venerdì 10 gennaio 2014

Internet delle Cose: spunti dal CES 2014 e riflessioni su numeri e percentuali

Si conclude oggi il CES 2014, tante le novità; parecchie sono state raccontate anche da noi di Tecnodiary2.


TV dotati di risoluzioni pazzesche, smartphone innovativi, notebook con OS ibrido (Windows/Android.) di doppio OS, la StreamMachine di Valve nelle sue 14 declinazioni, smartwatch sempre più "intelligenti" indipendenti dallo smartphone, CPU multi-core, videogames assai attesi, ecc.

Non vi basta? Il Consumer Electronics Show non delude nemmeno i più insaziabili, affrontando uno fra i temi sempre più in dibattuti e curiosi: internet delle cose. L'interazione fra elettrodomestici utilizzati comunemente nella vita quotidiana e tecnologia è sempre più forte e ben celata. Davvero diversa da come ce l'aspettavamo negli anni 80'. Niente robot e strumentazioni futuristiche, certo, eppure la domotica ha reso la nostra vita più comoda, superando le aspettative di tutti, senza ingombrare e dare troppo nell'occhio.

La rivoluzione dell'Internet of Things, infatti, ha preso piede anche in Italia, e i numeri sembrano promettenti. Secondo Osservatori.net nel nostro Paese, a fine 2012, c'erano circa 5 milioni di smart device su network cellulare. Una crescita del 25% rispetto al 2011, e un giro d'affari stimato intorno a 810 milioni di euro di fatturato. 

La situazione descritta nel report ha registrato anche molti altri aspetti della nuvola intelligente. Data per scontata la prevalenza delle connessioni cellulari - secondo MobiLens, il 51% degli utenti mobile italiani ha uno smartphone - non sorprende che le percentuali di diffusione e il valore di mercato dei 5 milioni di smart device varino molto a seconda del settore in cui sono impiegati. 

Questa rivoluzione, non riguarda solo la casa, non a caso, il primo settore ad esserne influenzato è quello dell'automotive,che attira il 42% degli smart device e il 26% del fatturato. Si tratta soprattutto di sistemi di localizzazione GPS e scatole nere per la registrazione dei parametri di guida a scopo di tutela assicurativa. Tuttavia, oltre a queste tecnologie poco avanzate c'è spazio anche per sistemi più raffinati di infomobility disponibili su cellulare o navigatori satellitari di nuova generazione. 

Sul secondo gradino del podio troviamo lo smart metering, che con 1,4 milioni di contatori intelligenti connessi alla rete (la PLC - Power Line Communication) si aggiudica il 28% della torta e il 17% del fatturato. La maggior parte del mercato è rappresentata dai contatori elettrici privati, ma iniziano anche a farsi strada nuove soluzioni per la lettura del gas in impianti industriali.

La medaglia di bronzo va allo smart asset management, con 500mila dispositivi connessi (7% del fatturato). Si tratta, soprattutto, di applicazioni a bassa tecnologia studiate per rilevare manomissioni di videopoker e monitorare il funzionamento degli ascensori. C'è poi il settore smart home & building, con circa 450mila dispositivi con alto valore di mercato (27%) dedicati, in particolare, ai sistemi antintrusione e alla gestione di impianti di climatizzazione in remoto. 

Dopo aver inquadrato la questione, possiamo tornare al CES 2014: se vi dicessi Discovery iQ Dual-Fuel Smart Range, cosa vi fa pensare?
Lasciate stare, non ci arriverete mai. Stiamo parlando di un tablet Android integrato in un elettrodomestico insolito: una cucina.


Dacor, produttore di elettrodomestici statunitense, ha sviluppato una cucina che integra sulla parte frontale un tablet da 7 pollici che gira con Android 4.0. Grazie all'app iQ Discovery, è possibile gestire il forno letteralmente in punta di dita. Certo, è una cucina un po' ingombrante, dato che misura ben 1,2 metro di larghezza e non è nemmeno economica, dato che per aggiudicarvela dovrete sborsare 12.000 dollari (circa 9000 euro). Pare, però, che sia in arrivo una versione da 90 centimetri, più adatto ad una cucina dalle misure più standard.

Un'americanata ci verrebbe da dire, però la notizia è un'altra, ovvero la tendenza del mondo domestico (e non solo) all'informatizzazione di tutti ciò che ci sta attorno. Auto, gestione informazioni  o semplicemente elettrodomestici intelligenti. 

La diffusione sempre più capillare di questi "gingilli", porta con se dei benefici per quanto riguarda dei costi, però genera anche delle problematiche fin'ora ignorate. Più il numero di device intelligenti cresce, più è importante individuare soluzione tecnologiche adeguate per farli comunicare tra loro, soprattutto all'interno delle smart city: parliamo di frequenze. Dato che sarebbe impensabile connettere ogni contatore del gas attraverso una rete Wi-Fi o Bluetooth ad alta frequenza (2400 MHz), per questioni di costo, alimentazione e sicurezza, di conseguenza bisogna individuare delle soluzioni alternative. 

Secondo Osservatori.net, la risposta alle richieste della IoT arrivano dalle reti di comunicazione a bassa frequenza come le Mesh low-power (433-868 MHz) e le WmBus (fino a 169 MHz). Queste tecnologie richiedono meno dispendio di energia rispetto al Wifi e gestiscono una mole di dati sufficiente a sostenere una architettura di rete complessa. Un altro vantaggio della trasmissione a bassa frequenza riguarda l'ottimizzazione e riduzione del numero dei punti di concentrazione del segnale: se si utilizzasse un'unica frequenza, per esempio la 169 MHz, più versatile e adatta a quasi tutti i servizi, i costi di installazione sarebbero abbattuti sensibilmente. Ancora meglio se le strategie di conversione a smart city venissero adottate non su scala di quartiere, ma di intera cittadina. Nel caso di una Smart Urban Infrastructure (Sui) a monofrequenza, i costi di investimento sarebbero ridotti del 25-50% e quelli operativi del 50-70%. 

Ricordate però che siamo in Italia, Paese dove la burocrazia imbriglia tutto quanto, compreso le idee. Attualmente, la normativa italiana impone che la frequenza a 169 MHz sia impiegata solo per alcuni servizi di telesoccorso e smart metering. Inoltre, le antenne di ricezione a bassa frequenza sono più ingombranti e incompatibili con dispositivi in movimento. Un altro serio problema riguarda la disponibilità di banda: al crescere del numero di dispositivi connessi, sarà sempre più oneroso far viaggiare i dati IoT. Il rischio è quello di imbattersi in colli di bottiglia che rallenterebbero tutta la rete.

La capillarità di tali servizi e la mole di utenti che li adottano, attualmente sono in crescita, di conseguenza il problema, prima o poi, va affrontato. Perché non farlo subito?

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