giovedì 18 dicembre 2014

Valleytronics e la nuova tecnica di codifica dell'informazione

L'ennesima rivoluzione tecnologica di internet potrebbe passare per l'ennesima volta dalle menti dagli ingegneri del Massachusetts Institute of Technology.


I ricercatori del MIT, infatti, hanno dimostrato come sia possibile utilizzare un particolare materiale cristallino bidimensionale per aprire la strada alla tecnica della "valleytronics" (provate voi a tradurlo in maniera succinta!), ovvero la possibilità di codificare informazione utilizzando una proprietà dell'elettrone diversa dalla sua carica (elettrica) o dal suo spin.

La valleytronics si basa sul fatto che, in determinati materiali, quando si traccia su un grafico, l'energia degli elettroni relativa al loro momento, la curva risultante è caratterizzata da due valli profonde.

Di norma gli elettroni tendono a collocarsi nello stato energetico più basso disponibile (ebbene si, prof. Caronna, aveva ragione: prima o poi mi sarebbe servito!) e, nel vuoto, ciò avviene quando il momento dell'elettrone è pari a 0.

In un cristallo, però, l'elettrone può possedere un valore di energia specifico che si colloca sulla curva a due valli.

Le due valli rappresentate nella curva sono identiche ma, quando il materiale è soggetto a determinate perturbazioni, esse possono assumere profondità differenti e offrire quindi agli elettroni la possibilità di popolare una delle due valli: la posizione occupata dagli elettroni, descrivibile con un numero quantistico, potrebbe quindi facilmente essere usata per rappresentare gli 0 e gli 1 del sistema binario alla base dei computer.

La sfida principale, che i ricercatori hanno affrontato, è stata proprio quella di riuscire ad indurre una differenza tra le due valli, impresa fino ad ora possibile solamente con l'impiego di campi magnetici particolarmente potenti (nell'ordine di qualche centinaio di Tesla) e per ottenere variazioni minime, condizioni che hanno relegato la valleytronics alle attività di ricerca e di laboratorio.

I ricercatori hanno quindi utilizzato come materiale bidimensionale il disolfuro di tungsteno (WS2), che fa parte di una classe di cristalli bidimensionali conosciuti con il nome di "metalli dicalcogenuri di transizione". Il materiale, similmente al grafene, forma pellicole sottili con una struttura esagonale di pochi atomi di spessore. Nel caso del grafene, com'è noto, si tratta di un solo strato atomico, mentre nel disulfuro di tungsteno lo spessore della pellicola è di tre atomi.

I ricercatori, usando questo materiale, hanno quindi potuto indurre una differenza di energia tra le due valli ricorrendo ad una pulsazione laser relativamente convenzionale, opportunamente polarizzata.


Abbiamo scoperto un modo di controllare direttamente queste valli utilizzando la luce


ha spiegato Edbert Jarvis Sie, specializzando al MIT che si è occupato del progetto assieme al professore associato Nuh Gedik.

Questa scoperta, seppur preliminare, apre la strada alla possibilità di concretizzare la valleytronics in componenti e dispositivi reali.

In linea di principio potrebbe essere possibile progettare dispositivi dove tutte e tre le proprietà dell'elettrone, la carica, lo spin e le valli, possono essere manipolate in maniera indipendente e inoltre, in virtù della natura bidimensionale del materiale e della sua resistenza meccanica, sarebbe possibile realizzare componenti flessibili.


Tratto quasi interamente da Andrea Bai per BusinessMagazine

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