venerdì 28 novembre 2014

Google sotto osservazione del Parlamento Europeo

Anche se in modo tardivo e, soprattutto, malgrado non sia vincolante, una recente assemblea, tenutasi al Parlamento Europeo, ha votato una mozione riguardante Google e i propri servizi, offerti in abbinamento a quelli di motore di ricerca, ottenendo il consenso di 384 eurodeputati (174 voti contrari e 56 astenuti).


L'UE ritiene sospetto il comportamento di Google, in quest'ultima è, prima di tutto, un motore di ricerca, anzi il re dei motori di ricerca, come testimonia il ranking dei siti più visitati al mondo in cui si piazza al primo posto fisso da anni.

Google è ovviamente anche molto altro, a cominciare dai servizi commerciali offerti a utenti e aziende, dove a tutti gli effetti Google guadagna soldi.

Allo stato attuale delle cose, ricerche web e servizi a pagamento sono in diversi modi collegati fra loro, perché è possibile, per esempio, acquistare una posizione migliore nelle SERP (Search Engine Results Page, ovvero i risultati ottenuti). Si tratta di un esempio molto semplicistico, ma il punto sta nella coesistenza di quello che è un servizio di ricerca puro e semplice a cui l'internauta si rivolge e i risultati che possono essere per certi versi contrari alla libera concorrenza.

La mozione non vincolante è di fatto un messaggio che il Parlamento Europeo manda alla Commissione Europea, quasi a dire:

che ne dici di indagare un po' su Google per capire se si muove nell'ambito del lecito sotto il profilo antitrust?

Sempre nella mozione non si nasconde l'intenzione di proporre a Google una separazione netta dello scenario di ricerca da quello commerciale, che però è di fatto il core business di Google.

Il punto quindi sarà capire se la Commissione Europea riterrà inopportuna o meno la coesistenza dei servizi a pagamento con quello delle ricerche, considerando il fatto che Google detiene a tutti gli effetti una posizione di enorme potere rispetto a qualsiasi altro motore di ricerca.

Servirà capire inoltre se il ranking a pagamento può nuocere e in che misura alle aziende che per diversi motivi non pagano per essere lì nella lista, ma stiamo ovviamente sconfinando nello spinoso scontro fra UE e USA.

Ciò che negli USA è libero mercato, anche molto aggressivo, si è talvolta rivelato eccessivo per gli standard europei, che hanno chiesto di volta in volta un adeguamento del comportamento da tenere nel Vecchio Continente.

Fino ad ora, quindi, Google è e rimane quella di sempre, ma occorrerà tenere d'occhio il problema nei mesi a seguire poiché la Commissione Europea, tirata per la manica dal Parlamento Europeo, una risposta dovrà darla di sicuro.

A volte smuovere le acque non serve a nulla, altre invece, porta alla luce vicende non proprio limpide  (vero Intel e Microsoft?).
Leggi l'intero articolo

giovedì 27 novembre 2014

Sony punta sugli smartwatch di nuova generazione

Secondo le indiscrezioni riportate da Bloomberg, Sony starebbe pianificando il rilascio di uno smartwatch con display e-paper e design curato ed elegante.


La tecnologia potrebbe essere utilizzata sia per la superficie della cassa che per parte del cinturino. Il dispositivo potrebbe nascere, secondo Bloomberg, da una nuova divisione della società formata dal CEO, Kaz Hirai, pensata per rilasciare prodotti innovativi sul mercato.

All'interno della categoria "e-paper" potrebbe essere accolta tutta una serie di tecnologie differenti: si potrebbe pensare al display integrato su Pebble Smartwatch, che utilizza una tecnologia omonima basata sui tradizionalissimi cristalli liquidi, mentre con la stessa nomenclatura si potrebbe intendere un display e-ink, tipico ad esempio degli e-reader e perfettamente visibili al sole.

Entrambe le soluzioni avrebbero l'obiettivo di ridurre al minimo i consumi durante l'uso del dispositivo, una della maggiori problematiche degli indossabili attuali. L'idea di Sony è quella di introdurre sul mercato qualcosa di alternativo, come ai tempi lo erano stati il Walkman o la PlayStation originale: secondo Bloomberg, dal Seed Acceleration Program della società sono nati circa 187 progetti, fra cui 80 sono passati allo stage di approvazione successivo.

Le notizie sui piani per l'innovazione da parte di Sony arrivano in seguito ai primi annunci di ristrutturazione delle line-up di televisori e smartphone. L'obiettivo finale è quello di tornare in positivo, riducendo al minimo le richieste di fornitura e, conseguentemente, le spese di produzione: 

Non puntiamo ad aumentare le quote di mercato, ma a migliorare i profitti

ha recentemente dichiarato Hiroki Totoki, nuovo responsabile della divisione mobile di Sony, a Reuters.

Sony si aspetta che saranno le divisioni gaming e image sensors a pilotare i profitti della società nei prossimi anni, fra cui la seconda potrebbe crescere del 70% grazie al sempreverde settore degli smartphone.
Leggi l'intero articolo

mercoledì 26 novembre 2014

3 miliardi di utenti connessi ad internet: quali le prospettive?

Ecco l'ennesima notizia che mette in luce l'arretratezza tecnologica del nostro Paese. Questa volta, però, riguarda la popolazione italiana e non lo Stato, restio all'innovazione nazionale.


L'International Telecommunications Union (ITU) ha, infatti, rilasciato il Measuring the Information Society Report, nel tentativo di analizzare il fenomeno internet nei vari paesi del mondo, valutandone la crescita, il declino e la capacità di penetrazione che ha in una determinata regione.

Risultato? E' emerso che, al mondo, sono circa 3 miliardi gli utenti interconnessi, con un uso della Rete che è cresciuto di circa il 6,6% nell'anno in corso. I paesi industrializzati guidano la crescita con l'8,7%, che viene leggermente influenzata dai valori a rilento dei paesi in via di sviluppo, quantificabile nel 3,3%.

ITU ha rilevato che gli abbonamenti di servizi di telefonia fissa sono in declino in tutto il mondo, con una penetrazione in calo del 2% nel corso del 2014, con un valore stimato di 1,1 miliardi di utenti registrati con contratti di telefonia fissa. In calo la crescita della penetrazione degli abbonamenti mobile: nel 2014 è quantificabile nel 2,6%, il valore più basso degli ultimi dieci anni, ma non si tratta di un dato negativo.

Nei paesi industrializzati la penetrazione degli abbonamenti mobile è di circa il 121%, con la possibilità di sfiorare i 7 miliardi di abbonamenti attivi in tutto il mondo entro la fine dell'anno. Si tratta, pertanto, di un mercato ormai saturo, che non permette molti margini di crescita nei paesi più ricchi.

Il rapporto ITU, che potete trovare nella sua interezza in questa pagina, considera vari aspetti che vengono racchiusi in un punteggio globale, definito IDI (ICT Development Index), una sorta di benchmark volto ad indicare un valore di sviluppo dell'Information and Communication Technology (ICT) nelle varie regioni del mondo.

