martedì 8 ottobre 2013

Istituto di Infanzia alla Macquarie University: l'influenza dei videogames (violenti e non) sul cerebro dei più giovani

Da anni ormai, quando si parla di videogames le polemiche fioccano, figuriamoci poi se aggiungiamo il carattere della giovane età. Riflettiamo sulle implicazioni che questo può avere sulle loro giovani menti. 


Kate Highfield, Docente presso l'Istituto di Infanzia alla Macquarie University, e responsabile di una nuova ricerca sull'impatto dei media moderni sul cervello, ha detto che mentre alcune applicazioni potrebbero contribuire alla crescita dei bambini e tenerli impegnati in attività cerebrali per lunghi periodi, altri possono provocare conseguenze negative sullo sviluppo delle attività cognitive dei più giovani e avere conseguenze anche sugli adulti.

Secondo la ricerca dell'insegnante, l'85% delle applicazioni acquistate dai genitori per i loro figli sono di tipo "trapano e pratica", ovvero richiedono ai bambini di ripetere continuamente azioni semplici e di ricordare poche cose. Tale applicazioni portano a uno sviluppo neurale di livello inferiore e spesso gratificano eccessivamente il giocatore, il che può creare aspettative non realistiche nei bambini.

La Highfield piuttosto raccomanda applicazioni come ARTmaker, My Story, Explain Everything e Creatorverse, che richiedono un'interazione virtuosa da parte del bambino.

Le normative sanitarie attuali prevedono che i bambini al di sotto dei due anni non debbano spendere tempo davanti a qualsiasi tipo di schermo, televisione compresa, mentre i bambini di età inferiore ai cinque anni possono restare davanti agli schermi al massimo per un'ora. Sorprendentemente, anche gli adulti dovrebbero avere non più di due ore di intrattenimento digitale al giorno.

Madre di tre bambini che hanno meno di sei anni, Melissa Marshall, un'altra ricercatrice coinvolta nel progetto, trova che i suoi figli diventino troppo inattivi quando spendono il loro tempo su uno smartphone o su un tablet e, pertanto, cerca di imporre dei limiti.

A volte possono rimanere a giocare sull'iPhone per tantissimo tempo, senza fare nulla di realmente costruttivo

dice la Marshall.

È quello che succede anche con la TV. Dopo un po' devi dire loro: "basta, andate fuori o leggete un libro"

La Marshall si è chiesta se i videogiochi o la TV possano danneggiare il cervello dei propri figli, e sente che c'è una mancanza di informazioni per i genitori.

Gli studi come questo sono molto importanti, perché aiutano a fissare alcune linee guida. Anche se in genere sappiamo quali dovrebbero essere i limiti e che usare troppo la tecnologia moderna può essere controproducente

La ricerca è stata presentata alla conferenza Australian Council on Children and the Media svoltasi a Sidney nella scorsa settimana. Include dati sui disturbi provocati dal gioco su internet e gli effetti dei giochi violenti (da sempre criticati) sul cervello umano. La Marshall chiede che ci sia buon senso nell'approcciare questi temi, anche perché la tecnologia è sempre più presente nelle nostre vite.

Uno studio che, però, sembra andare in disaccordo con altri report pubblicati recentemente, caratterizzandosi per un'osservazione superficiale di quelli che sono gli effetti del media videoludico, sia in termini negativi che positivi. Anche perché non è ancora possibile andare alla ricerca di eventuali correlazioni tra uso dei videogiochi e cambiamenti all'attività del cervello.

Un gruppo formato da 200 esperti tra docenti universitari, psicologi e ricercatori, sta svolgendo delle indagini con l'obiettivo di analizzare il più oggettivamente possibile il problema della violenza nei mass media, con specifico riferimento ai videogiochi. Una lettera è stata inviata alla American Psychological Association (APA), chiedendo di rivedere le precedenti ricerche alla luce delle più recenti indagini analitiche. 

Il gruppo si riferisce in particolar modo alla risoluzione del 2005 sui videogiochi violenti della APA e alle posizioni politiche connesse alla materia. Secondo il gruppo di indagine, queste analisi sono segnate da difetti metodologici, pregiudizi ideologici, mentre le conclusioni sono basate su prove inconsistenti o deboli.

La questione sulla violenza nei media e nei videogiochi continua a essere controversa sia tra il pubblico che all'interno della comunità scientifica

si legge nella lettera mandata alla APA. 

In particolare in seguito alla sparatoria alla scuola elementare di Sandy Hook, a torto o a ragione, le attenzioni si sono focalizzate su questo tema. Tutto dipende da come le informazioni scientifiche vengono trattate, da come la politica può determinare i programmi scientifici e dalla credibilità delle argomentazioni dal punto di vista scientifico. [...] Dal nostro punto di vista questa task force ha una straordinaria opportunità di cambiare il modo di vedere questo campo di ricerca, perseguendo un approccio meno ideologico e maggiormente basato sui dati.

L'Entertainment Software Association (ESA), il sindacato che tutela i diritti dei produttori di videogiochi, ha accolto favorevolmente la lettera, rimarcando che un numero crescente di ricerche non riesce a individuare la correlazione tra comportamenti violenti e uso dei videogiochi. In realtà, dice l'Esa, la violenza giovanile negli Stati Uniti è diminuita ai minimi valori degli ultimi 40 anni da quando esistono i videogiochi.

Anche se non possiamo dire che i videogiochi sono responsabili di questo declino, il fatto che la violenza giovanile sia diminuita evidenzia come non ci sia correlazione tra problemi sociali e violenza nei videogiochi.

Nella risoluzione del 2005, la APA si impegnava a ridurre ogni tipo di violenza nei videogiochi e nei media interattivi presenti sul mercato. Riteneva che quei prodotti avrebbero potuto aumentare l'aggressività nei bambini in maniera più netta rispetto ai contenuti televisivi o ai film. APA esortava gli sviluppatori di videogiochi ad affrontare la questione e a tentare di circoscrivere le possibili conseguenze sociali negative per le azioni violente. Tuttavia, uno studio del 2010 pubblicato dal Journal of Youth and Adolescence e scritto dal Dr. Christopher Fergusonsosteneva che la depressione, e non i videogiochi violenti, sia un forte predittore dei comportamenti aggressivi e trasgressivi nei più giovani.

Questa ricerca di Ferguson sta alla base delle richieste alla APA di altri studiosi circa l'opportunità di rivedere la risoluzione.

I gruppo di difesa professionali hanno travisato alcuni elementi, propendendo spesso per messaggi sensazionalistici piuttosto che per una revisione attenta e oggettiva della scienza

ha detto Ferguson a GamesBeat via email.

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