della causa, senza riuscirci minimamente, non sul concetto di base, ma sulle modalità. I principali protagonisti della nota sono smartphone e tablet, ovvero la vacca più grassa da mungere al giorno d'oggi, ma seguirà anche la liste di tutti i dispositivi elettronici in grado di archiviare e/o riprodurre contenuti multimediali.

La SIAE sarà sicuramente soddisfatta di questo risultato, non i può dire lo stesso delle altre parti in causa, compresi i consumatori.

Ancora una volta, il Governo si premura di tutelare le caste, non pensando al progresso, imbrigliando ancora di più l'iter burocratico che da sempre è nemico dell'evoluzione, nella fattispecie del progresso tecnologico.

Investireste mai su un'Azienda che fa investimenti controproducenti per voi e per (quasi) tutta la comunità?
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