Il punteggio finale (IDI) viene stabilito sulla base di 11 categorie di valutazione, suddivise in 3 rami principali:

  • ICT Access, che valuta la penetrazione delle tecnologie su un numero specifico di utenti;
  • ICT Use, che valuta l'utilizzo reale delle tecnologie;
  • ICT Skills.

Il suo obiettivo è quello di dare una misura attendibile del livello e dell'evoluzione nel tempo delle tecnologie ITC in una determinata regione del mondo e valutare lo sviluppo delle tecnologie nei paesi industrializzati e in via di sviluppo e individuare come la loro evoluzione possa riuscire a migliorare la crescita e lo sviluppo.

I dati dell'ultimo rapporto non sono molto confortanti per l'Italia, che resta nella trentaseiesima posizione, la stessa dell'anno scorso. Il nostro IDI è in crescita, è vero, ma ci troviamo ancora in svantaggio rispetto a paesi come Lettonia, Qatar, Barbados, senza dover andare a scomodare Svizzera, Germania o Regno Unito, in posizioni ben più elevate nella classifica. In prima posizione troviamo la Danimarca, che nel 2013 ha superato la Corea del Sud, ed è proprio l'Europa il continente che vanta un valore più elevato.

Tra i paesi UE, tuttavia, l'Italia è fra le ultime posizioni, riuscendo ad anticipare solamente Croazia, Grecia, Lituania, Repubblica Ceca, Portogallo, Polonia e Slovacchia. Gli Stati Uniti occupano invece la quattordicesima posizione, con dati anch'essi stazionari rispetto a quelli dell'anno precedente.

In base ai dati dell'ITU, sono 4,3 miliardi i potenziali utenti che non hanno ancora accesso ad internet (sia su reti fisse che mobile), fra cui il 90% residente in paesi in via di sviluppo. Un buco che i colossi dell'informatica e della tecnologia vogliono coprire a tutti i costi.
Leggi l'intero articolo

martedì 25 novembre 2014

Google Contributor

Provate a pensare all'evoluzione di internet, e alla crescita esponenziale di Google. Ora, con l'ennesimo pezzo del puzzle rivelato al pubblico in questi giorni, ci pare chiaro quanto sia facile pilotare le scelte degli utenti, per i vertici di Big G.


Infatti, proprio in questi giorni, Google ha lanciato un nuovo servizio, attualmente in fase di beta, che permette ai naviganti di pagare una piccola somma mensile per evitare la visualizzazione dei banner pubblicitari all'interno dei siti che utilizzano la piattaforma pubblicitaria di Big G.

Si, avete capito bene, se prima Google si è fatta pagare centinaia e centinaia di dollari per pubblicare annunci, rendendo la rete satura di banner pubblicitari in varie forme e misure, e ora, Big G si propone come risolutore di ogni fonte di disturbo della nostra navigazione, ovviamente a pagamento. 

L'esperimento, a detta della stessa società, è atto a sondare la possibilità di sfruttare metodi di monetizzazione alternativi per i siti web.

Ricordiamo che, come è stato parzialmente anticipato, ad oggi, la stragrande maggioranza delle pagine web vengono supportate dai banner pubblicitari: ad ogni visualizzazione o ad ogni "click" sugli stessi, la società alla base del sito ha diritto ad un tornaconto di tipo economico.

Si tratta di una legge ormai consolidata sul web, che ha portato in via riflessa a fenomeni estremi, come quello del click-baiting, ovvero la strategia studiata appositamente allo scopo di aumentare la curiosità nel lettore.


Con Google Contributor la situazione potrebbe migliorare in tal senso, con contenuti realizzati con un occhio di riguardo più sulla qualità che sulla quantità.

Come funziona? In sostanza, gli utenti che non vogliono visualizzare banner pubblicitari su un particolare sito aderente al programma di Google potranno pagare un piccolo "dazio mensile" di pochi dollari (1, 2 o 3$) per supportare lo stesso sito.

Quando un lettore visita un sito aderente all'iniziativa, Contributor paga una parte della somma del "dazio", piuttosto che una cifra sulla base delle visualizzazioni dei banner. Al posto di questi ultimi, l'utente visualizzerà un piccolo messaggio di ringraziamento in qualità di "collaboratore", mentre sulle app mobile lo spazio potrà essere del tutto rimosso a discrezione di chi si occupa dell'interfaccia.

Il servizio è stato lanciato in collaborazione con 10 partner del mondo dell'editoria statunitense, fra cui Mashable, Imgur, WikiHow e ScienceDaily. Ad oggi non tutti gli utenti possono accedere alle nuove funzionalità di Contributor, dal momento che si tratta di un'opzione offerta ad invito per chi decide di inserirsi nella lista d'attesa con il proprio Google Account. Google offre così una strategia di monetizzazione alternativa che già molti siti stanno considerando.

Negli Stati Uniti, realtà come The Next Web o The Guardian offrono strumenti a pagamento per rimuovere i banner pubblicitari, nel primo caso con un abbonamento annuale da 36,30$, nel secondo con un'opzione per rimuovere le pubblicità dalle app per smartphone e tablet.

Contributor segue Readability, un servizio non troppo fortunato che in precedenza voleva cambiare il web con un metodo non troppo differente. Readability è stato chiuso nel 2012.

Google vuole riuscire dove Readability aveva fallito solamente pochi anni fa, con un esperimento volto a verificare se gli utenti siano veramente disposti a pagare per visualizzare contenuti in un oceano di informazioni quale è per sua natura internet.

La mossa potrebbe però essere strategica da parte di Google: prevedendo un epilogo non dissimile da quello di Readability, in futuro la società potrà contestare le critiche sulla privacy spesso ricevute sull'uso dei banner per il tracciamento dei dettagli sensibili dei propri utenti.

Insomma, come scrive VentureBeat, Google sta dando la possibilità ai propri utenti di sbarazzarsi dei banner e della necessità di tracciare i dati personali ma, se Contributor fallirà, potrà dire che sono stati gli stessi utenti a volerlo.

Insomma Google non perde mai!
Leggi l'intero articolo

lunedì 24 novembre 2014

OnePlus Two nel 2015

Vi ricordate del discusso OnePlus One? Sulla carta pareva essere il dominatore incontrastato degli smartphone d'alta gamma, ma il mercato non fu lusinghiero quanto le aspettative.


Sicuramente molto interessante dal punto di vista tecnico, purtroppo, non ha saputo garantire quel supporto commerciale e di post assistenza, all'altezza di un leader di mercato.

Ora, però, OnePlus fa il bis e prevede di lanciare nel 2015 il suo erede: OnePlus Two (il nome non è ancora ufficiale).

Dovrebbe esordire fra aprile e settembre 2015 ed i piani per il suo rilascio sono già stati svelati il mese scorso da due dirigenti della società su Reddit. Ad oggi non conosciamo informazioni ufficiali, o dettagli su quelle che potrebbero essere le specifiche tecniche, tuttavia OnePlus starebbe vagliando la possibilità di realizzare anche un dispositivo dalle dimensioni ridotte, probabilmente proposto parallelamente al top di gamma.

