venerdì 17 aprile 2015

Wi-Fi condiviso anche in Italia grazie a Vodafone e Fon

Vodafone Italia ha annunciato una nuova partnership che reinventerà (mutuandola da mercati già raggiunti dal servizio come la Spagna) il modo di connettersi alla rete.


La Società partner in questione è Fon, una realtà spagnola operante nel campo delle comunicazioni wireless, nata originariamente come movimento cooperativo senza fini di lucro.

Vodafone lancia così la propria offerta per il cosiddetto Wi-Fi condiviso, una tipologia di servizio che in Italia ha incontrato forti ostacoli sui versanti burocratico e legislativo, che sembrano essere scomparsi per quanto riguarda la nuova offerta della Società telefonica.

La Società fondata da Martín Varsavsky promuove la propria rete condivisa nata in Spagna nel 2005 da un'idea di Martin Varsavsky, che ipotizzava un servizio in cui ogni utente poteva condividere gratuitamente la propria connessione privata a tutti gli utenti della community, i cui singoli esponenti venivano chiamati foneros.

Il servizio, nella fattispecie, è oggi attivo in 15 paesi, con Vodafone che diventa il primo operatore italiano ad offrirlo all'interno dei nostri confini. A partire dal 17 aprile, tutti gli utenti di offerte Fibra e ADSL in possesso di una Vodafone Station 2 o Revolution potranno accedere al servizio registrandosi al sito wificommunity.vodafone.it e collegare i propri singoli dispositivi, smartphone, tablet o PC, alle reti Vodafone Wi-Fi Community.

Iscrivendosi alla community, non solo sarà possibile collegarsi agli hotspot disponibili in tutto il mondo, ma verrà anche dato l'accesso alla propria connessione privata agli altri membri. Il tutto potrà essere impostato attraverso la stessa app, App Station, con cui i clienti Vodafone gestiscono la propria rete fissa. Questa integra una nuova funzione dedicata con cui è possibile visualizzare sulla mappa tutti gli hotspot disponibili nei dintorni, o in una zona specifica, ed eventualmente collegarsi.

Per fugare ogni dubbio legato alla privacy, Vodafone sottolinea che, in ciascuna Vodafone Station della community, si apre una nuova rete Wi-Fi a cui si possono collegare fino a 3 dispositivi contemporaneamente. La rete condivisa è separata da quella domestica, pertanto "sicurezza, privacy e velocità di connessione del cliente saranno sempre garantite e prioritarie".

Seppur Vodafone ci tenga a rassicurarci, perché mai dovremmo fornire la nostra connessione a degli sconosciuti? Ma forse potrebbe essere il futuro delle connessioni in mobilità. Che dire? Attendiamo i primi risultati sul campo, da parte di Vodafone.
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giovedì 16 aprile 2015

Nuova linfa ai BitCoin grazie all'Africa

Oggi parliamo di rimesse, ovvero quelle spedizioni di denaro da parte di emigrati a beneficio di connazionali residenti nel paese d'origine.


Se restringiamo il focus al continente africano e ci abbiniamo la moneta elettronica per eccellenza, ecco che spuntano nuovi mercati emergenti per quest'ultima.

Alcune piccole compagnie africane specializzate nell'offerta di servizi di cambio Bitcoin, infatti, potrebbero dare una svolta al mercato descritto in testa all'articolo, estromettendo i tradizionali operatori che si occupano di trasferimenti monetari e offrendo alle aziende nuove modalità di pagamento in un continente dove la penetrazione delle carte di credito è bassa e dove esiste ancora un fortissimo uso del denaro contante. Parliamo per esempio di Igot, Beam, BitPesa e BitX.

E' evidente che l'occasione è ghiotta e le Società sopra citate hanno fiutato il business: solo per citare qualche numero, vi ricordiamo che oltre 30 milioni di africani vivono al di fuori del Paese d'origine ed inviano a familiari ed amici complessivamente 40 miliardi di dollari all'anno, per una media di circa 1200 dollari per migrante.

