giovedì 10 ottobre 2013

Ma internet è davvero libero?

Internet è la casa di miliardi di persone: tutte si sentono in diritto di dire la loro e sono in alcuni casi, quando la propria libertà, oltrepassa la soglia dell'illecito.


Non sempre, però, internet si mette da parte e lascia che le cose accadano, senza che i suoi "abitanti" vengano in alcun modo lambiti.

Per schematizzare la situazione, FreedomHouse ha realizzato dei grafici che dividono il globo in un reticolo, diviso per aree geografiche.


Il nuovo rapporto Freedom on the Net 2013 mostra la censura applicata alle reti telematiche in sessanta paesi del mondo diversi catalogati in base a tre categorie differenti: libero, parzialmente libero e non libero. 

Nonostante il caso riguardante l'NSA, l'America resta ancora saldamente nelle prime posizioni come paese del tutto libero, assieme all'Italia (solo leggermente dietro), Germania e Regno Unito. Sono solamente 17, fra i 60 paesi considerati, quelli a poter vantare una totale libertà per quanto riguarda i servizi online.

Nel rapporto finale degli studi analitici del 2013, FreedomHouse riporta gli aspetti salienti. In quasi la metà dei paesi considerati le autorità hanno bloccato alcuni contenuti di tipo politico e sociale nell'ultimo anno, fra cui Cina, Iran e Arabia Saudita in proporzioni maggiori rispetto al resto. In 28 paesi invece è avvenuto almeno un arresto per la pubblicazione di contenuti online illeciti, fra cui molti utenti rei di aver pubblicato contenuti considerati non appropriati sui social network.


In cinque paesi, fra quelli considerati nello studio, ci sono state fatalità in seguito a torture o attacchi fisici dovuti alla pubblicazione di contenuti considerati non appropriati che spesso esponevano al pubblico abusi dei diritti umani. Decine di giornalisti sono stati uccisi in Siria e molti altri anche in Messico. In Egitto amministratori di gruppi di Facebook sono stati rapiti e torturati, così come giornalisti sono stati presi di mira durante le proteste dalle forze di sicurezza.

Un terzo dei sessanta paesi invece blocca permanentemente o temporaneamente YouTube, Twitter, Facebook o altre applicazioni di stampo sociale. In questi paesi viene considerata anche l'abolizione di servizi di comunicazione come Skype, Viber e WhatsApp, tuttavia si tratta di controlli più difficili da monitorare, anche per le ripercussioni di stampo economico sugli operatori telefonici.


Il report di FreedomHouse mostra realtà di internet decisamente contrapposte fra di loro, ma che evidenziano tutte le incredibili potenzialità dal punto di vista informativo e culturale del mezzo. Un fenomeno che i regimi più autoritari cercano in qualche modo di boicottare, inasprendo nell'ultimo anno i controlli di sorveglianza online.

Il Bel Paese occupa una buona posizione dal punto di vista della censura online, alla stregua di tutti i più grandi paesi europei. Con un punteggio di 23, in cui a un numero inferiore corrisponde maggiore libertà, si pone leggermente dopo Stati Uniti, Germania e Francia, ma prima del Regno Unito.

Il rapporto completo può essere trovato in formato PDF in questo indirizzo. Ora che mi dite? Vi sentite liberi di percorrere la tela o avete paura che il ragno vi catturi e vi imprigioni, togliendovi la vostra libertà?

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