Nuovi dettagli su OnePlus Two sono stati rilasciati da fonti interne a Business Insider. La pubblicazione statunitense li ha elencati in tre categorie differenti, che riportiamo di seguito:

  • Sarà probabilmente più personalizzabile: OnePlus ha avuto alcuni problemi nel gestire le opzioni di personalizzazione per il primo modello: la società ha rilasciato solo la cover StyleSwap in bamboo, ma per via di alcune problematiche in fase di produzione è stata costretta a rimuoverla dal mercato, vendendo le poche realizzate sulla solita base ad inviti. Sebbene non ci sia alcuna garanzia circa l'efficienza produttiva delle cover per il secondo modello, BI sostiene che la società ne anticiperà la produzione in modo da averne disponibili in volumi già al lancio del telefono;
  • Il prossimo smartphone OnePlus sarà ancora una volta più economico delle controparti Android della concorrenza: il presunto Two avrà un prezzo inferiore ai 500$, nonostante i prevedibili aggiornamenti sul piano tecnico. La società manterrà comunque margini irrisori, catalizzando la propria strategia di monetizzazione altrove,
  • Ci saranno "sorprese in arrivo sul piano hardware": su questo aspetto, forse il più interessante, le fonti citate da BI non si sono sbottonate più di tanto.

OnePlus One è stato rilasciato ad aprile, ma ancora ad oggi è totalmente assente dai canali di rivendita più tradizionali.

Per via degli evidenti limiti produttivi della piccola start-up, nata da alcuni dirigenti di Oppo, OnePlus si è affidata ad uno strano sistema ad inviti che, di fatto, ha tagliato fuori gran parte dell'utenza meno pratica nell'uso di certi strumenti.

Di recente sono stati organizzatidue fasi di pre-order, nel tentativo di espandere sensibilmente la base d'utenza della società.

OnePlus One è stato annunciato come lo "smartphone perfetto" con un listino di 269/299€ nelle versioni da 16 e 64GB, ed è ancora oggi una delle scelte migliori, se non la migliore, per quanto riguarda la qualità in relazione al costo.
Leggi l'intero articolo

sabato 22 novembre 2014

iBeacon + Mattel = la scelta del gioco perfetto

Come scegliere il giocattolo perfetto? Provate a chiedetelo a vostro figlio (se ne avete uno) o a un vostro nipote o ancora ad un vostro cuginetto (per i più giovani).


Lui (o lei) starà già stilando la lista per Babbo Natale, per Santa Lucia o per la Befana. Tempestato dalle pubblicità, presenti sul suo canale tematico preferito, si sarà fatto un'idea, più o meno consapevole, di ciò che vorrebbe in dono.  

Per un acquisto più consapevole, però, ci corre in contro Mattel (si, gli stessi che pagano fior di quattrini per mettere in onda le proprie pubblicità) ha appena aggiornato la sua applicazione "La Scatola dei Giocattoli", realizzata da Neosperience.


L'app costruisce un ponte ideale che collega lo smartphone al negozio fisico, infatti, grazie alla partnership con gli ipermercati Bennet quando l'utente è in prossimità di uno dei punti vendita selezionati, una notifica push, inviata dai dispositivi iBeacon, permetterà di risvegliare lo smartphone inviando un messaggio e suggerendo la visione del prodotto del mese.

Inoltre sarà possibile ricevere informazioni e promozioni su misura, dando vita a una nuova modalità di connessione ed engagement che fa leva sulla conversazione fra il brand, i prodotti e i clienti, per potenziare la digital customer experience e, come sua diretta conseguenza, le vendite.

Mattel non è nuova al mondo delle app; è infatti da tempo coinvolta nella realizzazioni di giochi interattivi (realtà aumentata) che combinano l'uso di smartphone e tablet ai meri giochi fisici: una su tutti apptivity.
Leggi l'intero articolo

venerdì 21 novembre 2014

BrainWars: il Giappone domina!

Se Ruzzle ha ottenuto il gran successo che voi tutti conoscete, molti altri giochi cavalcano l'onda, eppure molti di essi non presentano nulla di originale (vedi Candy Crush Saga), altri sono davvero demenziali, altri ancora, però, stimolano e tengono in allenamento la mente.


Ovviamente, il principio fondamentale, che rende longevi questi giochi, è la capacità del giocatore di incrementare le proprie performance.

Nell'ultimo periodo, sia io che i miei colleghi siamo entrati nel vortice di BrainWars. Come ben saprete, sono proprio i giochi più semplici (vedi Tetris o Snake) a tenere incollati al display i nostri sguardi, ebbene, dovete sapere che, nemmeno il titolo di Translimit, Inc sfugge a tale legge.

Il gioco comprende diversi mini-giochi, che mettono in risalto (o sottolineano semplicemente le mancanze) le peculiarità della nostra mente:

  1. Speed
  2. Memory
  3. Observation
  4. Accuracy
  5. Calculation
  6. Judgement

In funzione dei risultati delle sfide (3 mini-giochi per ogni sfida), l'app aggiornerà il vostro punteggio ed il vostro profilo (vedi immagine 2).

Giochi disponibili (quinto mini-gioco non presente su versione italiana)
Profilo del giocatore, mini-giochi
Essendo la competitività, uno dei motori della crescita, ci siamo chiesti quali siano i giocatori più forti. Quale nazionalità domina? Forse ci si potrebbe aspettare il dominio di Paesi come USA e Cina, ma sarà così?

In testa alla classifica c'è un utente giapponese, primo con un punteggio di 41.858 punti, insieme a lui sul podio ci sono: al secondo posto un ecuadoregno e una ragazza giapponese con, rispettivamente, 40.215 e 35.545 punti (ad oggi per lo meno).

A seguire altri giapponesi, un inglese, uno spagnolo e un thailandese, ecc.

Pronti a sfidare i campioni asiatici? Buon divertimento e buona fortuna!
Leggi l'intero articolo

giovedì 20 novembre 2014

Eizo FlexScan e lo schermo quadrato

La ricerca del formato ideale per monitor e display è in continua evoluzione (vedi iPhone form factor).


Se il 4:3 fa molto retrò, il formato 16:10 ha ormai lasciato il posto al i 16:9. Quello che, forse, non vorremmo vedere mai è lo schermo quadrato. Almeno per quanto riguarda il mercato consumer, non se ne sentiva l'esigenza.

Tendenzialmente sono impiegati, con maggior funzionalità, in ambienti professionali per usi estremamente selettivi. Infatti, nessun videogiocatori o appassionati di cinema, si sognerebbe mai di acquistarne uno, eppure, il nuovo Eizo FlexScan EV2730Q potebbe rivelarsi una vera manna dal cielo per chi cerca la massima produttività.