Il costo di queste transazioni è però piuttosto oneroso per chi invia e riceve denaro. Il volume d'affari generato dalle commissioni su questo tipo di operazioni ammonta a circa 1,4 miliardi di dollari all'anno. Società come Western Union e MoneyGram si spartiscono il 50% circa del mercato e richiedono una media del 12,3% di commissione per l'invio di somme modeste (attorno ai 200 dollari).

Timothy Stranex, CEO del servizio di cambo BitX, afferma che la valuta digitale può avere un impatto notevole sulle rimesse internazionali in termini di velocità, efficienza e costi. La maggior parte delle realtà che gestisce rimesse in BitCoin chiede infatti commissioni del 3% sulle transazioni, ben al di sotto di quanto richiesto dalle società che operano in maniera tradizionale.

I trasferimenti internazionali necessitano di vari giorni per essere processati usando i sistemi tradizionali. I pagamenti in BitCoin vengono invece eseguiti in pochi minuti. Questo offre la possibilità di effettuare pagamenti internazionali più velocemente. Le tradizionali compagnie che gestiscono le rimesse possono sfruttare inoltre questa tecnologia per irrobustire le operazioni di backend e risparmiare sui costi mantenendo meno liquidità

ha dichiarato Stranex.

Il problema principale, osserva Stranex, è quello dell'"ultimo miglio", ovvero la consegna del denaro al destinatario finale. Dal momento che spesso i destinatari delle rimesse non sono titolari di un conto bancario, il denaro viene corrisposto in contanti, che è costoso e inefficiente da gestire.

L'impiego di valute virtuali come il BitCoin permetterebbe al destinatario di aprire senza particolari problemi un wallet BitCoin sul proprio smartphone, anche in assenza di un conto bancario. Il problema dell'ultimo miglio potrebbe quindi essere risolto e gestito elettronicamente.

Rick Day, fondatore del servizio di cambio Igot, che ha registrato 200 mila transazioni in pochi mesi dal lancio, osserva come l'impiego dei BitCoin possa effettivamente offrire una soluzione interessante alle commissioni richieste dai servizi tradizionali:

L'operazione è peer-to-peer ed è quasi istantanea. Il ricevente può cambiare i BitCoin in valuta locale usando un servizio di cambio. Questo significa che il costo di inviare rimesse è minimo ed il contante è disponibile per il ricevente praticamente nello stesso giorno, nella maggior parte dei casi.

Ovviamente stiamo parlando del continente africano, dove solo il 3% della popolazione è titolare di una carta di credito, i bonifici bancari sono costosi come le rimesse e PayPal non è ancora diffuso. Il terreno fertile per le Società del settore, che potrebbero quindi fornire la degna soluzione al problema, soprattutto a fronte di una certa predisposizione del popolo africano verso forme alternative di trasferimento di denaro e di servizi di pagamento mobile come M-Pesa.

Stranex osserva:

Se le persone adottano i pagamenti elettronici hanno l'opportunità di compiere un balzo in avanti rispetto ai metodi di pagamento tradizionali e di andare direttamente verso tecnologie più economiche e semplici come i BitCoin, che si adattano bene al mondo mobile. Il successo dei pagamenti mobile in Kenya ha dimostrato che questo genere di soluzioni sono in grado di funzionare molto bene in Africa. I BitCoin sono inoltre utili in quei paesi instabili dove banche e valute locali sono inaffidabili.

Nikunj Handa, CEO di Beam, società ghanese che si occupa di gestire rimesse in BitCoin, sostiene che la rivoluzione del mercato delle rimesse da parte dei bitcoin dipenderà solamente dall'adozione, specie da parte dei commercianti, e dalla possibilità in futuro di essere usata direttamente senza necessità di cambio:

Se ciò dovesse accadere BitCoin sarà un modo eccellente perché le persone possano inviare soldi tra loro direttamente, senza intermediari, in modo veloce ed economico. In questo senso il BitCoin rivoluzionerà veramente le rimesse. I BitCoin non sono accettati come Visa o MasterCard, ma sono sempre più un modo interessante per i commercianti africani di accettare pagamenti da una base clienti globale.