Con una risoluzione di 1920x1920, il computo dei pixel è uguale a quello di un pannello da 2560x1440, pari a circa 3,7 megapixel. Sono tante le possibili destinazioni d'uso di un prodotto simile in ambito consumer o prosumer: lo spazio verticale in più offerto potrebbe essere gradito a chi programma, a chi scrive o a chi utilizza programmi CAD. In generale, si potrebbe trattare di una soluzione efficace per chi ha bisogno di visualizzare tanti elementi su singolo schermo contemporaneamente.

Il monitor si basa su un pannello LCD IPS da 16,8 milioni di colori e angoli di visuale pari a 178° sia in orizzontale che in verticale. La luminanza massima è di 300 nit, mentre il contrasto specificato dalla società è di 1000:1, con 5ms di tempo di risposta gray-to-gray. Sul fronte connettività troviamo sia porte DisplayPort che DVI-D dual-link, ed il refresh rate massimo supportato è di 60Hz.

Di base troveremo tre profili preinstallati: sRGB, Movie e Paper, a cui potranno esserne aggiunti altri due totalmente personalizzabili.

Interessante la modalità Auto Ecoview che monitora costantemente la luce ambientale per modificare, se serve, la luminosità del pannello. La modalità permette di individuare anche quando l'utente si allontana dal PC, spegnendo il monitor per poi riattivarlo al suo ritorno.

Eizo EV2730Q sarà disponibile entro il primo trimestre del 2015, ed è probabile che la sua prima apparizione al pubblico sarà durante il prossimo CES di Las Vegas.
Leggi l'intero articolo

mercoledì 19 novembre 2014

Volvo promuove i suoi SUV con Google Cardboard

Vi ricordate Google Cardboard, la curiosa soluzione di Realtà Virtuale annunciata dal colosso di Mountain View in occasione dell'ultimo Google I/O? 


Google Cardboard da la possibilità ad ognuno di noi di costruirsi in casa il proprio visore di Realtà Virtuale servendosi semplicemente di cartone, forbici e colla.

Il produttore di auto svedese sembra voler cavalcare l'onda nerd-style, strizzando l'occhio alla clientela più alla moda, trasformando Cardboard in uno strumento di marketing serio. Volvo sta, infatti, spedendo delle unità della Realtà Virtuale di cartone alle concessionarie in modo che possano utilizzarle per la promozione del nuovo SUV XC90.

Il caschetto di cartone è abbinato a un'app Android (in arrivo anche la versione iOS) che permette all'utente di esaminare l'abitacolo del veicolo e di fare un breve tragitto virtuale sull'XC90, accompagnati dalla musica.


L'esperienza è suddivisa in diversi episodi, in modo da poter avere idea di come si comporta il SUV in circostanze, ambienti e momenti della giornata differenti. Al momento risulta ultimato solo il primo episodio della serie.


Volvo ha brandizzato Google Cardboard, personalizzandone i colori e adattandoli quindi ai suoi colori storici. Gli utenti possono girare il capo mentre indossano il caschetto di cartone e guardarsi a 360 gradi intorno al sedile del conducente del SUV.

La nordica casa automobilistica distribuisce gratuitamente e a chiunque sia Cardboard che l'app, anche se sottolinea che le fortniture sono limitate. Una volta ricevuto Cardboard sarà comunque possibile utilizzarlo con qualsiasi app compatibile, e non solamente con quelle Volvo. Altri dettagli si trovano qui.
Leggi l'intero articolo

martedì 18 novembre 2014

Il più giovane Microsoft Certified Professional della storia si chiama Ayan, è pakistano e ha 5 anni

Spesso si ricorre, talvolta a sproposito, all'espressione "nativi digitali", ma non è mai calzato a pennello come questa volta.


Se, infatti, quasi tutti noi, anche i più nerd, a cinque anni giocavamo con i lego, il piccolo Ayan Qureshi partecipava già al test per divenire Microsoft Certified Professional.

E sapete qual è la cosa più strana? Ebbene l'ha superato. "Ormai è un nerd veterano di sei anni" ed è uno studente alla Clifford Bridge Primary School del Regno Unito, ma naturalmente è diverso dai suoi compagni di classi. Beh, d'altronde è un genio dell'IT, no?

Baby Ayan è Microsoft Certified Professional dallo scorso 27 settembre e, a cinque anni, preferisce trascorrere il tempo nel suo laboratorio domestico, costruito e progettato con l'aiuto del padre (Consulente IT), piuttosto che comportarsi come spesso fanno i suoi coetanei. È stato suo padre ad introdurlo nel campo, da quando Ayan non aveva che tre anni.

Se ha iniziato (se così si può dire data la tenera età), seguendo le orme del padre, ora è il padre che deve imparare da lui. 

La parte più ardua, secondo il genitore, è stato spiegare al piccolo il linguaggio del test in un modo comprensibile per un bambino della sua età. Nel test erano presenti domande a risposta multipla, con quesiti su alcune tematiche dell'ambito informatico, sia pratiche che teoriche. Ad aiutare il piccolo Ayan, anche una memoria fuori dal comune.



Il bambino "è stato costretto" o per lo meno è stato veicolato al fine di imparare il linguaggio macchina ancor prima del linguaggio umano. Il che non sarebbe nemmeno grave, salvo che ci stiamo riferendo ad un infante e non ad un plc e nemmeno ad un microcontrollore.

Eppure, questa è la dichiarazione che il padre di Ayan, in un'intervistato ha rilasciato alla BBC:

Mi sono accorto che il giorno seguente era sempre in grado di ricordarsi qualsiasi cosa dei miei insegnamenti, così ho iniziato a dargli sempre più informazioni

I supervisori dell'esame hanno subito espresso alcune perplessità circa l'età di Ayan (e vorrei ben vedere...), sedate subito dall'insistenza del padre e, successivamente, dagli esiti del test.

Ayan Qureshi ha le idee ben chiare sul proprio futuro: trasferitosi dal Pakistan nel 2009, il suo obiettivo è quello di fondare nel Regno Unito un corrispettivo della Silicon Valley americana, che si chiamerà E-Valley. Qui, poi, dirigerà la sua azienda privata.

Il calciatore? No, sorpassato, l'astronauta allora? Ma no, figuriamoci. Il suo obiettivo è quello di emulare i colossi dell'IT. Chissà se diventerà il nuovo Bill Gates... 
Leggi l'intero articolo

lunedì 17 novembre 2014

FitBit aggiorna la line-up

Vi sarete accorti, e se siete delle persone distratte ci avranno sicuramente pensato gli esercenti del vostro store di elettronica preferito a farvelo notare, che i dispositivi wearable stanno prendendo sempre più piede nelle nostre vite quotidiane.


Ovviamente non perché siano devces indispensabili, tutt'altro, bensì perché le multinazionali dell'elettronica hanno deciso che sarebbe stato il business dei prossimi anni.

Scommessa vinta sembrerebbe! Gli scaffali dei dispositivi indossabili vengono messi sempre più in evidenza e, anche se inizialmente la produzione di devices di questo tipo, era timida e parsimoniosa, ora sembra non avere freni.

FitBit, il produttore statunintense specializzato nell'activity tracker, ha annunciato i prodotti che andranno a comporre la sua gamma nei prossimi mesi, apportando interessanti aggiornamenti alla solida base dei suoi prodotti.

Oltre a Flex, si è andato ad aggiungere alla line-up principale anche Charge. A breve arriveranno anche ChargeHR e Surge.

Tra gli aggiornamenti rilevanti, segnaliamo l'automatic sleep mode, che finalmente abilita i braccialetti al riconoscimento autonomo dei momenti dedicati al sonno, senza richiedere all'utente di ricordarsi di accendere e spegnere la modalità, e il display, in modo da avere stima dei propri progressi già al polso e non solo sull'app, oltre alla comoda funzione di orologio. Inoltre sui modelli in arrivo nel 2015 il monitoraggio del battito cardiaco 24 ore su 24.

Ecco il video di presentazione:

Leggi l'intero articolo

sabato 15 novembre 2014

Project Tango ora sul Play Store

Quando parliamo di Google, pensate solamente al motore di ricerca più famoso al mondo o pensate anche ai numerosi progetti ambiziosi portati avanti a Mountain View?


Il Business di Google spazia ormai da internet, passando per automobili a guida autonoma fino al raggiungimento dello spazio, per la diffusione di internet per mezzo di droni e satelliti.

Rimanendo, però, con i piedi ancorati al terreno, ma con la mente sospesa a mezz'aria, ricordiamo che la Società fondata da Larry Page e Sergej Brin, ha in serbo per il mercato consumer diversi devices portabili. Non parliamo, evidentemente, di Nexus, bensì dei più coraggiosi Project Ara e Tango.

Se del primo ci siamo già occupati varie volte, oggi focalizzeremo la nostra attenzione sul secondo. 

Vi ricordate le parole pronunciate lo scorso febbraio da Johnny Lee di Project Tango:

I sensori permettono al telefono di effettuare più di 250.000 misure 3D ogni secondo, aggiornando la posizione e l'orientamento in tempo reale e combinando tutti i dati all'interno di un singolo modello tridimensionale dello spazio che sta intorno a te.

Tango è un dispositivo in grado di avere unapercezione sensibile dello spazio, in maniera simile a quella umana.

La peculiarità del sistema di Google, arrivato finalmente su Google Play Devices, ma ancora non in vendita, è la sua efficienza: grazie alla piattaforma hardware Movidius' Myriad 1 con 2 fotocamere posteriori ed altrettanti computer vision processor, Tango è il primo sistema in grado di ottenere risultati affidabili con un consumo energetico tale da poter essere integrato su un dispositivo alimentato a batteria.

Le sue destinazioni d'uso potrebbero essere molteplici: navigazione indoor e outdoor (per utenti non vedenti o per le future auto a guida autonoma), videogiochi immersivi di realtà virtuale, riproduzione di interi ambienti in 3D.

La piattaforma tecnica su cui si basa il tablet Project Tango era già stata annunciata lo scorso mese di giugno. Sotto la scocca troviamo:

  • CPU NVIDIA Tegra K1;
  • RAM da 4 GB;
  • HDD da 128GB di storage integrato,
  • OS Android KitKat. 

Solitamente i kit di sviluppo hanno un costo decisamente elevato in relazione all'hardware integrato, tuttavia in questo caso i 1.024$ richiesti da Google non ci sembrano estremamente eccessivi, considerando anche l'esclusività di alcune componenti elettroniche integrate.

Dai un'occhiata al video per capirne un po' di più:


Per maggiori informazioni in questa pagina in cui è possibile registrarsi per sapere quando il development kit sarà proposto in vendita, comunque entro la fine dell'anno.
Leggi l'intero articolo

venerdì 14 novembre 2014

Amazon.it collabora con le Poste italiane. La vera rivoluzione!

Chi è il più fedele amico di Amazon? Forse la moneta elettronica? Forse il Corriere? O forse uno dei sistemi più antichi: la Posta.


Dallo scorso mercoledì, infatti, gli utenti italiani di Amazon possono scegliere di ricevere i prodotti ordinati sul servizio presso uno dei più di 10.000 Pick-up Point, siti negli uffici postali compatibili con l'opzione.

Gli acquirenti dovranno selezionare su Amazon.it il Pick-up Point in cui andranno a ritirare l'oggetto, scegliendo orari e posizioni adeguati alle proprie esigenze. Il nuovo servizio non prevede alcun costo aggiuntivo da parte di chi compra.

I clienti possono selezionare i Pick-up Point più vicini in base al proprio indirizzo, a un codice postale o a un punto di interesse, scegliendo tra 10.000 punti di ritiro dislocati sul territorio nazionale. La nuova opzione di consegna offre diversi vantaggi, fra cui la possibilità di pianificare il momento migliore in cui ritirare il proprio ordine, anche nel corso del weekend. Gli orari di apertura dei Pick-up Point sono segnalati su Amazon.it in modo chiaro accanto al nome dell'ufficio postale.

Non tutti gli oggetti potranno essere ritirati presso un ufficio postale: per imballi troppo voluminosi, ad esempio, il sistema richiederà la selezione di un indirizzo alternativo per la consegna. L'acquirente avrà pieno diritto ad accedere al proprio ordine solo dopo aver mostrato un documento di identificazione, ma si potrà anche delegare una persona di fiducia per il ritiro. Amazon informerà il cliente non appena il prodotto sarà consegnato nel Pick-up Point selezionato.

Il servizio Pick-up Point è disponibile per la modalità di consegna 3-5 giorni; è gratuito per gli abbonati Prime ed è incluso nel costo della modalità di consegna standard (2,80€) per tutti gli altri utenti. Se il prodotto non dovesse essere ritirato entro i primi quattro giorni, una seconda e-mail ricorderà all'utente di effettuare il ritiro appena possibile. Dopo altri tre giorni, il prodotto sarà reso ad Amazon e l'utente pienamente rimborsato.
Leggi l'intero articolo

giovedì 13 novembre 2014

Xbox One punta al sorpasso di PS4

Anche se la console war si fa sempre più insidiosa, a distanza di un anno, il cammino di Xbox One sembra meno nero.


Infatti, nelle ultime due settimane, stando ad un dato divulgato da Microsoft, per quanto riguarda le vendite USA, Xbox One ha venduto di più di PS4.

Come anticipato, in occasione dell'esordio delle due principali console next-gen, la piattaforma Sony aveva superato Xbox One, e lo aveva fatto per nove mesi di fila (secondo le statistiche pubblicate da The NPD Group).

Come è riuscita Microsoft a colmare il gap accumulato nei confronti del concorrente nipponico?

Il motivo di questo sorpasso è da ricercarsi nel nuovo taglio di prezzo praticato da Microsoft negli Stati Uniti, visto che adesso la versione senza Kinect in bundle viene venduta a 350 dollari.