Le preoccupazioni attorno alla sicurezza potrebbero rappresentare un ostacolo in questa visione, ma è opportuno osservare che il protocollo Bitcon è molto solido e sicuro. Del resto la maggior parte dei problemi di sicurezza che hanno afflitto servizi di cambio più o meno noti (il caso più famoso è stato il collasso di Mt.Gox) si sono verificati per condotte superficiali se non addirittura dolose da parte dei gestori del servizio. 

Fonte Andrea Bai (HW)
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mercoledì 15 aprile 2015

Progetto Fi: così Google diventa MVNO

A Gennaio vi avevamo parlato dell'intenzione di Google di diversificare il proprio business, approcciandosi al mondo della telefonia, seppur in modo un po' particolare.


Nonostante non approderà sul territorio nazionale, si suppone andrà a stimolare la competizione del settore telefonico d'oltreoceano. Google, come già anticipato mesi fa, diventerà presto un operatore telefonico virtuale (MVNO).

A confermarlo è stata la stessa società al Mobile World Congress che, durante l'evento Sundar Pichai (tenutosi a Barcellona), aveva palesato l'intenzione di offrire un servizio wireless a "corto raggio", ovvero sarebbe diventato un MVNO (mobile virtuale network operator).

Acquistando il diritto d'uso delle reti di un operatore telefonico vero e proprio, Google avrebbe cominciato presto ad offrire un proprio servizio per la connettività in mobilità. A tal proposito, però, giungono le indiscrezioni di Android Police.

Le novità sono state intraviste all'interno del codice di un'applicazione chiamata Tycho, presente su un firmware di Nexus 6, pubblicato probabilmente per errore su un sito chiamato MotoFirmware.center.

Il firmware faceva parte di una versione per tester e addetti ai lavori, ed è stato infatti subito rimosso successivamente alla pubblicazione del report di Android Police.

Tycho è l'applicazione per gestire il servizio e quest'ultimo dovrebbe essere chiamato proprio "Fi". Si tratta probabilmente di nomi in codice, anche se di "Fi" all'interno del firmware appare anche il possibile logo.

L'app consente di monitorare spese, utilizzo dei dati nel piano tariffario e di gestire determinati dettagli sul piano scelto. Attraverso il software si potrà anche cambiare il numero telefonico, o attivare e chiudere un determinato account.

Il concetto alla base di "Fi" è che il cliente paga quello che usa, all'interno comunque di un abbonamento "flat".

Una volta superato quanto concesso dal proprio piano tariffario, ad esempio, Google ci farà automaticamente pagare una tariffa prestabilita per ogni gigabyte extra utilizzato. Nell'account si potranno addebitare anche delle spese "Extra", probabilmente, specula la fonte, relative ad acquisti su Google Play Store o sui servizi proprietari di Big G.

Project Fi utilizzerà in America le reti di T-Mobile e Sprint, con una funzionalità di auto-switching che permetterà di scegliere la migliore sulla base della qualità in un dato momento del segnale offerto da entrambe le scelte.

Non poteva mancare la parte relativa ai banner pubblicitari: Google starebbe pianificando l'invio di pubblicità mirata all'utente del servizio partendo dalla cronologia delle chiamate, probabilmente per offrire tariffe più competitive rispetto agli stessi operatori che le offrono le reti.

Non sappiamo ancora quando Google diventerà un vero e proprio MVNO e quali saranno i prezzi che applicherà, tuttavia la novità potrebbe essere imminente, anche se per molto tempo esclusiva per gli utenti d'oltreoceano.

E' di oggi la notizia secondo la quale Big G è nell'occhio del ciclone, accusata dall'Antitrust UE di abuso di posizione dominante: il futuro sarà più roseo sotto questo punto di vista? Lascio a voi la risposta.  
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martedì 14 aprile 2015

Wedding Online: il matrimonio secondo Ikea (sdoganamento?!)