Microsoft ha inizialmente ridotto il prezzo da 500 a 400 dollari rimuovendo Kinect dalla confezione, e all'inizio del mese ha ulteriormente ridotto il prezzo di 50 dollari. Questa riduzione di prezzo, praticata in vista del Black Friday e delle spese della stagione natalizia, rimarrà tale fino al termine del 2014.

Microsoft sta cercando di riconquistare i cuori dei fan e venire loro incontro anche dal punto di vista economico. Vuole colmare il divario che si è venuto a creare nei confronti di PS4, che ha già venduto 13,5 milioni di console. Secondo un dato Microsoft, ai rivenditori sono state consegnate fino a oggi 10 milioni di unità di Xbox One, dato ovviamente che non va confrontato direttamente con quello sulle vendite effettive.

La risposta di Microsoft riguarda anche il lancio di giochi in esclusiva particolarmente attraenti. Nelle ultime settimane, infatti, Sunset Overdrive e Forza Horizon 2 hanno ottenuto voti largamente lusinghieri dalla stampa del settore.

Ora però sta per arrivare il Natale e, come tutti saprete, è il periodo più prolifico per gli acquisti di elettronica, e in particolare per quelli videoludici. 
Leggi l'intero articolo

mercoledì 12 novembre 2014

Obama pro Net Neutrality

La Net Neutrality è "buon senso" e gli "operatori telefonici non possono consentire agli ISP (Internet Service Provider) di privilegiare l'accesso a siti specifici o scegliere vincitori e perdenti nel mercato online per i servizi e le idee".


Di cosa stiamo parlando? Un discorso sicuramente condivisibile e apprezzabile ma, perché dovrebbe essere importante? Chissà quante volte l'avete sentito, ma chi ha il potere di cambiare le cose?

A quanto pare, anche il presidente degli Stati Uniti se n'è accorto, infatti, quelle riportate in testa al post, sono proprio le sue parole.

Nel discorso di Barack Obama si può leggere chiaramente l'intenzione di spingere la FCC a considerare internet come "servizio pubblico", trattandola come tale dal punto di vista legislativo e burocratico.


Obama ha sintetizzato il proclama pubblico in quattro punti principali:

  1. No blocking: se un cliente richiede accesso ad un sito web o a un servizio, ed il contenuto è legale, un eventuale ISP non dovrebbe avere il diritto di bloccarlo. In questo modo, ogni concorrente, e non solo quelli commercialmente legati ad un ISP, può competere in maniera equa nel tuo business;
  2. No throttling: gli ISP non dovrebbero essere nemmeno in grado di rallentare intenzionalmente alcuni contenuti, o velocizzarne altri, attraverso un processo definito spesso come "throttling", basato sul tipo di servizio o sulle preferenze dello specifico ISP;
  3. Increased transparency: la connessione fra clienti ed ISP - quella chiamata "ultimo miglio", non è il solo posto in cui avviene il trattamento speciale verso alcuni siti. Pertanto, chiedo alla FCC di fare pieno uso delle autorità di trasparenza che la Corte ha recentemente accolto e, se necessario, di applicare le norme di neutralità della rete ai punti di interconnessione fra ISP e il resto di internet.
  4. No paid prioritization: nessun servizio deve essere messo in una "corsia lenta" perché non paga un dazio. Questo tipo di gestione potrebbe minare le condizioni essenziali per la crescita di internet. Pertanto, come ho già fatto in precedenza, richiedo un divieto esplicito sui diritti di priorità pagati ed altre restrizioni che hanno un effetto simile.

La presa di posizione di Obama era doverosa, anche se il concetto che sta alla base dovrebbe essere scontato e garantito.

Il Presidente degli USA ha concluso, inoltre, che le nuove regole dovranno essere applicate non solo ai servizi di connettività fisse, ma anche alle reti mobile.

Se volete consultare il comunicato ufficiale di Barack Obama, lo potete trovare presso il sito ufficiale della Casa Bianca.
Leggi l'intero articolo

martedì 11 novembre 2014

Darkhotel minacciano il Wi-Fi in Hotel

Se fino a qualche anno fa, quando si andava in vacanza, vi preoccupavate di trovare un hotel che disponesse di TV in camera, di una cucina tipica all'altezza del luogo in cui vi recate, oppure semplicemente di una bella piscina, ora la tendenza è quella di ricercare i gadget tecnologici.


Ovviamente indispensabile è la disponibilità del servizio Wi-Fi, che assolutamente non può più mancare, se non altro per postare i selfie scattati sulla spiaggia e le foto scattate alla stanza per far invidia ai vostri amici che sono rimasti a casa, senza mettere in difficoltà la vostra connessione 3G (4G per i più evoluti di voi).

E se questo lusso si ritorcesse contro di voi? Vediamo cosa hanno scoperto i ricercatori del Kaspersky Labs, che ha diffuso alcuni informazioni relative al gruppo di cyber criminali che operava in un modo molto particolare: riuscendo a inserirsi in maniera fraudolenta nella rete Wi-Fi di alcuni alberghi è stato possibile rubare da alcuni sistemi informazioni riservate.

Il breve report diffuso dalla società russa indica come area geografica di riferimento quella asiatica, con particolare attenzione per alcuni alberghi di lusso spesso frequentati da uomini d'affari.

Il gruppo criminale è stato denominato "Darkhotel" e ha messo in atto una serie di attacchi di tipo man-in-the-middle: all'utente connesso al Wi-Fi dell'albergo veniva notificato un avviso del tutto simile a quello utilizzato per segnalare aggiornamenti di Adobe Flash, o dei prodotti di Microsoft.

In realtà l'aggiornamento era appositamente confezionato e installava sul PC del codice malware utilizzato per effettuare il furto di credenziali di accesso. Era presente anche un keylogger che permetteva ad esempio il furto da remoto di password; una volta raccolti i dati sensibili il malware era in grado di eliminare le proprie tracce.

Ci sono però alcuni particolari che hanno insospettito gli esperti russi. Pare infatti che gli attacchi fossero particolarmente mirati, al punto che si sospetta che "Darkhotel" sapesse in anticipo le generalità degli ospiti degli alberghi e la camera da essi utilizzata.

Kaspersky Labs ha individuato tracce di azioni condotte da "Darkhotel" a partire dal 2007.
Leggi l'intero articolo

lunedì 10 novembre 2014

Pixpro: la action cam di Kodak

Da qualche tempo a questa parte, hanno iniziato a prendere piede le action camera, le fedeli compagne di viaggio degli sportivi, e non solo.


Per quanto sia uno strumento prezioso, non si tratta certo di uno apparecchio versatile. Ovviamente, se avete parecchi soldi da spendere, il problema non sussiste, dato che potreste sempre acquistare molteplici action camera, ovviando al problema.

In caso contrario, sarete costretti a ricorrere a compromessi: o guarda noi, o quello che vediamo noi o una porzione di noi e di quello che ci circonda. Inoltre, minuti di riprese sempre con la stessa inquadratura possono risultare noiose e bloccare l'entusiasmo anche di fronte alla migliore delle acrobazie sugli sci o in bicicletta, o ancora con il parapendio.

Siamo proprio sicuri di quest'ultima affermazione? Forse questo risultava vero, fino a quando JK Imaging, produttore che da qualche anno ha la licenza per il marchio Kodak in ambito fotografico, ha iniziato a proporre la sua Kodak PixPro SP360, ovvero l'action camera con ottica fish-eye che promette di riprendere tutto ciò che avviene a 360°.


La videocamera registra filmati a tutto tondo che poi possono essere visualizzati in diverse modalità: quella Panorama 360°, frontale a 212°, split con visualizzazione frontale e posteriore da 180°, a cupola (214°) oppure a sfera o anello a 360°.

Non è una novità assoluta questo tipo di riprese, JK Imaging sottolinea come invece lo sia la facilità d'uso e la semplicità con cui si possono ottenere e montare insieme le diverse inquadrature, grazie al programma (per PC e Mac) incluso con l'acquisto della videocamera. Con esso è possibile aprire il video originale a tutto tondo e selezionare le diverse modalità di visualizzazione, salvabili poi come clip video separate da montare insieme.

L'action camera è dotata anche di connettività Wi-Fi per il collegamento a smartphone e tablet per il controllo remoto e la condivisione immediata delle clip.

Il resto delle caratteristiche è tipico delle action camera, con resistenza agli spruzzi d'acqua (60 metri di profondità con la custodia subacquea), alle cadute fino a 2 metri, alle temperature fino a -10°C. La videocamera salva i filmati su scheda MicroSD e dispone di un display LCD da 1,0".

Il prezzo è sicuramente concorrenziale, dato che in USA viene venduta a partire da $349.

Nel video a seguire potete dare un'occhiata alla action camera all'opera durante un lancio con il paracadute.

Leggi l'intero articolo

sabato 8 novembre 2014

Gli attacchi di Anonymous in un libro

Qual è la figura più controversa nel mondo del web, balzata alle cronache negli ultimi anni? 


Ce lo spiega l'antropologa Gabriella Coleman, che dopo un lungo periodo di studio, ha deciso di analizzare la crescita di quel singolare fenomeno mondiale che va sotto il nome di Anonymous.

Strada facendo questo "collettivo" (anche se non è ancora chiaro chi siano e in quanti siano) ha acquisito un approccio sempre più politico ed ha giocato un ruolo chiave nelle vicende WikiLeaks, Occupy Wall Street e nelle primavere arabe.

Nel tempo Coleman è entrata in contatto con diversi membri di Anonymous e il risultato delle sue ricerche è stato adesso raccolto nel suo ultimo libro intitolato "Hacker, Hoaxer, Whistleblower, Spy: The Story of Anonymous", al momento disponibile solo in inglese.

La narrazione approfondisce le storie di figure ormai arrivati agli onori delle cronache mondiali come Potato, Temp.M, Anachaos, e Sabu e si sofferma a lungo sul significato dell’attivismo digitale nello scenario contemporaneo.


Il libro, edito da Verso Books, è disponibile in versione sia cartacea che digitale al prezzo di 20,21 dollari.
Leggi l'intero articolo

venerdì 7 novembre 2014

Stampa 3D made in Italy

Nonostante il core topic del nostro blog sia la tecnologia elettronica, declinata in tutte le sue forme e le sue connessioni, il tema delle stampanti 3D ci sta molto a cuore.


A differenza delle news precedentemente pubblicate, questa arriva dal Bel Paese. 

Di chi parliamo? Lumi Industries è una startup italiana nata dopo aver sviluppato lo scorso anno LumiFold, la prima stampante DLP 3d portatile e pieghevole. Lumi Pocket è il nuovo progetto della start up, una stampante 3D con tecnica DLP stereolitografica che vanta una precisione fino a 50 micron e un'area di stampa di 10cm di diametro per 10 di altezza. 

Attualmente il progetto Lumi Pocket è in fase di crowdfunding su Indiegogo. La campagna di raccolta fondi è al momento al 43% del target con ancora 17 giorni per arrivare a raggiungere l'obiettivo di $50,000.

Può stampare con diversi tipi di materiali e presenta un design gradevole.


La tecnologia chiamata 3D DLP Printing si basa sull'utilizzo di un materiale fotosensibile liquido che viene posto in un contenitore.

Utilizzando un comune proiettore DLP collegato al computer vengono proiettate una dopo l'altra fette orizzontali dell'oggetto che si vuole stampare su di un carrello che man mano scende nella resina. Ogni layer si forma sopra al precedente e costruisce per addizione l'oggetto.

Questa tecnica prevede tempi di stampa molto veloci (sia arriva a 3 secondi per layer) e che non dipendono dalla complessità dell'oggetto e permette di raggiungere livelli di dettaglio e qualità di stampa molto più alti delle classiche FDM (fused deposition modeling) con estrusore.

Questa tecnologia permette di scegliere tra una vasta gamma di materiali: dalla plastica simile all'ABS (Acrilonitrile butadiene stirene), alla resina "castable" per la gioielleria e le fusioni a cera persa, agli oggetti flessibili.

Uno dei punti di forza è anche rappresentato da una meccanica semplificata e meno soggetta a malfunzionamenti e continue calibrazioni.

Infine in dimensioni molto compatte la stampante offre un'area di stampa di 10cm di diametro per 10 di altezza. Da ultimo il costo, che risulta abbastanza contenuto, anche considerando la possibilità di utilizzare un proiettore DLP già in nostro possesso.
Leggi l'intero articolo

giovedì 6 novembre 2014

Rootpipe e WireLurker attaccano Apple

Sei un fedelissimo della Mela morsicata e pensi, da sempre, di poterti considerare al sicuro da malaware e virus di sorta? 


Vi capita mai di sbeffeggiare i vostri amici, possessori di PC con OS Microsoft, lamentando il fatto che sia un colabrodo?

Ebbene, questo articolo non vi farà di certo gioire, e vi farà ravvedere circa le vostre baldanzose dichiarazioni. 

Nel campo degli smatphone e dei tablet, la minaccia si chiama WireLurker. Questo è il nome del primo malware in grado di aggirare le tante restrizioni e limitazioni di iOS che lo rendono così inoppugnabile dall'esterno, e punta soprattutto al mercato cinese.

Il software malevolo è stato scoperto da Palo Alto Networks, società di sicurezza della Silicon Valley che sostiene che il bug viene trasmesso via USB, una volta che si collega l'iDevice ad un sistema Mac OS X infetto.

La vulnerabilità ha origine su Maiyadi App Store, uno store virtuale cinese di terze parti disponibile come applicazione per Mac che consente l'installazione di app su dispositivi iOS, anche non jailbroken. La società di sicurezza informatica ha specificato che negli ultimi sei mesi le 467 applicazioni infette dal virus presenti sullo store sono state scaricate oltre 356 mila volte in Cina, e potrebbero aver violato centinaia di migliaia di dispositivi.

iPhone e iPad potrebbero essere colpiti dal malware dopo essere stati collegati via USB ad un sistema Mac infetto:

WireLurker controlla costantamente su un computer Mac OS X le connessioni via USB con dispositivi iOS ed installa su queste applicazioni di terze parti precedentemente scaricate o applicazioni malevoli generate automaticamente, anche se sul terminale non è stato effettuato il jailbreak

ha dichiarato Palo Alto Networks.