Pensavate che un evento solenne come il matrimonio venisse risparmiato dall'ondata di app e di gadget tecnologici che stanno invadendo la quotidianità?


Ebbene, la risposta è evidente: no! E' per questo che il colosso del fa multinazionale svedese Ikea, fiutando il business ha lanciato una nuova iniziativa.

Considerando che sempre più persone, per lavoro o per amore, migrano verso paesi, spesso lontani dalla propria casa d'infanzia; aggiungeteci ora la lista di zii, cugini, parenti e amici vari che non potete non invitare al vostro lieto evento, qual è il risultato? Tutto questo si traduce in stress, che metterebbe a dura prova persino il più brillante degli wedding planner.

Ma se nonostante lo "sparpagliamento della propria parentela" si potesse comunque stare insieme senza doverlo fare davvero? E' questa l'idea alla base del nuovo progetto Ikea.

State esultando perché non aspettavate altro? Ebbene il vostro romanticismo è morto da tempo pare, ma questo esula dal tema di oggi. 

Scegliete una destinazione lontana, come una fattoria, un bosco o una spiaggia romantica (non sarebbe da voi, vista la scelta di smembrare la famiglia, seguendo la filosofia Ikea), invitate tutti gli amici di Facebook (ah già, stiamo parlando del matrimonio hi-tek) e il matrimonio è servito.

Naturalmente, se volete che la cosa abbia un valore legale, vi serve qualcuno che abbia i poteri per unirvi in matrimonio e dei testimoni veri, questa volta, però, tutti nella medesima stanza.
Già che ci siete, ricordatevi di recarvi anche voi (gli sposi) sul "luogo del misfatto"!

Qual è il limite oltre il quale la tecnologia non si dovrebbe spingere?
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lunedì 13 aprile 2015

Batterie long-life by Google

Pochi giorni fa avevamo affrontato il tema della nuova tecnologia alla base delle batterie di alluminio.


Secondo voi, un management scaltro come quello di Google poteva lasciarsi scappare un'occasione così ghiotta? Pensando al futuro di Big G (automobili a guida autonoma, indossabili, smartphone e tablet) non ci viene difficile comprendere l'importanza di realizzare batterie integrate ad alta efficienza, sia sotto l'aspetto della capacità, sia sotto quello della velocità di ricarica. 

I laboratori Google X sono infatti al lavoro su questo. Capitanato dal Dr. Ramesh Bhardwaj, il progetto ha avuto inizio nel 2012, almeno stando al nuovo report del Wall Street Journal che ha introdotto la novità. Il team è composto attualmente da quattro dipendenti e opera all'interno dei misteriosi stabilimenti del reparto ricerche, del gigante di Mountain View, avendo l'obiettivo di migliorare le tecnologie agli ioni di litio diffuse ad oggi.

Google X, inoltre, sta cercando di ridurre i costi di produzione delle batterie a stato solido, in modo da integrarle proficuamente all'interno di prodotti di consumo. I vantaggi di soluzioni di questo tipo sono molti: le dimensioni, soprattutto, dal momento che la corrente elettrica attraversa materiali solidi e non liquidi; ma anche l'assenza di elettroliti liquidi infiammabili, che le rende naturalmente più sicure rispetto alle tecnologie ad oggi più diffuse.

La divisione X di Big G aveva già realizzato progetti come Google Glass e le lenti a contatto smart. È chiaro che il successo dei suddetti devices sarà favorito dall'implementazione di batterie performanti.

In aggiunta al team del Dr. Bhardwaj, Google collabora anche con società di terze parti con lo stesso obiettivo. Il Journal cita AllCell Technologies, al lavoro con Google, nello specifico, per portare avanti Project Loon ed altri tre progetti hardware non meglio specificati. In questo caso, Google non ha bisogno solo di maggiore efficienza, ma anche di una resistenza superiore alle temperature più estreme.