Generalmente, gli utenti iOS possono scaricare applicazioni da store terzi solamente dopo aver applicato una modifica software, ma con Maiyadi App Store e WireLurker, un'applicazione infetta può essere installata su iPhone e iPad via USB ed attraverso un sistema Mac OS X anche senza aver applicato il jailbreak.

Una volta infetto un dispositivo iOS con WireLurker, chi attacca può avere a disposizione i messaggi di testo, la rubrica o gestire altri aspetti del dispositivo da remoto.

Non sono ancora chiare le finalità dei creatori di WireLurker o se ci siano state effettivamente perdite di dati da parte degli utenti. Ryan Olson, direttore di Palo Alto Networks ha osservato sull'argomento: 

Anche se è la prima volta che questo accade, si tratta di una dimostrazione per eventuali utenti malintenzionati, che vengono a conoscenza di un nuovo metodo per aggirare le dure protezioni che Apple ha costruito intorno ai dispositivi iOS.

È tuttavia estremamente difficile che un dispositivo iOS venga attaccato dal nuovo malware, soprattutto per noi utenti occidentali (come del resto spesso capita anche con le vulnerabilità su Android).

Apple vieta espressamente l'uso di fonti terze per il download e l'installazione di app di terze parti, ed obbliga gli utenti ad affidarsi al solo App Store ufficiale installato nativamente su ogni dispositivo (o da iTunes).

Secondo Business Insider, la società è già consapevole del problema e ha prontamente bloccato le app identificate, consigliando agli utenti di "scaricare ed installare software solamente da fonti affidabili".

Anche i possessori di Mac, non si devono sentire troppo sicuri, infatti, pochi giorni fa è stato portato alla luce Rootpipe, una vulnerabilità di Mac OS X attiva anche su Yosemite, su cui Apple sta attualmente lavorando per fornire un fix.

In occasione dell' Øredev Developer Conference di Malmo, in Svezia, il ricercatore di sicurezza Emil Kvarnhammar di TrueSec ha dato dimostrazione di una vulnerabilità che affligge i sistemi operativi Mac OS X dalla versione 10.8.5 a 10.10 (il recente Yosemite) e in grado di portare alla scalata dei privilegi con conseguenze potenzialmente dannose.

Il ricercatore ha comunicato quanto scoperto ad Apple già due settimane fa e ha stretto un accordo per non rivelare pubblicamente alcun dettaglio sul funzionamento della vulnerabilità fino al prossimo gennaio, permettendo così alla Mela e ai suoi utenti di disporre del tempo necessario per risolvere il problema prima che questa vulnerabilità possa essere sfruttata a scopi dolosi.

Denominata "Rootpipe", la falla permette ad un software che opera sotto un account con i privilegi di amministratore di ottenere l'accesso root tramite il comando "sudo" senza che sia necessaria l'autenticazione. Di norma un utente amministratore non può ottenere le autorizzazioni di root tramite il comando sudo a meno di reinserire la propria password. Questo meccanismo potrebbe essere usato da un malware per installarsi senza richiedere la password di admin, con le ovvie possibili conseguenze spiacevoli.

Fino a quando la falla Rootpipe non verrà risolta, gli utenti Mac possono cercare di aggirare il problema utilizzando il sistema con un account non-admin, che tra l'altro è un consiglio precauzionale che dovrebbe essere sempre tenuto presente per limitare eventuali problemi.

Perché un account utente senza diritti di admin possa eseguire determinate operazioni, come l'installazione di driver o di software che richiede l'accesso a livello di sistema, dovrà sempre autenticarsi e autorizzare l'operazione con un account admin separato.
Leggi l'intero articolo

mercoledì 5 novembre 2014

Android compie 7 anni. Auguri!

Correva l'anno 2007 quando Google presentò per la prima volta la sua prima release Android.


Ormai siamo giunti alla quinta major release, ma vi ricordate come ci siamo arrivati? 

Stiamo parlando del principale concorrente, del sistema operativo iOS di Apple, ovvero il sistema operativo per dispositivi mobili sviluppato da Google Inc. sulla base del kernel Linux. Android è stato progettato principalmente per smartphone e Tablet, ma ultimamente le proprie competenze si sono estese al campo dei televisori (Android TV), dell'automotive (Android Auto), degli orologi da polso (Android Wear) e degli occhiali (Google Glass).
Nell'ottobre 2003 Andy Rubin (co-fondatore di Danger, che ha appena lasciato Google in favore di un progetto personale), Rich Miner (co-fondatore di Danger e di Wildfire Communications), Nick Sears (vicepresidente di T-Mobile) e Chris White (principale autore dell'interfaccia grafica di Web TV), fondarono una società, la Android Inc. per lo sviluppo di quello che Rubin definì

...dispositivi cellulari più consapevoli della posizione e delle preferenze del loro proprietario.

Da ciò probabilmente scaturì la scelta del nome Android.

Inizialmente la società operò in segreto, rivelando solo di progettare software per dispositivi mobili.

Durante lo stesso anno il budget iniziale si esaurì, motivo per cui fu fondamentale un finanziamento di 10 000 dollari da parte di Steve Perlman (amico intimo di Rubin) per poter continuare lo sviluppo. Steve Perlman consegnò a Rubin il denaro in una busta e rifiutò la partecipazione nella società.

Il 17 agosto 2005 Google ha acquisito l'azienda, in vista del fatto che la società di Mountain View desiderava entrare nel mercato della telefonia mobile.

È in questi anni che il team di Rubin comincia a sviluppare un sistema operativo per dispositivi mobili basato sul kernel Linux. La presentazione ufficiale del "robottino verde" avvenne, come anticipato, il 5 novembre 2007 dalla neonata OHA (Open Handset Alliance), un consorzio di aziende del settore Hi Tech che include Google, produttori di smartphone come HTC e Samsung, operatori di telefonia mobile come Sprint Nextel e T-Mobile, e produttori di microprocessori come Qualcomm e Texas Instruments Incorporated.

Il primo dispositivo equipaggiato con Android che venne lanciato sul mercato fu l'HTC Dream, il 22 ottobre del 2008.

Numerose le release che seguirono questa prima versione:

  • Cupcake (1.5) 
  • Donut (1.6) 
  • Eclair (2.1) 
  • Froyo (2.2) 
  • Gingerbread (2.3) 
  • Honeycomb (3.0) 
  • Ice Cream Sandwich (4.0) 
  • Jelly Bean (4.1) 
  • Kit Kat (4.4) (in seguito ad un accordo con la Nestlé) 


Ormai sono passati 7 anni dall'uscita della prima versione dell'OS, e Google ha da poco presentato l'ennesima major release: Android 5 L.
Leggi l'intero articolo
 
Tecnodiary2 © 2011