Per gestire il freddo delle elevate altitudini in cui si trovano i palloni aerostatici, al momento vengono utilizzati degli alimentatori agli ioni di litio rivestiti di cera e grafite. La società starebbe tuttavia sviluppando nuove unità d'alimentazione trattate con materiali studiati appositamente per resistere meglio al freddo. Con l'avvento di nuovi dispositivi sempre più piccoli e di nuove categorie di prodotto alimentate a batteria, Google è solo uno dei tanti nomi che sono scesi nel campo dello sviluppo nel settore.

Tesla, ad esempio, sta pianificando l'apertura di uno stabilimento per la progettazione e produzione di batterie per i propri veicoli elettrici, mentre anche Apple sembrerebbe voler entrare in prima persona nel campo con una divisione specifica.
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sabato 11 aprile 2015

MacBook Pro Retina 13": problemi di batteria e di GUI

Pochi mesi fa Apple annunciava l'upgrade della line-up MacBook Pro Retina da 13", con l'introduzione di un nuovo trackpad force e l'aggiornamento della CPU. 


Qualche settimana dopo l'annuncio, però, emergono delle problematiche legate al fastidioso problema alla GUI, e non solo.

In alcuni casi, il nuovo e potente MacBook Pro Retina tende a esibire fastidiosi ritardi nel rendering dell'Interfaccia Grafica di OS X Yosemite, inoltre, presenta delle lacune dal punto di vista della longevità della batteria. poco.

Troubles:

  • Il numero di casi rilevati è limitato ma continua a crescere.
  • Su diversi forum del Web, si sono aperti thread sull'argomento e la situazione sembra oramai richiedere l'intervento di Cupertino.
  • In queste ore molti utenti stanno sperimentando un certo ritardo e una marcata "scattosità" dell'Interfaccia Grafica di Yosemite sotto scheda grafica Intel Iris 6100, ovvero quella montata di default sull'ultima generazione di MacBook Pro Retina 13".
  • Molti registrano una scarsa autonomia, che non supera le 5 o 6 ore al giorno, segno che le risorse vengono sciupate a causa di bug o chissà che altro.

Solutions:

Alcuni utenti hanno risolto con il reset della PRAM, mentre altri hanno dovuto semplicemente attendere che il Mac, dopo il primo avvio, portasse a termine l'indicizzazione di Spotlight. Altri ancora hanno limitato un po' i fastidi, riducendo le trasparenze e aumentando il contrasto dell'interfaccia.

Si tratta in ogni caso di palliativi, e non di soluzioni ottimali o definitive. Ovviamente, sarebbe auspicabile reinstallare da zero OS X, evitando di importare i backup potenzialmente corrotti (o per lo meno, testate il Mac "vergine" con un account di prova prima di importare tutto) e verificate se il problema si manifesta anche così.

In attesa dell'intervento Apple, ci chiediamo: dove è finita la cura per i dettagli della Mela?
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venerdì 10 aprile 2015

Google pensa all'acquisizione di Facebook

L'indiscrezione di oggi giunge dall'Inghilterra: secondo quanto riportato dal Telegraph, Google avrebbe fatto un'offerta per l'acquisto di Twitter.


La notizia è verosimile, soprattutto alla luce del fatto che, Google+ sta registrando una deludente crescita del numero di utenti, e che il bacino di utenza di Facebook (228 milioni di utenti attivi al mese) è assolutamente irraggiungibile.

L'acquisto della piattaforma di microblobbing potrebbe essere l'ingresso a gamba tesa di Mountain View proprio in un settore in cui non è riuscita a sfondare.

La cifra proposta da Google si aggirerebbe attorno agli 1,5 miliardi di dollari (oltre il valore di mercato di Twitter).

Ma non si esaurisce qui l'indiscrezione, infatti, Big G non è l'unica interessata al Social Network di Zuckerberg; anche un'altra Società avrebbe contattato Dick Costolo (CEO Twitter) per il medesimo scopo (se vi state chiedendo a quanto ammonti il valore attuale di Twitter, la risposta è: circa 34 miliardi di dollari).

E' evidente che Google non abbia problemi di liquidità e questo è confermato da Telegraph: Big G può contare su un disponibilità pari a 60 miliardi di dollari.

L'asta è aperta?
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